Schermo nero.

Compare il logo della Hermes Production su sfondo bianco.

 

 

 

 

Dissolvenza in apertura.

 

INT, UNIVERSITA’ – GIORNO

La mdp riprende una grande aula universitaria con le numerose file di banchetti disposte a semicerchio.

Una professoressa tiene la sua lezione disegnando grafici e curve sulla lavagna. Dagli studenti proviene un continuo brusio di sottofondo. Quelli alle prime file seguono attentamente la lezione; quelli nelle ultime invece, parlano tra di loro.

La mdp stringe su due ragazzi, seduti uno accanto all’altro.

Il primo, un ragazzo di bell’aspetto e dallo sguardo deciso, segue attentamente la lezione e prende appunti meticolosamente su un piccolo quaderno.

 

 

Il secondo, dall’aria smarrita e svogliata, se ne sta braccia conserte, a fissare un punto nel vuoto, con la testa fra le nuvole.

 

 

PROFESSORESSA

L’economia si sviluppa nel rapporto tra domanda e offerta. Il vostro compito, una volta fuori, sarà quello di creare offerte diversificate, prodotti che la gente ancora non conosce, che non sa di desiderare.

 

Il ragazzo sveglio che prende appunti si blocca di colpo e sembra riflettere sulla frase appena pronunciata dalla professoressa. Alza la mano.

 

RAGAZZO SVEGLIO

Quindi lei ci sta dicendo che per farci strada nel mondo del lavoro dovremmo metterci a fregare gli altri?

 

La professoressa sembra non averlo ascoltato. Continua la sua lezione senza battere ciglio.

Il ragazzo si alza in piedi e ripete la domanda a voce alta e con un tono alterato.

Il ragazzo timido al suo fianco gli lancia un’occhiataccia.

 

RAGAZZO TIMIDO

Alberto ma che caz…

 

La professoressa questa volta si gira verso Alberto, fortemente indispettita.

 

PROFESSORESSA

Non le hanno insegnato l’educazione?

 

Gli sguardi di tutti gli studenti sono puntati su Alberto. Il ragazzo timido scivola sulla sedia nel tentativo di nascondersi.

 

ALBERTO

(con voce calma e salda)

Ho fatto una domanda, vorrei una risposta.

 

PROFESSORESSA

Vi sto insegnando come va il mondo.  Siete liberi di farvi una cultura o di andarvene a spasso. Nessuno vi tiene qua per forza.

 

Alberto, seccato, rimette penna e quaderno nello zaino.

 

ALBERTO

(raccogliendo il giubbetto, a bassa voce)

Bastardi capitalisti profittatori.

(lanciando un’occhiata al ragazzo timido)

Stefano, vieni.

 

Alberto scende la gradinata, tenendo lo sguardo puntato sulla professoressa, quasi con aria di sfida. Infila la porta ed esce. Stefano lo segue, con un’andatura insicura e intimorita dagli sguardi della classe.

Stacco.

 

Alberto e Stefano camminano a passo svelto lungo il corridoio dell’università.

Stefano fatica quasi a stargli dietro.

 

STEFANO

Certo che quell’uscita te la potevi risparmiare. Siamo all’ultimo anno. Porta un po’ di pazienza.

 

ALBERTO

(come se non avesse sentito nulla)

Ricordati che domani sera siamo a una festa.

Se non ci fossi io, te ne staresti tutto il giorno chiuso in casa.

 

Stefano gli sale sulla schiena e gli spettina i capelli.

 

STEFANO

Sei proprio una testina di cazzo!

 

Alberto si ribella e gli rifila una gomitata.

 

ALBERTO

Maledetto bastardo ingrato!

 

I due ridono complici. Si scambiano qualche bonario scappellotto e escono dalla porta principale.

 

 

INT, LIBRERIA – GIORNO

Sentiamo una musica.

 

 

LONTANO DA OGNI COSA

 

con

Flavio Parenti

Lorenzo Balducci

Carolina Crescentini

Isabella Ragonese

Paolo Graziosi

Andrea Renzi

Ana Caterina Morariu

Raffaella Lebboroni

Gigio Alberti

Alberto Gimignani

 

 

 

 

regia di

Luca Guadagnino

 

 

 

Alberto e Stefano sono in una libreria colma di scaffali vecchi e polverosi. Rovistano tra i libri, finchè Alberto lancia un urlo di esultanza.

 

ALBERTO

(entusiasta come un bambino)

Incredibile, incredibile! Non si trovava più da anni!!

 

Stefano lo guarda con aria interrogativa. Alberto gli pianta davanti agli occhi la copertina del libro.

 

ALBERTO

Il libro fotografico della ControlFrontiere sull ’77 a Bologna.

 

STEFANO

Uh…

 

I due si avvicinano alla cassa, dietro alla quale se ne sta una giovane commessa che legge un libro pocket, probabilmente un best-seller.

 

ALBERTO

(posando il suo libro sul bancone)

Decisamente una chicca.

 

COMMESSA

Ah-ah.

 

ALBERTO

Non come quei thrilleroni scala classifiche idioti e già visti.

 

La commessa dà un’occhiata al suo libro pocket, lievemente imbarazzata. Pensa a qualcosa da dire, ma poi rimane zitta e consegna velocemente lo scontrino.

Alberto e Stefano escono, mentre la commessa riprende in mano il suo libro pocket guardandolo quasi con sdegno.

La musica sfuma.

 

 

EST, STRADA – GIORNO

Alberto e  Stefano camminano lungo un marciapiede, con i loro zaini in spalla. La strada è trafficata e rumorosa.

 

ALBERTO

(camminando a passo svelto)

Mi domando perché tra tutte le cavolo di ricerche del cavolo non si mettono a studiare dei calzini che trattengono il sudore e non mandino puzza di rognone.

 

STEFANO

(sorridendo)

Già. Dovrebbero creare dei centri di sperimentazione assorbimento del sudore. Potrebbero ingaggiare tutti gli ex-atleti e le persone un po’ grasse. Farle correre per un bel po’ di tempo e testare la tenuta del calzini.

 

ALBERTO

E tutti quegli scassa cazzi di addetti comunali che mettono timbri e si lamentano perché lavorano troppo.

 

STEFANO

E i politici mangia-soldi spara-cazzate e i cavalieri delle banane ex-imprenditori lancia-miraggi.

 

ALBERTO

E quella massa di gente che viene all’università stracarica di pensieri e convinzioni su tutto e tutti e si troverà tra qualche anno con un lavoro medio del cavolo e una famiglia media del cavolo e dei figli medi del cavolo.

 

STEFANO

… e noi.

 

Alberto rallenta il passo, come se stesse per dire qualcosa, ma poi sembra ripensarci e riprende la sua maratona con Stefano che lo segue a ruota.

 

 

INT, APPARTAMENTO – SERA

Sentiamo una musica.

Alberto e Stefano entrano in un appartamento pieno di ragazzi e ragazze che ballano, chiacchierano, bevono e si divertono. Le stanze sono arredate con gran gusto, ma ogni mobile e tavolino è sommerso di bottiglie  e bicchieri usati.

La musica che proviene dalle casse è distorta dall’eccessivo volume.

Una ragazza in jeans attillati e canottiera con brillantini, va incontro ai due.

 

RAGAZZA

Alberto, sei venuto! Entrate avanti.

 

ALBERTO

(rifilando una pacca sulla spalla del suo amico)

Lui è Stefano.

 

SIMONA

(con un gran sorriso)

Io sono Simona.

(facendo strada ai due)

Per di qua, per di qua.

 

I due amici si fanno strada tra i corpi sudati e alticci degli altri ragazzi.

Stefano segue Alberto, finchè non trovano un po’ si spazio vitale e si fermano.

Alberto si guarda intorno eccitato e fremente. Stefano sembra molto meno entusiasta e vagamente infastidito dalla confusione.

Simona si avvicina a lui.

 

SIMONA

(alzando la voce per via della musica)

L’appartamento l’hanno preso i miei quando ho cominciato l’università.

 

Stefano le sorride, fingendo interesse.

 

SIMONA

Devi dire ad Alberto che porti fuori più spesso i suoi amici.

 

Simona gli lancia un’occhiata vagamente maliziosa, Stefano rimane spiazzato.

Alberto si infila tra i due e appioppa all’amico un drink.

 

ALBERTO

(con un sorriso da ebete)

Poca coca e molta havana.

 

Stefano guarda per un secondo il bicchiere, poi si decide e ingurgita tutto il contenuto in un solo sorso.

Alberto torna nel mucchio di persone che ballano e si avvicina a una ragazza bionda, di bell’aspetto che balla al centro della stanza.

 

 

Si avvicina a lei con grande naturalezza, inizia a ballare sfiorandole i fianchi.

La biondina sorride imbarazzata ma attratta.

La mdp torna su Stefano che guarda la scena da lontano.

 

SIMONA

(riferendosi ad Alberto)

E’ tremendo! Sarebbe capace di far cadere tutte le donne che sono in questa stanza ai suoi piedi!

 

Stefano abbozza un lieve sorriso. Fa per bere ma il bicchiere è vuoto. Si volta verso il tavolo delle bevande e corre a farsi un altro drink.

Stacco.

 

La musica si alza di volume.

Sentiamo a malapena le voci dei ragazzi. Le immagini si fanno mosse e sfocate. I colori accesi e la musica sempre più assordante.

Stefano è visibilmente alticcio. Si è fatto molto più spigliato e tiene goffamente il ritmo della musica. Lancia qualche occhiata ad Alberto, che bacia appassionatamente la biondina in un angolo della stanza.

Sopraggiunge Simona.

 

SIMONA

(prendendo Stefano per un braccio)

Vieni ti presento i miei amici.

