La recensione dell’ultimo capitolo de “Lo Hobbit” è la giusta opportunità per conoscere Sara e Mattia, due probabile e futuri nostri collaboratori che, in questa prima occasione daranno voce alle loro impressioni sul film visto “dai posti accanto” al redattore della recensione apparsa nell’articolo precedente. In definitiva un nuovo punto di vista.

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Sappiamo che molti fan non hanno amato il fatto di voler “allungare il brodo” e portare al cinema l’avventura di Bilbo in tre puntate. C’è chi grida alla strategia di marketing: probabilmente è vero; noi possiamo solo dirvi che è necessario considerare che in quest’ultimo film, Peter Jackson si è allontanato parecchio dal romanzo originale, tanto che la stessa battaglia delle cinque armate, alla quale Tolkien aveva dedicato si e no cinque pagine, è la protagonista indiscussa della pellicola. Questo non è Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien, è quello di Peter Jackson, quindi fare troppi paragoni tra libro e trilogia potrebbe comprometterne il giudizio.

Ma andiamo con ordine: il viaggio della bizzarra compagnia di Thorin Scudodiquercia è giunto al termine, il drago Smaug cacciato dalla Montagna Solitaria sta per scatenare la sua furia su Ponte Lagolungo. È così che avevamo lasciato le sale nel dicembre 2013, ed è così che ci rientriamo quest’anno, carichi di aspettative e un po’ malinconici perché consapevoli del fatto che questo sarà un addio. In realtà la chiusura della trilogia de Lo Hobbit non è che un arrivederci, un pretesto bello e buono, per tornare a casa dal cinema e riguardarsi l’altra trilogia: quella de Il Signore degli Anelli.

lo-hobbit-la-battaglia-delle-cinque-armate_Cinema_6234_tnLa trama si sviluppa piuttosto velocemente, oseremmo dire in maniera sbrigativa, per lasciare spazio alla battaglia (ben 90 minuti ininterrotti). Questo potrebbe essere anche un lato positivo data l’assenza di punti morti, ma la differenza tra la dinamicità sul piano visivo e la staticità narrativa (forse dovuta ai tagli di scene cui Jackson è solito ricorrere per non sforare dal tempo massimo) è un po’ troppo palpabile. Si prenda ad esempio il triangolo amoroso tra Kili, Tauriel e Legolas che, se proprio doveva essere inserito, poteva essere sviluppato meglio.

Abbiamo apprezzato il brusco cambiamento di Thorin, che manifesta una specie di bipolarismo reso nei dialoghi attraverso continue citazioni e somiglianze che riportano a Smaug: la cosiddetta malattia del drago ci fa inevitabilmente pensare a Gollum.

Fin dal primo film della saga, abbiamo amato Martin Freeman: secondo noi è il Bilbo perfetto. Troppo facile però, notarlo nei primi due capitoli, che vedono il signor Baggins assoluto protagonista. Diversa è la situazione ne La battaglia delle cinque armate, dove il suo ruolo secondario non impedisce all’attore di continuare ad esserlo.

Hobbit3-8Come abbiamo già detto la vera protagonista di questo film è la battaglia delle cinque armate. Con magistrale e ben nota padronanza della macchina da presa, che ci aveva già stregati nella prima trilogia, Jackson lascia la vera e propria guerra ai piedi della Montagna Solitaria e riesce a mantenere sempre alto il livello di adrenalina senza mai annoiare, concentrandosi sulla spettacolarità dei duelli singoli (uno su tutti quello tra Thorin e Azog il profanatore) che giocano su acrobazie, colpi di scena e ambientazioni mozzafiato: manna dal cielo per gli appassionati di videogiochi d’azione.

Nonostante la staticità degli eventi, non mancano le riprese di sbalorditivi panorami, ogni volta che si presenta l’occasione. Sicuramente l’assenza del tema del viaggio rende queste situazioni più sporadiche del solito.
La colonna sonora non si distingue, non presenta novità, ed é una continuazione dei soliti temi, che rimangono comunque apprezzatissimi.

Prima di concludere non possiamo non menzionare ed elogiare la tecnica dell’ HFR 3D con cui il regista ha deciso di girare l’intera trilogia. Finalmente la tecnologia 3D ha un senso e non affatica gli occhi, neanche dopo quasi tre ore di film. Non siamo grandi fan degli occhialoni, ma stavolta ne vale davvero la pena.

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Quindi? Il film ci è piaciuto? Lo consigliamo? Si, decisamente. Lo scopo della trilogia era quello di gettare le basi storiche e spianare la strada, per condurci direttamente nelle vicende narrate ne Il Signore degli Anelli, scopo, a nostro avviso, pienamente conquistato.

S&M

2 pensiero su “Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate (2014)”
  1. Per prima cosa un saluto ai nuovi arrivati Sara e Mattia, per quanto riguarda il loro articolo, premesso che devo ancora vedere questo terzo capitolo e che quindi rispondo sulla base di una visione dei solo due capitoli precedenti, potrei anche essere d’accordo sui vari passaggi dove si puntualizza che il giudizio positivo deriva dal fatto che Jackson non voleva fare la trasposizione del libro ma creare un prologo alla trilogia de ISDA. OK allora, prendiamo quello di buono che troviamo (poco nel primo e il drago nel secondo) e godiamoci con gli occhi, tappandoci naso e orecchie, anche questa nuova trilogia, però mettiamo il titolo giusto, “Lo Hobbit di Peter Jackson”.

    1. Al di là del fatto che il titolo è solo per avere i dati di IMDB quindi sulle recensioni non si può “aggiustare” il titolo in modo più giornalistico, son d’accordo con te. Però c’è da dire che in realtà nessun capitolo de Lo Hobbit ha titolo “la battaglia delle cinque armate” quindi questo può essere un po’ considerato come un titolo alla Jackson

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