Recensione – Ottavo film del regista O.Russell e terzo con tre dei suoi attori preferiti: Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Bradley Cooper. La vera storia in chiave similmente fiabesca di Joy Mangano che da cenerentola del ventesimo secolo si trasforma in imprenditrice di successo grazie alla sua idea e alla sua determinazione. Un film che si salva solo grazie al talento della Lawrence.

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Joy è una Cenerentola moderna: sogna un principe, ha una sorellastra che non perde occasione per denigrarla, e passa gran parte della giornata con le ginocchia a terra, a passare lo straccio sul pavimento. Sarà proprio il brevetto di un mocio a portarla dalle stalle alle stelle, ma la strada sarà tutta in salita, costellata di tradimenti, delusioni e umiliazioni, un po’ come nelle soap opera che la madre, malata immaginaria, guarda giorno e notte, confondendo il sonno di Joy e annullando il confine tra fantasia e realtà.

Non è raro che un regista abbia un cast di attori prediletti pronti ad essere ingaggiati per una serie di  film. C’è chi ha la sua musa ispiratrice, chi attrici o attori feticcio e chi le chiama semplicemente collaborazioni artistiche. Per il regista O.Russell, tre volte candidato come miglior regista agli Oscar, il trio di attori Lawrence, De Niro, Cooper è un trio che viene ingaggiato per la terza volta nei suoi film.

Jennifer Lawrence interpreta con grande convinzione e buona riuscita Joy Mangano, una delle tante incarnazioni del sogno americano. Vicina al lastrico fin dalle prime immagini, tanto che la madre trova conforto nella continua visione di soap opera con personaggi ricchi o benestanti, Joy sembra vivere una fiaba moderna. Indaffarata nell’attività pratica di madre di due bambini, impiegata allo sportello con i clienti in aeroporto, moglie divorziata, figlia tuttofare in casa e contabile per l’azienda del padre, Joy non ha un attimo di pace, non ha un attimo di respiro e corre da un impegno all’altro.

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Il parallelo con la cenerentola disneyana è presto fatto soprattutto se poi c’è la spinta a cambiare, a trasformarsi da semplice donna di casa a grande imprenditrice con l’idea geniale. Un’idea che è frutto della fantasia e della creatività già presente fin dall’infanzia e riscoperta sotto quella coltre di quotidianità che, spesso fa scorrere le giornate in modo veloce.

Durante la visione del film ci si accorge che la commedia non vira soltanto a qualche momento drammatico ma fa emergere una connotazione prettamente femminista. Son le donne, e Joy in particolare a prendere la scena con le loro decisioni, le loro finanze, i loro consigli, la loro caparbietà e persino lo scetticismo di qualcuna. Gli uomini stanno sullo sfondo, De Niro compreso che ha solo un modo per tentare di farsi rispettare: il disturbo di cui però era affetto psicologicamente il personaggio di Bradley Cooper in “Il lato positivo”. Quando non sono sullo sfondo i personaggi maschili incarnano il lato negativo della vicenda. Questa è una chiave di lettura del film di O. Russell che però risulta uno dei pochi spunti interessanti di una vicenda abbastanza piatta retta soltanto dalla performance di una splendida Jennifer Lawrence molto brava e calata nella parte.

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O. Russell dirige una storia interessante e che aveva tutte le carte in regola per poter essere una buona commedia. Fallisce però a causa di una costruzione della vicenda abbastanza confusa e altalenante. Un montaggio poco lucido in parecchie fasi e qualche scelta simbolica lasciata cadere nel vuoto completano un quadro non perfettamente riuscito. Il taglio di capelli, per esempio, fortemente simbolico e che segna una rottura rispetto al modo di affrontare le cose fino a quel momento e ancor più importante e traumatico in una donna è poco sfruttato e non è certamente di immediata comprensione. Se poi il montaggio ci mette del suo fagocitando la scena affogandola in una debole scena di confronto a due allora la frittata è fatta e servita.

“Joy” è caricato tutto sulle spalle di Jennifer Lawrence, che per questa sua interpretazione ha vinto il Golden Globe come miglior attrice protagonista in una commedia nel 2016. L’attrice aggiunge questo Golden Globe ai due già vinti e raccoglie la sua quarta nominations agli Oscar dopo averne vinto uno per “Il lato positivo”. O.Russell conosce bene il talento della Lawrence e il suo magnetismo che ammalia lo spettatore e forse la segue e la asseconda troppo in tutte le scene del film. Alla fine “Joy” è più una Lawrence che interpreta una Joy piuttosto che la storia di Joy Mangano.

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Un film che si lascia vedere, ma che soffre terribilmente di una regia troppo legata ad uno schema già collaudato e vincente, che purtroppo questa volta risulta vincente solo per la parte relativa a Jennifer Lawrence. Il resto del film si confonde, la vicenda lineare benché straordinaria é narrata con voce fuori campo dall’improbabile punto di vista della nonna della protagonista e non sempre è azzeccata.

Voto: 5,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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