 

Stefano risponde con un sorriso esagerato.

Stacco.

 

Stefano tracanna il terzo coca havana.

Stacco.

 

Simona presenta Stefano ai suoi amici: sono tutti seduti e sbracati sul divano, bevono e hanno lo sguardo vagamente assente.

 

SIMONA

(urlando)

Lui è il compagno di appartamento di Alberto Lari.

 

Stefano sorride.

Stacco.

 

Stefano tracanna il quarto coca havana.

Stacco.

 

La musica è sempre più assordante.

Simona fuma uno spinello e lo passa a Stefano.

Stacco.

 

Stefano tracanna il quinto coca havana.

Stacco.

 

Simona bacia Stefano.

La musica sfuma.

Stacco.

 

Le immagini tornano normali.

Stefano si sveglia. E’ mattina. La casa è silenziosa.

Si rigira su un letto che non riconosce. E’ in mutande. Si guarda intorno massaggiandosi le tempie, trova i suoi vestiti e se li infila.

Barcollando raggiunge la cucina. L’appartamento è completamente sotto sopra: bicchieri e bottiglie vuote dappertutto.

Simona sta preparando il caffè; si volta verso Stefano.

Lui non sa cosa dire, deve ancora riprendersi del tutto.

 

STEFANO

Be-bella festa, eh?

(raccoglie la sua giacca da una poltrona)

Ora me ne vado. Grazie di tutto.

 

SIMONA

(continuando a preparare il caffè)

Non ti sto mica cacciando, eh.

 

STEFANO

(va verso la porta)

E grazie ancora.

 

Stefano esce.

 

 

INT, APPARTAMENTO – MATTINA

Stefano infila le chiavi ed entra nel suo appartamento.

L’arredamento è semplice e spoglio, ma ci sono poster sparsi ovunque, riviste sui tavoli, pile di cd negli angoli e libri ammucchiati ovunque.

Stefano entra trafelato e cerca di non fare rumore.

 

ALBERTO

Buongiorno Stefano!

 

Stefano salta sul posto, colto di sorpresa. La mdp inquadra solo ora Alberto e la biondina della festa, che se ne stanno seduti sul divano, in biancheria intima a giocare con una console.

 

BIONDINA

(pigiando ossessivamente i tasti del joystick)

Ciao.

 

Stefano fa una leggera smorfia e si chiude in camera da letto.

 

 

INT, APPARTAMENTO – POMERIGGIO

Suonano alla porta. Stefano esce dalla sua camera, spettinato e con una tuta sgualcita addosso. Apre la porta. Dall’altra parte c’è la biondina che aveva conosciuto Alberto.

 

BIONDINA

C’è Alberto?

 

STEFANO

(grattandosi la testa)

No.

 

Stefano si volta e cammina svogliato verso la cucina. Prepara un po’ di caffè.

La biondina lo segue e si siede su una piccola poltroncina.

 

BIONDINA

(sorridendo)

Ti ho visto due volte e sei sempre un disastro.

 

STEFANO

Ah-ah. Cose che capitano.

 

BIONDINA

Alberto dov’è?

 

STEFANO

Non ne ho idea.

 

La mdp stringe su un grande libro che la ragazza tiene sotto il braccio.

 

BIONDINA

Ti dispiace se lo aspetto qui. Sono due giorni che lo cerco e lui non mi chiama.

 

STEFANO

(porgendole una tazzina di caffè)

E’ fatto così, Alberto.

 

CHIARA

(prendendo la tazzina)

Mi chiamo Chiara.

 

STEFANO

Mi sembra di ricordare che andasse a una specie di manifestazione contro l’aumento delle tasse universitarie.

 

CHIARA

E non sai quando torna?

 

STEFANO

No. C’è la manifestazione, poi l’assemblea-resoconto, poi la discussione. E’ lui che organizza queste cose, in genere.

 

CHIARA

(ascolta catturata, è quasi incredula)

Ma ci crede davvero?

 

Stefano la guarda un po’ allibito. Evita di rispondere.

 

STEFANO

(indicando il grosso libro)

Che hai sotto il braccio?

 

CHIARA

Ah, lavoro.

(posa il libro sul tavolo e lo apre)

Volevo farlo vedere ad Alberto.

 

E’ un book fotografico che ritrae Chiara nelle pose più disparate. La ragazza lo sfoglia, sottilmente inorgoglita. Si sofferma su una foto che la ritrae nuda in una vasca da bagno. Solo la schiuma le copre le parti intime.

 

STEFANO

Non… non ti imbarazza?

 

CHIARA

All’inizio. Poi ci fai l’abitudine. Del resto non c’è niente di male. E’ come siamo fatti, no?

 

Chiara sembra completamente a suo agio, mentre Stefano tradisce un certo imbarazzo e abbassa lo sguardo. Sentiamo armeggiare con la serratura della porta d’ingresso. Entra Alberto. E’ eccitato, fa avanti e indietro per la stanza senza neanche rendersi conto degli altri due.

 

ALBERTO

Siamo entrati nel palazzo del Bo e poi sono arrivati i poliziotti. Dovevi esserci, cazzo!

 

Lo sguardo di Alberto si sofferma solo ora su Chiara.

 

ALBERTO

E tu che ci fai qui?

 

Chiara gli si fionda addosso e lo abbraccia, come un’adolescente.

 

CHIARA

Sono due giorni che ti chiamo, brutto bastardo.

 

ALBERTO

Ti avrei chiamata io domani…

(dandole un bacio passionale)

Aspettami in camera mia.

 

Chiara gli sorride maliziosa e saltella fino alla camera di Alberto. Lui si avvicina a Stefano e gli mette un braccio intorno al collo.

 

ALBERTO

(sussurrando)

Amico, è meglio se ti vai a fare un giro. Lo sai che sono rumoroso in queste cose e Chiara non è da meno.

 

Alberto si lascia andare a una smorfia sottile e superba, poi si chiude in camera sua.

Stefano rimane impalato, con la sua tazzina di caffè. Fissa infastidito le foto di Chiara.

 

 

INT, APPARTAMENTO – GIORNO

La mdp avanza lentamente nell’appartamento: c’è un gran disordine, i piatti sporchi sommergono il lavandino, ci solo libri aperti e stropicciati sparsi per tutta la stanza.

 

ALBERTO (VFC)

Tempestoso.

 

STEFANO (VFC)

Burrascoso, impetuoso, agitato, cattivo, mosso.

 

La mdp entra in una stanza. Le pareti sono tappezzate di quadri, alcuni sono appesi ma la maggior parte è ammucchiata negli angoli. Rappresentano tutti degli alberi, dipinti nei modi più diversi e dalle più diverse angolazioni, ma pur sempre alberi. Stefano è disteso sul letto e sgranocchia delle patatine da un sacchetto.

Alberto, in canottiera e mutande, fissa attentamente una tavola di compensato su cui è dipinto un enorme e rigoglioso albero, dai colori molto spenti e con diverse chiazze bianche. Stringe un pennello e ogni tanto dà una pennellata di colore.

 

ALBERTO

(studiando il dipinto, perplesso)

Turbolento.

 

STEFANO

Contrastato.

 

ALBERTO

Vaffanculo. Non me ne vengono in mente altri.

 

STEFANO

Violento, convulso. E con questi siamo mille a zero.

 

ALBERTO

(gettando via il pennello, stizzito)

Questo gioco idiota dei sinonimi!

 

STEFANO

(alzandosi e prestando attenzione al quadro)

Cosa c’è che non va?

 

ALBERTO

(andando avanti e  indietro per la stanza, ossessivamente)

Troppo colore, troppo colore! Il colore non è reale. Bisogna togliere, togliere, togliere!

 

STEFANO

Secondo me dovresti mettere da parte le tue idee sul poco colore. Sarebbero dei quadri fantastici se solo ti mettessi in testa di riempire gli spazi bianchi.

 

ALBERTO

(infastidito)

Senti caro mio, chi è dei due l’artista? Uno che non ha mai dipinto niente in vita sua non può darmi lezioni.

 

STEFANO

(alzandosi dal letto, irritato)

Non serve saper dipingere per esprimere un opinione su un quadro. Fa’ come ti pare!

 

Stefano esce dalla stanza, sbattendo la porta.

 

INT, APPARTAMENTO – SERA

Stefano rientra in casa. Getta svogliatamente lo zaino a terra e la giacca sul divano. Si volta verso la cucina e viene colto di sorpresa.

 

STEFANO

Toh! Chi si rivede…

 

Chiara se ne sta appoggiata al bancone della cucina. Tiene gli occhi puntati sul cellulare, sta mandando un messaggio. Alza velocemente lo sguardo e saluta Stefano con un cenno.

 

CHIARA

(tutta presa dal cellulare)

Come va?

 

STEFANO

Tutto bene.

 

Segue qualche istante di silenzio. Chiara è impegnata con il suo telefonino, mentre Stefano si guarda intorno imbarazzato.

 

CHIARA

Io e Alberto siamo stati un po’ in giro. Trovavamo che rimanere sempre in casa cominciasse a diventare noioso.

 

STEFANO

Capisco. E tu come te la passi.

 

CHIARA

Ho avuto un mucchio di cose da fare.

 

STEFANO

Del tipo?

 

CHIARA

Provini. Sto girando per le agenzie di Milano e Roma a portare il book e propormi agli agenti.

 

STEFANO

E se va male? Se un giorno ti accorgi che hai spremuto tutte le energie e i soldi per nulla?

 

CHIARA

(vagamente stizzita)

Chi pensa di farcela non si fa queste domande.

 

Stefano abbassa lo sguardo, imbarazzato. Chiara inizia a camminare lentamente per la stanza.

 

STEFANO

E il tuo Alberto dov’è?

