Onora il padre e la madre, Lunedì 31 agosto, Iris, ore 21.15. – Film poco visto ma uno dei migliori dell’ultimo decennio realizzati negli USA, che vede come co-protagonista il compianto Philip Seymour Hoffmann in uno dei suoi ruoli più sgradevoli, e dietro la macchina da presa il grande Sidney Lumet, anch’egli scomparso da poco ma attivo e sempre lucido sul set fino a questo suo, imperdibile ultimo film.

ONORA IL PADRE E LA MADRE

(Before the Devil Knows You’re Dead, 2007, USA)

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Genere: Drammatico

Regia: Sidney Lumet

Con: Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke, Albert Finney, Marisa Tomei, Rosemary Harris, Michael Shannon

Durata: 123 min.

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TRAMA
Due fratelli, Andy e Hank, vivono serie difficoltà economiche. Il maggiore, Andy, escogita un piano: svaligiare la gioielleria dei loro genitori durante il turno di una anziana e indifesa signora. Ma quella che doveva essere una semplice operazione senza pistole né violenza va storta nel momento in cui Bobby, il ladruncolo ingaggiato per dare una mano nella rapina, cambia le carte in tavola…

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RECENSIONE:

Cinema come una bomba ad orologeria. Ad innescarla è Sidney Lumet e lo fa con la precisione chirurgica di un orologiaio e la maestria di un abile marionettista. Illude, preannuncia, smentisce, incastra, destruttura: il cinema di Lumet è un cinema che controlla e detta legge. L’autodistruzione familiare avviene per un’ossimorico accumulo per scomposizione: prima illude e suggerisce subdolamente una composizione ad anello, poi presenta il fatto nudo e crudo quindi, come un chirurgo lo seziona, lo smonta, lo destruttura, lo amministra e lo rimonta a suo piacimento. I personaggi sono in balìa del linguaggio cinematografico: vedono la loro realtà andare in pezzi e subito dopo ricostruita; sono costretti a rivivere situazioni, momenti come in un rewind impazzito e a non capirne altre, privilegio esclusivo dello spettatore (il citofono in frantumi, ad esempio). Questo scomporre impazzito (ma assolutamente razionale da fuori: si procede per blocchi di giorni e personaggi), questo togliere e mettere sono il detonatore linguistico dell’autodistruzione di una normale famiglia. Un accumulo per scomposizione: è la frustrazione di un continuo eterno dell’uguale smorzato che non si decide a partire veramente e quella dell’imprevedibilità della fine della loro storia. Non c’è luce alla fine del tunnel: ma solo uno shakespeariano vortice di morte. Il meccanismo ad orologeria si sfalda, l’illusione della ringkomposition svanisce: le schegge di vetro sono infine ricomposte, tutte rivolte verso l’epicentro del colpo che l’ha mandato in frantumi. Ma mandante ed esecutore hanno lo stesso volto: il cinema che manda in frantumi, raccoglie, ricompone, ci ripensa e torna indietro, elimina, sposta le pedine sulla scacchiera. Il risultato è uno Shakespeare scomposto e riorganizzato alla maniera kubrickiana di Rapina a mano armata: una decostruzione tragica e senza via d’uscita. È l’inferno, baby: e Lumet ti ci trascina dentro fino al collo. Menzogna, morte, sospetto, invidia, lussuria, avidità, tradimento: il cinema demiurgo e creatore di Lumet svela inesorabile gli angoli più reconditi del uomo e li porta alla luce. Una luce che acceca e brucia, ma da cui non si può fuggire se il cinema non vuole, se non dissolve.
Possa tu stare 30 minuti in paradiso, prima che il diavolo sappia che tu sia morto, recitava la doppia epigrafe (storpiata senza motivo dalla “traduzione” italiana) a inizio film, dopo la prima scena. Aggiungiamo noi: E prima che il cinema decida che tu sia morto.
Bentornato Sidney, bentornato davvero. (Recensione di Lorenzo Conte alias “Piccettino”, pubblicata sul forum di Cinematik nel 2008)

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