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Prodotto da: Chimera Films

Regia: Mike Cahill

Cast: James D’arcy, Mads Mikkelsen, Ben Forster, Scott Speedman, Hugo Weaving, Embeth Davidtz, Oscar Isaac, Philiph Seymour Hoffman, Anne Dudek

Quando questo film ha vinto l’Award a Miglior Film, Andrew ha fatto notare il paradosso della vittoria di un film piccolo, difficile, “old style” su invece giganti come “Totò”, che tutti – più o meno – davano come favorito. Un film senza sito e senza musica, breve e semplice, eppure profondissimo, in controtendenza con le precedenti vittorie di kolossal (o comunque film molto lunghi e dettagliati) come “Millennium” e “L’ultimo sguardo” (entrambi di Clint, sia detto con tutto il rispetto possibile). La sua vittoria è la rivelazione più piena (forse) di una volontà dei cinematikini di tornare alle origini, di ricominciare a divertirsi, a fare quello che piace anche al di là (non contro) la gara e il proprio orto.

E’ un ritorno, questo di Andrew, alla fantascienza, suo primo e grande amore, in cui ci ha già dato perle di bellezza come 3000 e L’ultima domanda, e che tempo fa mi spinsero a nominarlo “Kubrick di CK”. Un genere che il produttore conosce e ama, e da cui sa trarre le note migliori, come un musicista che torna a violare il suo violino preferito. Anche stavolta, il produttore non si smentisce: non giunge alle altezze di altre volte, ma comunque regala un prodotto capace ancora una volta di appagare gli occhi e la mente.

Io non trovo affatto che la brevità di questo film sia un difetto, anzi: con i temi affrontati, senza una trama forte e coinvolgente, farlo durare più di un’ora e mezza poteva farlo diventare di una pesantezza mortale. Breve così, invece, il film è in grado di andare dritto al punto, di colpire lo spettatore allo stomaco facendolo riflettere sulla vera domanda fondamentale. Se l’evoluzione ci portasse a dover rinunciare alla nostra umanità, lo faremmo? Una domanda paradossale che porta alla luce, come tutte le migliori domande, le ambiguità del comportamento umano verso la nostra razza, fino alla conclusione apocalittica che già conosciamo da 3000. Brevi flash che illuminano con rapidità le ambiguità e l’istinto di morte della nostra razza, nonché la nostra bramosia di rinunciare alla nostra fragilità corporea pur di essere felici (o presunti tali).

Il voto che darò non va oltre l’8 perché un film simile attira gli occhi e la mente, ma non il cuore. Non mi ha mai smosso, questo film, la parte irrazionale, viscerale, quella che ci fa innamorare di una pellicola. Non è però colpa di Andrew, è che proprio il materiale non si prestava ad agire in questo modo, mentre io, per dare 9 o 10, ho bisogno di innamorarmi almeno un po’ di quello che sto leggendo.

Cast azzeccato, e capisco la commozione nel rivedere Philip Seymour Hoffman. Non ho visto Another Earth, ma trovo azzeccata la scelta del regista. (Recensione di Francis Delane)

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