 

CHIARA

Di là. Dice che deve finire un quadro.

 

STEFANO

(abbozzando un sorriso)

Non ne ha mai finito uno.

 

CHIARA

Quello di là è finito. Manca qualche ritoccatina, ma è finito finito.

 

Stefano è sbalordito e incredulo. Si volta di scatto e piomba in camera di Alberto.

Stacco.

 

Primo piano del dipinto: è rappresentato un grande albero sgargiante, pieno di colore e luminosità.

Stefano è esterrefatto. Corre verso Alberto, che se ne sta ancora con in pennello in mano, e gli salta in groppa.

 

STEFANO

Porca miseria, Alberto! Questo è una meraviglia!

 

ALBERTO

(ancora scettico)

Non so… manca ancora qualcosa…

 

STEFANO

Ma cosa vuoi che manchi? Non manca un bel niente. Questo albero sembra una persona.

 

Il volto di Alberto si illumina improvvisamente.

 

ALBERTO

Una persona…

 

Nella stanza entra anche Chiara che rimane incantata e incredula a guardare il quadro. Si getta fra le braccia di Alberto e lo riempie di baci.

 

CHIARA

Meraviglioso il mio amore!

 

Alberto allunga un braccio e coinvolge anche Stefano. I tre si stringono in un forte abbraccio. Rimangono in silenzio, stringendosi l’uno all’altro.

 

 

INT, APPARTAMENTO – MATTINA

Stefano esce dalla doccia. Indossa un accappatoio e si dirige stancamente verso la cucina. Si prepara un caffè. Sentiamo del trambusto provenire dalla stanza di Alberto. Stefano si volta verso la camera del suo amico.

 

STEFANO

Ma che diavolo…

 

Stefano va in camera di Alberto e  apre la porta.

Nella stanza regna il caos più totale. Il letto, il pavimento, ogni angolo della camera è ricoperto di quadri, ma sono tutti ridotti a brandelli. Strappati in mille pezzi. Alberto, con uno sguardo allucinato, stringe una delle poche tele ancora intatte, ma la sta per strappare.

 

STEFANO

Alberto, ma che cazzo stai facendo?! Sei impazzito del tutto?

 

ALBERTO

Non funziona. Non funziona per niente!

 

Stefano strappa il quadro dalle mani di Alberto.

 

STEFANO

Sei proprio un coglione, Alberto! Questo me lo prendo io se ti fa tanto schifo.

 

 

INT, BAR – MATTINA

Siamo all’interno di un bar. C’è un grande via vai di persone che fanno colazione.  Seduti su un piccolo tavolino, lontani dalla confusione, ci sono Stefano e Chiara. Entrambi davanti a un cappuccino. Si sorridono a vicenda e chiacchierano. La mdp si avvicina.

 

CHIARA

(facendosi più seria)

Allora, Alberto come sta?

 

STEFANO

Non vi sentite?

 

CHIARA

Poco. E’ così distante. E’ un continuo “ti chiamo io appena ho un minuto”, ma alla fine non chiama mai.

 

STEFANO

Si è fissato con i suoi quadri. Se ne sta tutto il giorno in camera a dipingere e poi distrugge tutto.

 

Chiara annuisce preoccupata. Sorseggia il cappuccino in silenzio.

 

STEFANO

(bevendo un po’ di cappuccino)

Schiuma.

 

Chiara lo guarda con aria interdetta.

 

STEFANO

(divertito)

Devi trovare un sinonimo. Funziona così.

 

CHIARA

(dopo averci pensato un po’)

Spuma.

 

STEFANO

Effervescenza.

 

CHIARA

Effervescenza non è un sinonimo!

 

STEFANO

Effervescenza È un sinonimo! E questo è un gioco per superpalati fini. La gente usa sempre due o tre parole per dire le cose mentre ci sono tantissimi modi per dirle. E’ come quando dai un bacio. Non puoi usare sempre i soliti schemi altrimenti finisci dritto a far parte della categoria “baciatori da schifo”.

 

CHIARA

Quindi io starei baciando da schifo, eh?

 

STEFANO

Quindi ti devi allenare, cara la mia aspirante modella.

 

CHIARA

Caro il mio italianista, lei sarà pure bravo con le parole ma ha una striscia di crema sulla guancia che la fa sembrare un pesce lesso!

 

Stefano si ammutolisce, imbarazzato e si affretta a prendere un tovagliolino. Chiara lo precede, allunga la mano e accarezzandogli la guancia gli porta via la schiuma. Stefano arrossisce. Chiara risponde con un sorriso e ritorna al suo cappuccino.

 

CHIARA

(rabbuiandosi)

Non puoi fare qualcosa?

 

STEFANO

Qua-qualcosa cosa?

 

CHIARA

Qualcosa come tirarlo fuori da quella specie di alienazione fobica in cui si è cacciato con i suoi quadri. Qualcosa per rimetterlo in carreggiata.

 

STEFANO

E cosa vuoi che facciamo?

 

CHIARA

Tipo… trovargli un gallerista.

 

STEFANO

Se ci tieni.

 

CHIARA

Ci tengo.

 

 

INT, APPARTAMENTO – GIORNO

Alberto fa avanti e indietro per la sala. E’ visibilmente nervoso. Si guarda allo specchio continuamente sistemandosi i capelli pettinati con del gel.

 

ALBERTO

Dio, non ci credo. Mi sto vendendo a quei mercanti.

 

STEFANO

Cerca di stare calmo. E togliti la tua solita puzza sotto il naso.

 

Chiara sbuca dalla camera di Alberto.

 

CHIARA

Ho sistemato un po’ di cose. Ora la stanza è presentabile.

 

ALBERTO

(guardando ossessivamente l’orologio)

Allora quando arriva questo qui?

(senza neanche aspettare la risposta)

Gli faranno schifo, gli faranno schifo…

 

Suonano alla porta. Tutti e tre scattano sull’attenti. Alberto si sistema un’ultima volta. Chiara gli dà un bacio per infondergli fiducia. Stefano va ad aprire.

 

STEFANO

Buongiorno signor Lando.

 

Un uomo di circa 40 anni se ne sta sulla soglia della porta. Sguardo sveglio, abbigliamento eccentrico e vagamente trasandato.

 

SIGNOR LANDO

(in tono ironico)

Allora dov’è l’artista isterico che distrugge i suoi quadri?

 

Chiara spinge Alberto per smuoverlo.

 

ALBERTO

(con voce insolitamente insicura)

Eccomi.

 

SIGNOR LANDO

Be’, fammi vedere questi quadri.

 

Alberto ubbidisce goffamente e fa strada al signor Lando. Entrano tutti nella stanza piena di quadri e il gallerista inizia ad esaminarne uno ad uno.

Regna il silenzio più totale.  Tutti tengono gli occhi puntati sui movimenti del gallerista. Il signor Lando maneggia i quadri, se li rigira tra le mani, li allontana e li avvicina agli occhi, li mette sotto la luce.

Dissolvenza.

 

Dissolvenza in apertura.

Il signor Lando, nel totale silenzio ha selezionato tre dipinti e li ha appoggiati al muro.

 

SIGNOR LANDO

(accendendosi una sigaretta)

Va bene, allora prendo questi tre. Il patto è questo: li metto in galleria e quando li vendo, a te viene il trenta per cento.

 

Il signor Lando allunga la mano verso Alberto.

 

ALBERTO

(senza pensarci due volte, stringe la mano del gallerista)

Va bene!

 

Stacco.

 

Sentiamo una musica.

Piano americano di Chiara che, con fare esultante, stringe due bottiglie di birra. Indossa una t-shirt aderente che le mette in evidenza i seni e dei pantaloni a vita bassa che le evidenziano le forme. Si siede a terra assieme ad Alberto e Stefano.

Sono tutti e tre davanti a una maxi pizza. Fanno qualche morso e sorseggiano la birra. Non sentiamo cosa dicono, ma li vediamo sorridersi a vicenda.

Dissolvenza.

 

La pizza è finita, è rimasto solo il cartonato. Ci sono diverse bottiglie di birra e di vodka.  Alberto, Stefano e Chiara si passano uno spinello. Sono visibilmente alticci: le guance arrossate, gli sguardi ammiccanti, le risate sguainate.

Alberto e Chiara passandosi lo spinello si scambiano un bacio.

Dissolvenza.

 

Chiara balla al ritmo della canzone. Si muove con una sensuale ingenuità. Alberto si accosta a lei, balla seguendo i movimenti del suo corpo. Le accarezza i fianchi, le cosce, i seni. Alberto lancia un’occhiata a Stefano. Anche lui si unisce ai due.

Balla fissando negli occhi Chiara che sembra persa fra le braccia di Alberto.

Dissolvenza.

 

I tre sono all’interno di una galleria. Pareti bianche e candide su cui sono appesi i quadri più disparati, di ogni forma e dimensione. Fissano inorgogliti un quadro di Alberto appeso alla parete. Si scambiano sguardi complici e divertiti. Si rincorrono. Chiara si nasconde dietro le colonne. Stefano la rincorre. Alberto abbraccia entrambi da dietro.

Dissolvenza.

 

Stefano bussa alla porta del bagno.

 

STEFANO

Chiara, è tardi! Devo andare a lezione!

 

Chiara gli apre.

 

CHIARA

Fai pure. Mi sto solo truccando.

 

Stefano entra in bagno. La stanza è satura di vapore.

Lui si avvicina al water e fa per sbottonarsi la zip, ma si blocca, guardando Chiara che si sta truccando davanti allo specchio, come se nulla fosse.

Stefano fa finta di nulla e si posiziona anche lui davanti al lavandino; prende una spazzola e inizia a pettinarsi.

Lo specchio è appannato, solo le numerose gocce di vapore permettono di vedere il riflesso. Stefano e Chiara si guardano intensamente attraverso lo specchio senza dire una parola.

Suona il telefono.

La musica si blocca.

 

Alberto entra in bagno.

 

ALBERTO

(dando la cornetta a Stefano)

E’ tua madre.

 

Stefano prende la cornetta e si allontana.

 

STEFANO

Sì?

 

MADRE DI STEFANO (telefono)

Come va? Tutto bene?

 

STEFANO

Sì… tutto bene.

 

MADRE DI STEFANO (telefono)

(dopo un momento di esitazione)

Hanno… hanno portato tuo nonno in ospedale. Non sta bene.

 

Stefano rimane in silenzio. Fissa il vuoto.

 

 

INT, OSPEDALE – GIORNO

Stefano segue un uomo e  una donna di mezza età, probabilmente i suoi genitori.

 

I tre camminano lungo il corridoio asettico di un ospedale. I genitori di Stefano appaiono stanchi e provati. Entrano in una stanza.

Stacco.

 

Un uomo anziano è disteso sul letto, coperto fino al volto. E’ collegato a delle flebo. Dalla coperta vediamo emergere il profilo della pancia, insolitamente gonfia e sproporzionata rispetto al resto del corpo.

 

PADRE STEFANO

Guarda chi è venuto a trovarti.

 

L’anziano si volta lentamente verso Stefano. Lo scruta per qualche istante, poi sembra riconoscerlo. Il suo volto sofferente si distende all’improvviso e i suoi occhi si illuminano.

 

STEFANO

(avvicinandosi timidamente al letto)

Ciao. Sono venuto a vedere che stai combinando.

 

NONNO

(sforzandosi di parlare)

Guarda che pancia.

 

Stefano fa per dire qualcosa ma si interrompe. Rimane in silenzio. Guarda il nonno sofferente, in quello stato. Gli occhi gli si inumidiscono.

 

PADRE STEFANO

Ieri ho parlato con il primario. Non riescono a capire cos’hai.

 

NONNO

Ma sono scemi? Guarda che roba.

 

PADRE STEFANO

Ora dobbiamo andarcene. Non è orario di visita. Torniamo questa sera.

 

Il nonno annuisce, stanco e abbattuto.

Stefano fa un mezzo sorriso per salutarlo.

 

 

INT, STANZA STEFANO – SERA

Siamo all’interno di una piccola stanza. Stefano è seduto sul letto. E’ tutto in perfetto ordine. Sulle mensole ci sono dei modellini di alcune Ferrari, e sugli scaffali c’è qualche libro. Intuiamo debba essere la camera di Stefano.

Il ragazzo se ne sta immerso nella penombra. Compone un numero sul cellulare.

 

VOCE TELEFONO

Pronto?

 

STEFANO

Alberto! Sono giorni che provo a chiamarti! Dove cavolo eri finito?

 

ALBERTO (telefono)

Ah, Stefano scusa. Ho fatto un esperimento con Chiara. Giorni in casa senza contatti con l’esterno. Il massimo della goduria!

 

Stefano si irrigidisce, è visibilmente nervoso.

 

STEFANO

Allora, non vieni a casa per le vacanze di Natale?

 

ALBERTO(telefono)

Questa è casa mia.

 

STEFANO

Non vieni neanche a salutare i tuoi?

 

ALBERTO (telefono)

I miei fanno schifo, Stefano. Mio padre non esiste. Non chiama, non si fa sentire, né niente. Mia madre è un rimasuglio di paleolitico, brava solo a sciropparsi telenovele idiote e reality show. Quando guarda i miei quadri ci vede solo un albero e zero di tutto quello che ci sta dietro.

 

STEFANO

I genitori non si scelgono, in genere. E comunque è tua madre che paga l’affitto e l’università.

 

ALBERTO (telefono)

E’ una tassa! E’ giusto che lei e papà paghino quello che hanno rotto.

 

STEFANO

(esasperato)

Va bene… ci sentiamo.

 

Stefano riattacca. Nota un baule ai piedi del letto. Si avvicina e lo apre. C’è una vecchia videocamera sommersa da un mucchio di cassette. Stefano la guarda, abbozza un timido sorriso e sembra perdersi nei ricordi.

 

EST, CHIESA – GIORNO

Sentiamo una musica.

Vediamo tutto in soggettiva, come fosse il video amatoriale fatto con una piccola videocamera. In alto, sullo schermo, la scritta REC.

Vediamo molte persone vestite tutte di nero che entrano in chiesa. Alcune si voltano verso noi e ci guardano infastidite.

Stacco.

 

Vediamo il prete in fondo alla chiesa che recita l’omelia. Vicino all’altare c’è una bara circondata da fiori. Sentiamo qualcuno singhiozzare. Una donna anziana si volta verso noi e ci ammonisce con lo sguardo.

Stacco.

 

Siamo al cimitero. Stanno tumulando la bara. Un gruppo di persone assiste all’operazione e si fa il segno della croce. Alcuni bisbigliano fra loro. I genitori di Stefano  si sorreggono l’un l’altro e il padre non trattiene le lacrime. Sua madre si volta verso di noi. Ci guarda con sdegno.

Stacco.

 

L’immagine e le inquadrature tornano normali.

La musica sfuma.

Siamo nella stanza di Stefano, che sta mettendo la videocamera nella valigia. Sentiamo i passi di qualcuno salire le scale. La madre di Stefano entra in camera. L’atteggiamento severo e lo sguardo furioso.

 

MADRE STEFANO

Dovresti vergognarti! Era il funerale di tuo nonno, non una festa di compleanno! Che ti è saltato in mente?

 

STEFANO

Non… non volevo offendere nessuno. Volevo solo riprendere… riprendere il dolore…

 

MADRE STEFANO

Beh, allora spero non ti sia fatto sfuggire tuo padre. Ha pianto per tutta la cerimonia. Riceverai un oscar per questo filmino!

 

STEFANO

(rimettendosi a fare la valigia)

Ok, scusa. Ho afferrato il concetto.

 

MADRE STEFANO

(visibilmente delusa)

Dio, Stefano, ma cosa ti è successo? Sei così distante, gelido. Ci voleva la morte di tuo nonno per farti tornare qui. Non chiami mai.

 

STEFANO

Sono solo impegnato con gli studi.

 

MADRE STEFANO

Già, lo immagino… Quando riparti?

 

STEFANO

Domani mattina.

 

INT, APPARTAMENTO – GIORNO

Stefano entra e appoggia le valigie in un angolo. Si guarda intorno: l’appartamento è immerso nel caos e nel disordine, vestiti ammucchiati ovunque,  cartacce sparse a terra, piatti e pentole incrostate che riempiono il lavandino.

Alberto si aggira per la stanza come uno zombie, saluta Stefano con un cenno del capo. Indossa una tuta sgualcita e sudicia.

 

STEFANO

Tutto bene?

 

ALBERTO

Così.

(fruga nella dispensa, agguanta un pacchetto di patatine ma è vuoto)

A me questa situazione uccide. Questo susseguirsi di giornate inutili. Voglio qualcosa di nuovo. Sto perdendo tempo.

 

STEFANO

Fino a qualche giorno fa andava tutto bene. E’ successo qualcosa con Chiara?

 

ALBERTO

(con un gesto svogliato)

Nah, lasciala stare quella…

 

Alberto torna in camera. Prende i pennelli con la tavolozza e ricomincia a dipingere. Il quadro è confuso, un vortice di colori e forme.

 

 

INT, APPARTAMENTO CHIARA – GIORNO

Stefano suona alla porta di un appartamento. Chiara apre leggermente la porta. Indossa una canottiera, degli shorts, ed è completamente struccata.

 

CHIARA

(visibilmente scocciata)

Stefano, senti sono un po’ incasinata. Non è che ci possiamo vedere un altro giorno?

 

STEFANO

E’ importante. Due minuti.

 

Chiara, svogliata, lo lascia entrare.

 

STEFANO

E’ per Alberto. Volevo sapere se è successo qualcosa. Se ne sta tutto il giorno in casa a non fare niente. O meglio, qualcosa fa. Ha ricominciato a dipingere ossessivamente.

 

CHIARA

(dopo un lungo respiro)

Posso anche volergli bene. Anzi gli voglio bene. Ma ha questo modo assurdo di comportarsi. Di essere una cosa e subito dopo completamente un’altra. Di chiamarmi e non poter fare a meno di me e dirmi due giorni dopo che non mi vuole più vedere. Ha questo modo odioso di allontanare tutti e di farli sentire completamente sostituibili.

 

STEFANO

(annuisce amaramente)

Già… come elementi di corredo…

 

CHIARA

Ha detto che preferisce se rimaniamo amici. Detto fatto.

 

STEFANO

Capisco…

(Indietreggia verso l’uscita)

Magari ci ribecchiamo in giro.

 

Chiara lo saluto con un veloce cenno del capo.

 

 

INT, UNIVERSITA’ – MATTINA

Una folla di studenti preme contro la piccola bacheca universitaria. Sono tutti con gli occhi puntati su alcuni fogli appesi al muro. Stefano cerca di farsi strada, per leggere, ma non ci riesce.

 

VOCE FEMMINILE (VFC)

Il buon Stefano non riesce a vedere il voto. Ci vorrebbero dei superpoteri per passare davanti a  tutti questi qua.

 

Stefano si volta e vede una ragazza, sorridente, con una borsa a tracolla che stringe un libro.

 

 

Stefano la guarda con aria interrogativa, non la riconosce.

 

MARTA

Sono Marta. Ci siamo conosciuti alla festa di Simona, un po’ di tempo fa.

 

STEFANO

(finge di riconoscerla)

Oh… ma certo! Marta della festa di Simona, certo…

 

MARTA

(fintamente risentita)

Grandioso neanche ti ricordi di me!

 

STEFANO

(toccandosi i capelli)

Scusa, quella sera non ero in me.

 

MARTA

(sorridendo)

Già, me lo ricordo. Non reggi molto l’alcol, vero?

 

STEFANO

Diciamo che ci provo, ma fallisco sempre. E dimmi “Miss superpoteri”, riesci a leggere se ho superato l’esame di marketing?

 

MARTA

Ovviamente!

(sforzandosi di leggere)

Ti farà piacere sapere che l’unico trenta della lista è proprio il tuo!

 

STEFANO

(si volta stupefatto)

Non ci credo!

 

MARTA

Credici! La mia super-vista è infallibile.

 

I due sorridono a vicenda.

Improvvisamente Alberto si frappone fra i due. E’ affannato e sudato, ma lo sguardo brilla di entusiasmo.

 

ALBERTO

(strattonando Stefano per le spalle)

Amico, ho una fottuta gran bella notizia!

 

Stefano, vagamente infastidito, si divincola dalla presa dell’amico.
STEFANO

Alberto, ne parliamo a casa. Io e Marta stavamo…

 

ALBERTO

(interrompendolo come se nulla fosse)

Ruggero Ljegerbach ha visto i miei quadri esposti e ha chiesto a Lando di poterne vedere altri! E’ intenzionato a esporli nella sua galleria a Milano, cazzo!!

 

L’espressione contrariata di Stefano, sentendo quelle parole, si illumina improvvisamente. I due si abbracciano scambiandosi affettuose pacche sulle spalle.

 

STEFANO

Sei un grande! Io e Chiara lo sapevamo che i tuoi quadri non erano da galleria di paese! Dobbiamo festeggiare! Questa sera!  Ordiniamo una pizza e qualche birra come al solito?

 

ALBERTO

Ho pensato a qualcosa di meglio amico!

(Stefano sembra non capire)

Ho chiamato Chiara e gli ho dato la notizia. L’ho invitata a cena. In un ristorante serio, questa volta!

 

L’entusiasmo di Stefano sembra affievolirsi di colpo, ma lui cerca comunque di non farlo notare, continuando a sorridere come un ebete.

 

ALBERTO

(voltandosi solo ora verso Marta)

E tu chi sei?

 

Marta, imbarazzata, inizia a farfugliare qualcosa.

 

ALBERTO

Oh, cazzo! Ho capito. Scusate se vi ho interrotto!

(avvicinandosi a Stefano)

Perché non mi hai presentato la tua ragazza?

 

STEFANO

Ma…

 

Alberto rifila a Stefano una gomitata sorniona, poi se ne va fischiettando.

Stefano e Marta rimangono senza parole. Sorridono nervosamente, rossi in viso.

 

 

INT, RISTORANTE – SERA

Inizia una musica.

Alberto e Chiara sono in un ristorante elegante e raffinato, illuminato da luci soffuse. Lui la fa sedere al tavolo, lei, sorridente, accetta la corte.

Stacco.

 

Stefano e Marta sono in una sala cinematografica, quasi completamente vuota. Guardano la proiezione di un film ma sembrano poco attenti. Ridono e scherzano fra di loro lanciandosi ipop-korn che prendono dal grande recipiente.

Stacco.

 

Alberto e Chiara sono nell’appartamento. Lui la stringe e la bacia con passione. I due si appoggiano al muro. Lei gli sbottona la camicia, lui, nella foga, rischia di strapparle il lungo vestito da sera. Continuano a baciarsi con irrefrenabile desiderio.

Stacco.

 

Stefano è sulla soglia della casa di Marta. Stanno per salutarsi, si guardano intensamente. Lui le sfiora timidamente le labbra. Lei risponde con un bacio appassionato.

Stacco.

 

La musica si abbassa di volume.

E’ giorno. Siamo nell’appartamento di Alberto e Stefano. Quest’ultimo è piegato sui libri, sommerso da quaderni e fascicoli. Alberto, con in mano dei pennelli sporchi di colore, esce dalla sua stanza seguito da Chiara.

 

ALBERTO

(rivolgendosi a Chiara)

Roma cosa?

 

CHIARA

E’ una grande occasione, Alberto. Se va bene diventa un servizio coi fiocchi, con tanto di cartelloni e pubblicazioni sulle riviste.

 

STEFANO

(distogliendo lo sguardo dai libri)

Te ne vai a Roma? Per quanto?

 

CHIARA

Giusto il tempo del servizio.

STEFANO

Tutti che fanno grandi cose, eh?

 

Stacco.

 

La musica aumenta di intensità.

Alberto e Chiara fanno l’amore con grande trasporto e passione.

Dissolvenza.

Marta e Stefano, distesi sul letto, si baciano con dolcezza. Lei gli accarezza la schiena poi inizia a slacciarli i pantaloni. Lui ha un attimo di esitazione, poi si sfila del tutto i pantaloni e stringe Marta che gli cinge la vita con le gambe.

Stacco.

 

Alberto, in abito elegante, è in un ufficio dall’arredamento minimale ma estremamente sofisticato. Stringe la mano a un uomo dietro una grande scrivania nera. Alberto sembra teso ma sorride e prende alcuni suoi quadri appoggiati a terra e li mostra all’uomo.

Stacco.

 

La musica si abbassa di volume.

Alberto e Stefano sono nel loro appartamento. Guardano la tv, bevendo birra e mangiano un pizza.

 

ALBERTO

Ruggero Ljegerbach mi ha comprato sei quadri su dieci.

 

STEFANO

(quasi gli va per traverso la birra)

Cazzo, ma è grandioso!

 

Alberto rimane comunque serio.

 

STEFANO

(notando la sua espressione preoccupata)

Che c’è che non va?

 

ALBERTO

Ruggero dice che a Milano potrei lavorare meglio. Senza distrazioni. E mi servirà anche per entrare a far parte di un certo ambiente, che conta. Dice che per l’appartamento non mi devo preoccupare. Me ne presta uno dei suoi.

(Stefano lo ascolta, ammutolito)

Alla fine del mese mi trasferisco a Milano. E’ una questione di treni che passano.

 

Stefano ha perso l’entusiasmo di prima, è senza parole. Farfuglia qualcosa di incomprensibile.

 

STEFANO

(deglutendo)

E l’università?

 

ALBERTO

Che ne so. Ti risulta che quel titolo ci salverà la vita?

Guarda che sono solo tre ore di treno. E poi tu stai preparando la tesi…

(tentando di fare una battuta)

… quindi la pacchia sta finendo anche per te.

 

STEFANO

(sforzandosi di sorridere)

Sono… sono contento per te, amico.

 

La musica aumenta di intensità.

Siamo alla stazione. Il cielo è grigio. Stefano affonda la testa nel piumino per coprirsi e fissa un treno partire, acquisire rapidamente  velocità e scomparire.

Dissolvenza.

Stefano indossa un vestito elegante e stringe fra le mani una tesi rilegata. Siamo all’interno di una grande aula ricoperta di affreschi e dipinti. In fondo, dietro una lunga scrivania, se ne sta una schiera di professori. Fanno il nome di Stefano. Lui prende un lungo respiro. I suoi genitori, altrettanto emozionati lo incoraggiano pacatamente. Stefano va incontro alla commissione.

Dissolvenza in nero.

La musica sfuma.

 

 

INT, APPARTAMENTO – SERA

Stefano, viso stanco e barba incolta, entra in un appartamento diverso da quello che abbiamo visto fino ad ora.

Posa subito la giacca sull’appendiabiti e accenda la tv. L’appartamento è più piccolo, con un arredamento spartano ed essenziale, ma comunque ordinato. Marta esce dal bagno, indossa un accappatoio.

 

MARTA

(notando il viso stanco di Stefano)

Giornata pesante, tesoro?

 

STEFANO

(cerca di nascondere la stanchezza sfoggiando un largo sorriso)

Hai davanti a te il nuovo steward del Multiplex che apriranno il mese prossimo!

 

Marta rimane di stucco, sembra rielaborare ciò che ha appena sentito, poi esplode di gioia e sala in braccio a Stefano. Lo riempie di baci.

 

MARTA

E’ magnifico!

 

STEFANO

(smorza l’entusiasmo)

Non è esattamente ciò che ho sempre sognato, ma almeno così troveremo i soldi per pagare l’affitto…

 

MARTA

(prendendo qualcosa da bere in frigo)

Certo, se avessi evitato di mandare a quel paese Cesare Borromeo magari…

 

STEFANO

(fulminandola con lo sguardo)

Quello stronzo sfruttatore! Lui e la sua dannata agenzia pubblicitaria!

(aprendosi una birra)

Si fregava ogni dannata buona idea che avevo e ci appiccicava sopra il suo nome. Lavoravo come un somaro e mi pagava una miseria! No, grazie! Preferisco preservare la mia dignità facendo lo steward in un cinema dozzinale.

 

MARTA

(sorridendo sotto i baffi)

Quella storia dell’agenzia proprio non ti è andata giù, vedo. Almeno al multisala ti pagano bene?

(Stefano evita di rispondere e annuisce, poco convinto)

Per fortuna che hai una laurea. Prendevi di più se facevi l’elettricista…

 

STEFANO

(piccato)

Senti chi parla… la barista! Non ho preso una laurea per trovare lavoro. Volevo imparare delle cose. A prescindere dal lavoro.

 

Marta se ne ritorna in bagno, stizzita.

 

 

INT, BAR – POMERIGGIO

Stefano è seduto al tavolo di un bar, davanti a lui c’è Chiara. Sembra ancora più bella e indossa un semplice piumino con un’inedita eleganza e una rinnovata femminilità.

 

CHIARA

Resto fino a domenica, poi devo ripartire per Roma.

 

STEFANO

(sorseggiando il caffè)

Cavolo, deve essere piuttosto stressante fare sempre avanti e indietro.

 

CHIARA

Finchè posso fare quello che mi piace, sopporto tutto più che volentieri. Tra sfilate e servizi fotografici, sarò impegnata ancora per diversi mesi. Per fortuna il lavoro non manca.

(indicando le insegne luminose del multisala, a pochi metri dal bar)

Così lavori lì.

 

STEFANO

Per il momento. Solo per il momento.

(cambiando subito discorso)

Ti sei più sentita con Alberto?

 

CHIARA

No. E’ da parecchio tempo che non ci sentiamo più. Lo sai come è fatto. Ora che ha una nuova vita, probabilmente non ha più interesse a perdere tempo con il passato.

(il suo sguardo si intristisce lievemente)

Da quando è partito per Milano non l’ho più visto.

 

STEFANO

Capisco…

(guardando l’orologio)

Cazzo, si è fatto tardi! Devo andare a lavoro.

 

Stefano si alza in fretta e furia. Chiara lo segue.

 

CHIARA

Magari ci rivediamo prima che io parta…

 

STEFANO

(sorridendole)

Perché no.

 

I due si salutano velocemente sorridendosi a vicenda. Stefano esce di corsa dal bar.

 

 

INT, CINEMA – NOTTE

Siamo all’interno di un moderno multisala. Stefano è in piedi, in cima alla grande e luccicante scala centrale. Stacca i biglietti dei clienti che salgono a  poco a poco. Lo fa in maniera meccanica, limitandosi a ripetere “prego” in tono freddo e inespressivo. Stacca il biglietto all’ultimo cliente. Gli spettacoli stanno per cominciare e il grande atrio è ormai vuoto.

Un uomo sui trent’anni, probabilmente un collega di Stefano a giudicare dall’abbigliamento, gli si avvicina.

 

COLLEGA

(bonariamente)

Sorridi un po’ Stefano! Sembra che ti faccia schifo il mondo!

 

STEFANO

Infatti mi fa schifo il mondo. Questo almeno.

 

Il collega gli si avvicina e gli appoggia una mano sulla spalla.

 

COLLEGA

Sai, avevo un negozio di modellini, con mia moglie. Treni, aerei, macchine. Qualche anno fa andavano alla grande. C’erano collezionisti che si mangiavano stipendi interi. Poi ci è andato tutto in malora. I modellini non erano più di moda e importarli in Italia aveva costi da pazzi. Così abbiamo chiuso. Ed eccomi qui, a staccare biglietti in un multisala. Non sto certo a piangermi addosso…

 

Stefano fa per replicare, ma poi si blocca. Sembra ripensare alle parole del collega.

 

 

EST, CINEMA – NOTTE

Stefano esce dal multisala. Le luci sono spente. Si saluta con i suoi colleghi. Si stringe nella giacca e inizia a camminare a passo svelto. Di colpo si blocca.

 

STEFANO

(sorpreso)

Che cavolo ci fai qua?

 

La mdp inquadra Chiara che sorride divertita e sventola una cartolina davanti a Stefano.

Particolare del retro della cartolina, su cui c’è il piccolo disegno di un albero e alcune frasi scritte in un corsivo minuscolo.

 

CHIARA

(leggendo)

Ne ho mandata una anche a Stefano. Se passerete di qua, be’, sarebbe una cosa da spaccarsi il cuore.

(guardando Stefano)

Ci ha invitato alla sua prima mostra.

 

STEFANO

(esultante)

Non ci credo! Una mostra tutta sua, a Milano! Ce l’ha fatta!!

 

I due saltellano per la gioia e si abbracciano stringendosi forte.

 

CHIARA

E’ stato un po’ anche merito nostro. Ricordi quando andavamo in giro per Padova alla ricerca di un gallerista?

 

Stefano annuisce sorridendo.

 

STEFANO

Che tempi…

 

CHIARA

Già…

 

I due rimangono in silenzio. Si guardano senza dirsi una parola. I loro volti si avvicinano. Sentiamo il loro respiro e le loro labbra sono a pochi millimetri. Socchiudono gli occhi. Si baciano. Prima delicatamente, poi con sempre maggiore passione.  La mdp si allontana riprendendo la grande insegna luminosa del multisala alle loro spalle.  L’insegna si spegne.

 

 

EST, STRADE – GIORNO

Sentiamo una musica.

Inizia una sequenza con immagini in movimento, contorni sgranati e colori accesi.

La mdp riprende il grande duomo di Milano. Attraversa la piazza a grande velocità. Si infila nelle vie laterali.

Va incontro a Chiara e Stefano che camminano chiacchierando fra loro. Si divertono, è evidente la forte complicità, ridono di gusto.

Stacco.

 

La mdp riprende le più importanti boutique di alta moda.  Chiara passeggia per la via, si appoggia a una vetrina imitando le pose plastiche di una modella. Stefano, divertito, le scatta delle foto.

Stacco.

 

Chiara e Stefano sono in un bar elegante e arredato con gusto. Bevono uno shot all’unisono, poi scoppiano a ridere.

Stacco.

 

Chiara e Stefano passeggiano davanti l’entrata del teatro della Scala. Camminano sottobraccio imitando il portamento impettito dei nobili di qualche secolo fa.

Stacco.

 

Chiara e Stefano sono all’interno di una grande sala, dall’architettura moderna e con un luminoso tetto in vetro. Alle pareti sono esposti dei quadri: ritraggono tutti degli alberi. In fondo c’è un piccolo palco con installato un microfono. Intorno una folla di giornalisti. Chiara e Stefano rimangono fuori dalla calca.

Si alza un brusio. Scattano i primi flash. Un uomo di mezza età, in giacca e cravatta si avvicina al microfono. Dietro di lui riconosciamo Alberto, vestito in maniera elegante, con i capelli pettinati all’indietro grazie al gel. Scruta la folla con sguardo sicuro.

Chiara e Stefano lo riconoscono e lo guardano sbalorditi.

 

UOMO ELEGANTE

Oggi è un giorno importante perché è la prima personale di un ragazzo che ho scoperto e su cui sto puntando. Alberto Lari.

 

L’uomo invita Alberto ad avvicinarsi al microfono. I giornalisti iniziano ad alzare le mani mentre i flash illuminano l’intera sala. Alberto guarda tutti dall’alto e sorride in maniera decisa e carismatica. Riconosce Chiara e Stefano in fondo alla sala. Fa loro l’occhiolino, poi si rivolge ai giornalisti.

 

ALBERTO

Sono tutto vostro.

 

Stacco.

 

E’ notte fonda e la piazza del Duomo è deserta.

Chiara, Alberto e Stefano corrono a perdifiato attraversando la piazza. Ridono, si scambiano sguardi complici, si sfiorano le mani.

 

ALBERTO

(allargando le braccia e urlando verso il cielo)

Allora, è questa che chiamano eternità?

 

I tre si avvicinano e si stringono in un forte abbraccio. Si appoggiano l’uno all’altro e rimangono in silenzio.

La mdp si allontana innalzandosi verso l’alto.

La musica sfuma.

 

 

INT, APPARTAMENTO STEFANO – NOTTE

Siamo all’interno di un appartamento, quasi del tutto spoglio. Qualche mobile essenziale dalle forme minimali, un lungo divano bianco, un televisore appeso alla parete e diversi scatoloni da cui fuoriescono vestiti e cianfrusaglie varie.

Stefano, Chiara e Alberto sono seduti sul lungo divano, davanti a un piccolo tavolino da soggiorno in vetro; su di esso sono ammassate diverse bottiglie di alcolici.

 

STEFANO

(guardandosi attorno, notando la confusione)

Sei sempre il solito anarchico! Ormai è un anno che ti sei trasferito e devi ancora disfare gli scatoloni. Che fai, aspetti che si sistemino da soli?

 

ALBERTO

(riempiendo i bicchieri di vodka)

Lo sai come sono fatto. Con tutto quello che ho da fare qui, non posso certo perdere tempo a sistemare qualche  cianfrusaglia!

(alzandosi)

Aspettate qui.

 

Alberto entra in una stanza, lo sentiamo rovistare e poi ritorna in soggiorno con due cataloghi. Li passa a Stefano e Chiara.

 

CHIARA

(sfogliando il catalogo su cui sono impresse le foto della galleria)

Sono i tuoi quadri esposti in galleria, grazie!

 

ALBERTO

Non i quadri. La prima pagina. Guardate la citazione.

(Chiara e Stefano, incuriositi, si precipitano subito in prima pagina e leggono attentamente)

E’ il biglietto che mi ha lasciato mio padre prima di scomparire dalla mia vita e da quella di mia madre per andare a vivere con una che aveva quindici anni meno di lui. Mi pareva simpatico metterla visto che è per merito suo che dipingo alberi.

 

STEFANO

(leggendo la citazione)

Le vite sono tronchi,  le possibilità sono rami. Guardali quei rami, sembrano strade. Ci sono così tante persone che sono rettilinei. Fanno di tutto per non accorgersi delle curve. Poi ci sono, invece, persone fatte di curve, che non arrivano mai. Ma almeno loro provano a svoltare. Giovanni Lari.

 

Alberto accenna una smorfia amara. Stefano ripensa a quello che ha letto e guarda il suo amico, con ammirazione.

 

STEFANO

E’ la prima volta che parli di tuo padre senza usare espressioni tipo… “gran pezzo di merda”.

 

I tre sorridono.

 

ALBERTO

L’ho pensato per anni come una specie di schifezza e lo penso ancora. Poi però mi sono detto: cazzo Alberto, le vite non sono quello che ci passa davanti agli occhi! Non sappiamo fino in fondo cosa c’è dietro un cambiamento, né perché una persona decide in qualche modo di curvare.

(sorridendo sotto i baffi)

E poi se ora riesco a fare un mucchio di soldi con i miei quadri, probabilmente un grazie glielo devo.

 

Chiara si accende una sigaretta, accavalla le gambe e soffia fuori il fumo.

 

CHIARA

Sono contenta che le cose ti vadano bene.

 

Alberto sorride come per ringraziarla.

 

ALBERTO

(fissando il fumo che esce dalla sigaretta)

Cazzo ragazzi, ve lo ricordate che nebbia che c’era nel nostro appartamento?

(Stefano e Chiara sorridono vagamente imbarazzati)

Ma quella è roba vecchia! Adesso ho di meglio!

 

Alberto si alza di scatto e sgattaiola in una stanza. Stefano e Chiara si guardano con aria interrogativa. Alberto ritorna e mostra i suoi due pugni chiusi a Chiara, che lo guarda inebetita.

 

ALBERTO

Lasciamo scegliere alla damigella.

(alzando il pugno destro)

Euforia totale…

(alzando il pugno sinistro)

…o mondi paralleli?

 

CHIARA

Mondi paralleli. Decisamente.

 

Alberto estrae una bustina con della polvere bianca. La versa sul tavolino e la suddivide in tre strisce.

 

ALBERTO

Ma prima…

 

Alberto riempie tre bicchieri con un goccio di Coca-cola e tre volte di rhum.

 

STEFANO

Poca cola e molto havana? Mi ricorda una certa festa a casa di Simona Traversi. E di un certo Alberto Lari e una certa Chiara Valentini che se la spassavano in un angolino!

 

ALBERTO

(annuendo divertito)

Rievochiamo Stefanaccio, rievochiamo! Al mio tre… tre!!

 

Alberto, Chiara e Stefano afferrano i bicchieri e bevono tutto in un solo sorso. Chiara fa una smorfia per via dell’alcool.

 

ALBERTO

(euforico, indicando le strisce di cocaina)

E ora… mondi paralleli!

 

Stefano e Chiara sembrano tentennare, si guardano, poi scoppiano a ridere, complice l’alcool.

 

STEFANO

Ma sì, fanculo!

 

Ognuno di loro aspira la propria striscia di coca. Alberto lancia un urlo di vittoria.

 

ALBERTO

(con uno sguardo esaltato)

Baciala.

 

Stefano all’inizio sembra non capire, poi guarda Chiara al suo fianco.

 

ALBERTO

Avanti, baciala!

 

Stefano esita ancora per qualche istante. Chiara non gli stacca gli occhi di dosso. Stefano si avvicina e la bacia con passione e trasporto. Alberto li sta a guardare con uno sguardo alterato, poi afferra Stefano per una spalla e lo tira via.

Ora è Alberto a baciare Chiara, la quale sembra rispondere con maggior enfasi e calore. Alberto si stacca e afferra il viso di Stefano, stringendolo fra le sue mani.

 

ALBERTO

E ora Stefano, bacia il tuo amico così siamo al completo.

 

Stefano, dallo sguardo sempre più annebbiato, si avvicina ad Alberto. I due si baciano per qualche istante.

 

ALBERTO

Il cerchio è chiuso. Fusi in un meraviglioso tre!

Ora è meglio che ci distendiamo, che tra un po’ qua scompare tutto.

 

I tre, in preda all’alcool e alle droghe si allungano, chi sul divano, chi a terra. Senza dire una parola, fissano inebetiti il soffitto, sorridono , sudano, si portano le mani alla testa, socchiudono gli occhi.

Stacco.

 

Sentiamo una musica.

La mdp riprende l’appartamento di Alberto; la luce rossastra del tramonto illumina il soggiorno. Regna una gran confusione: bottiglie vuote sparse per il pavimento, bicchieri, posacenere svuotati.

Alberto, Stefano e Chiara dormono profondamente, i loro volti stravolti e svuotati dalla serata precedente. Chiara e Alberto dormono a terra, come due cadaveri, mentre Stefano russa con la testa infilata fra i cuscini del divano. Suona un cellulare.

Chiara e Alberto, pur non svegliandosi, emettono dei versi strani.

Stefano inizia ad aprire gli occhi; si guarda intorno, con aria sconvolta. Si lascia andare a una smorfia di fastidio per lo squillo del cellulare. Fruga lentamente nella sua giacca ed estrae il telefonino. Risponde.

 

STEFANO

Pro-pronto?

 

MARTA telefono

(urlando, esasperata)

Cazzo, dove sei stato tutto il giorno? Ti sto chiamando da ore!!

 

STEFANO

(dopo qualche istante per riprendersi biascica qualcosa)

Sono da Alberto… mi sono appena svegliato…

 

MARTA telefono

Hai dormito per ventiquattr’ore filate?! Eh? Ma ti rendi conto?

(la sentiamo singhiozzare, in tono isterico)

Cazzo, Stefano potevi chiamarmi!! E’ tutto il giorno che sto attaccata al telefono! Non te ne frega più niente di me, eh? Da un giorno all’altro, prendi e te ne vai a Milano. Non mi dai neanche una spiegazione, sei sempre incazzato col mondo!! Porca troia Stefano, io non mi merito questo! Stefano, mi senti? Stefano…

 

Stefano esausto e ancora intontito chiude la chiamata e getta il cellulare a terra. Si butta sul divano e ritorna a dormire.

Stacco.

 

E’ notte. Stefano, Chiara e Alberto sono in strada.

Alberto chiama un taxi, che subito si avvicina ai tre.

Stefano abbraccia l’amico. Non si dicono nulla. Si guardano complici e si scambiano l’ultima pacca sulle spalle. Poi Alberto saluta anche Chiara con un abbraccio. Lei gli sfiora dolcemente la guancia con un bacio.

Stefano e Chiara salgono sul taxi.

Stacco.

 

Stefano e Chiara sono all’interno del taxi. Dai finestrini vediamo scorrere le luci della Milano notturna.

I due appaiono visibilmente stanchi ma sereni. Chiara prende la mano di Stefano e gliela stringe.  Si appoggia sulla sua spalla e socchiude gli occhi. Stefano le sfiora i capelli e chiude gli occhi anche lui.

Stacco.

 

 

EST, STRADA – GIORNO

(continuiamo a sentire la musica)

Stefano si avvicina al portone del palazzo in cui abita. Nota un furgoncino parcheggiato davanti l’entrata. Un uomo sta caricando delle valigie. Il portone del palazzo si apre ed esce Marta. Porta con se una valigia. Stefano, completamente disorientato, la squadra dalla testa ai piedi.

 

STEFANO

Ma che…?

 

MARTA

(con sguardo severo e in tono freddo, privo di emozioni)

Me ne vado.

 

Senza dire altro, sistema l’ultima valigia nel furgoncino e sale. L’uomo mette in moto.

Stefano è senza parole. Se ne sta immobile a fissare Marta che tiene lo sguardo dritto davanti a sé.

Il furgoncino parte lentamente; Marta si volta per un istante verso Stefano. Questa volta il suo sguardo è sofferente , sull’orlo del pianto. Stefano non fa nulla. Fissa inespressivo il furgoncino mentre se ne va. Poi entra nel palazzo.

 

 

EST, PARCO – SERA

(continuiamo a sentire la musica)

Chiara e Stefano sono seduti su una panchina immersa in un piccolo parco cittadino. Le luci dei lampioni illuminano i loro volti. Lui la guarda con dolcezza e le cinge la vita con il braccio. Lei sembra pensierosa.

 

STEFANO

(scostandole i capelli dal viso)

Cosa c’è signorina Valentini?

 

CHIARA

(prendendo un lungo respiro)

Tra due giorni vado a Roma. Per un bel pezzo questa volta. Un’agenzia mi ha offerto un contratto.

 

Stefano rimane senza parole. Cerca di nascondere il dispiacere e la delusione.

 

STEFANO

Capisco… d’altronde lo sapevamo fin dall’inizio…

 

Stefano la bacia con passione, stringendola a sé.

 

 

INT, APPARTAMENTO STEFANO – GIORNO

(continuiamo a sentire la musica)

Stefano è nel suo appartamento, in gran parte svuotato dagli oggetti di Marta.

Scapigliato e con addosso una tuta sudicia si aggira per il soggiorno, poi come colto da un’idea, si dirige nella camera da letto.

Apre l’armadio ed estrae da uno scatolone, un videocamera.

Sfila la videocassetta e la inserisce nel videoregistratore. Sul televisore scorrono le immagini del video registrato il giorno del funerale di suo nonno. Stefano fissa le immagini con attenzione. Si siede alla scrivania, accende il portatile e inizia a scrivere. Attraverso lo schermo lo vediamo digitare: “SCENA UNO”.

La musica sfuma.

 

 

INT, APPARTAMENTO STEFANO – SERA

Siamo nella camera da letto; Stefano si è addormentato con il telecomando in mano. Il computer portatile è ancora aperto, vicino a lui. Dallo schermo vediamo una pagina interamente scritta.

Suonano alla porta. Stefano si sveglia di soprassalto. Cerca di ricomporsi il più velocemente possibile, poi si alza e va ad aprire.

Dall’altra parte della porta se ne sta Alberto, fortemente dimagrito e con una barba di diversi giorni. Tiene una sacca sulla spalla e sorride a Stefano. Quest’ultimo fatica quasi a riconoscerlo.

 

STEFANO

Alberto… ma co-cosa ci fai…

 

ALBERTO

Posso entrare?

 

Stacco.

 

 

Alberto si aggira per il soggiorno, stringendo una bottiglia di birra che sorseggia ogni tanto. Stefano lo ascolta seduto sul piccolo divano, anche lui sta bevendo una birra.

 

ALBERTO

(agitando la bottiglia, in modo teatrale)

Ljegerbach è un grande stronzo! Sono tutti schifosamente bravi a stare con te quando gli fai più di un quadro al mese.  Fanculo quei pezzi di merda!

(mordicchiandosi le unghie in modo nervoso e ossessivo)

Mercanti del cazzo. Una volta credevano nelle opere e nelle persone, non solo nel loro potenziale commerciale!

 

STEFANO

Ti ho letto sui giornali. Sei finito persino su Repubblica. Dicono che le quotazioni dei tuoi quadri siano schizzate alle stelle. Cioè… voglio dire, magari la pressione di Ljegerbach è un prezzo da pagare per…

 

ALBERTO

Fanculo! Credi che vendere a migliaia di euro mi renda una persona felice?

 

La mdp indugia su Alberto: il suo volto scavato, la barba incolta, la sua espressione esasperate e abbattuta.

Il nervosismo ora è svanito. Alberto è esausto. Si siede accanto al suo amico. Si stringe la testa fra le mani. Lo sentiamo tirare su col naso.

 

ALBERTO

Prendono le tue intuizioni e le vogliono inglobare nelle loro. E’ sempre un loro, loro  e loro. I loro punti di vista, le loro idee ritrite sull’arte. Non ne potevo più di quegli artisti imbolsiti e salottieri che si ritrovano fra loro, a scadenze regolari, a parlare con le stesse persone degli stessi discorsi.  L’energia sta nella gente, porca misera! Nelle cose che ti fanno stare maledettamente bene o maledettamente male. L’energia stava qua, nel nostro cervello, Stefanaccio.

 

Stefano rimane in silenzio ad ascoltare lo sfogo di Alberto, ipnotizzato e affascinato dalle sue parole.

 

ALBERTO

Ljegerbach voleva controllare ogni cosa. Ogni bozzetto, ogni elemento doveva passare sotto il suo vaglio. Questo non era più dipingere. Era esercitare un  mestiere.

(sospirando)

Devo consegnare altri dieci quadri entro la fine dell’anno o i soldi che ho guadagnato non mi basteranno nemmeno a pagare quello schifo di penale che c’è sul contratto.

 

STEFANO

(scuotendo Alberto per le spalle)

Diamine Alberto! Vuole dieci quadri, no? E tu fagli dieci quadri! Dimenticati di tutto e ritorna a dipingere come quando non dovevi perdere un bel niente!

 

Alberto si sforza di sorridere e annuire, ma non sembra affatto convinto.

 

 

INT, APPARTAMENTO STEFANO – NOTTE

Stefano rientra in casa. Indossa gli indumenti con il logo del multisala. E’ infreddolito e si strofina le mani. Improvvisamente il suo sguardo è catturato da qualcosa: in un angolo, in fondo al soggiorno, Alberto se ne sta davanti a una tavola di legno alta oltre un metro. E’ concentrato sulla tavola, il suo sguardo sembra perdersi nel legno; fuma distrattamente una sigaretta e lascia cadere a terra la cenere come se nulla fosse.

Stefano si prepara un panino in cucina, cercando di non fare troppo rumore. Si siede il più silenziosamente possibile a tavola e mangia il panino.  Alberto se ne sta ancora lì, a fissare in stato catatonico la tavola di legno.

Stefano ripulisce il piatto dalle briciole e con passo felpato si dirige in camera da letto.

 

ALBERTO

(tenendo gli occhi fissi sulla tavola)

Guarda che non c’è bisogno che ti muovi come un ladro. L’ispirazione può venire anche nel bel mezzo del traffico in pieno centro.

(Stefano abbozza un sorriso, imbarazzato)

A proposito, cos’è quella cosa che stai scrivendo al computer?

 

STEFANO

Una sceneggiatura. Sai, credo che il video del funerale di mio nonno mi abbia… ispirato.

(sfottendolo)

E comunque anche se vivi qui non sei autorizzato a frugare nel mio pc!

 

ALBERTO

(trattenendo una risata)

Già… non sapevo che ti piacesse il bondage…

 

STEFANO

(si fionda su Alberto)

Brutto stronzo! Tieni le tue zampacce lontane dalla mia collezione porno!

 

Stefano sta per saltare sulla schiena di Alberto, ma quest’ultimo lo blocca facendogli segno, con l’indice, di fare silenzio.

 

STEFANO

(imbalsamato come una statua)

Che… che succede?

 

Lo sguardo di Alberto si illumina, i suoi occhi acquisiscono vitalità.

 

ALBERTO

Sta arrivando!

(iniziando a mescolare i colori sulla tavolozza)

Credo di aver ricominciato, Stefanaccio!

 

Stefano sorride, colmo di gioia nel vedere il suo amico entusiasta come un tempo.

 

 

INT/EST, DISCOTECA – NOTTE

Sentiamo una musica.

Siamo all’interno di una discoteca. Le immagini scorrono a velocità leggermente rallentata.

Un ammasso di corpi giovani e sudati ballano al centro della pista. Le luci stroboscopiche creano un intreccio di ombre e illusioni. Alberto se ne sta appoggiato al bancone del bar, beve un drink. Fissa un punto oltre la pista da ballo.

Alcune ragazze gli passano accanto lanciandogli sguardi ammiccanti ma lui neanche li nota.

La mdp sorvola l’ammasso di corpi che ballano; tra di loro c’è Stefano, che si muove seguendo la musica, ad occhi chiusi, come in trance. Una ragazza bionda e in abiti succinti gli si avvicina, strusciando il suo corpo a quello di Stefano. Il ragazzo apre gli occhi e fissa insistentemente la ragazza che sostiene lo sguardo.

Stacco.

 

Siamo fuori dalla discoteca, in un vicolo buio e lontano dalla confusione. Stefano e la ragazza si baciano, appoggiati al muro di un vecchio palazzo.

 

ALBERTO (VFC)

Dai, tutti a casa.

 

Stefano è colto di sorpresa e guarda Alberto con aria interrogativa. La ragazza, ubriaca, si regge a malapena in piedi.

 

RAGAZZA

Uh, chi è? Un tuo amichetto?

 

Alberto abbraccia entrambi per le spalle.

 

ALBERTO

(in tono malizioso)

Ho detto: tutti a casa.

 

Stacco.

 

Siamo nella camera da letto di Stefano. E’ completamente al buio, e gli unici spiragli di luce sono quelli della luna, che filtrano dalla finestra. La mdp si sofferma sui corpi nudi di Alberto, della ragazza bionda e di Stefano.

Sono davanti a una grande finestra e quindi vediamo solo le loro sagome nere, senza distinguere i particolari. La ragazza si lascia baciare dai due. Il suo corpo cambia forma lentamente e si trasforma in quello di Chiara Valentini. Stefano sembra riconoscerla e la bacia con rinnovata passione. Affonda la testa fra i suoi seni. Alberto le bacia il collo da dietro. Le tre sagome nere si avvinghiano, fondendosi in una sola ombra. Alberto, Chiara e Stefano gemono di piacere.

La musica sfuma.

 

Stefano apre lentamente gli occhi.  E’ disteso sul letto, con la testa infilata tra due cuscini. Allarga le braccia come per cercare qualcuno, ma il letto è vuoto. Si alza, infila i boxer e il primo paio di jeans che trova e va in soggiorno.

Alberto sta dipingendo la grande tavola di legno. E’ completamente immerso nella pittura, usa pennellate violente e nevrotiche. Riesce a malapena a stare fermo sul posto e deve saltellare ogni tanto, come per scaricare energia. Indossa solo un paio di mutande e gli schizzi del colore gli hanno imbrattato le gambe e il torso.

Stefano guarda la scena, vagamente preoccupato.

 

STEFANO

Alberto…

 

ALBERTO

(imbrattando la tavola di violente pennellate)

Se n’è andata appena mi sono svegliato. Ha detto che quando è ubriaca combina sempre qualche cazzata.

 

STEFANO

Non mi riferisco alla ragazza. Parlo di te. Sei strano. Siamo in pieno inverno cazzo, come fai a startene in mutande?

 

Sentiamo una musica.

Alberto è completamente concentrato sul quadro e sembra non aver ascoltato nulla.

Stefano gli si avvicina. Nota qualcosa sulle braccia dell’amico: una serie di puntini, delle piccole croste che seguono il percorso delle vene.

Stefano sbianca di colpo, cosciente di ciò che significano quei segni.

 

STEFANO

(allarmato)

Che cazzo hanno le tue braccia, Alberto?!

 

ALBERTO

Vaffanculo.

 

STEFANO

Che cazzo è?!!

 

ALBERTO

(sbattendo Stefano al muro, con sguardo allucinato)

Non ti faceva così schifo quando te la sei sniffata a Milano!

 

Stefano reagisce e ora è lui a spingere Alberto contro la parete.

 

STEFANO

(urlandogli addosso)

Ma ti sei rincoglionito?! Ma che merda di roba usi? Cazzo credevo fosse solo per quella sera…

 

Neanche il tempo di finire la frase che Alberto sferra un micidiale pugno a Stefano, che lo fa pericolosamente barcollare all’indietro.

 

ALBERTO

Non ti ci mettere anche tu a dirmi quello che devo fare!!

 

Stefano si massaggia il naso indolenzito.

Alberto trema, sembra sull’orlo di una crisi di nervi. Prende la tavolozza di colori e la sbatte a terra urlando delle imprecazioni. Poi si lascia cadere sul divano, esausto.

Anche Stefano si siede. I due si lanciano sguardi reciproci, disperati e commiserevoli.

 

STEFANO

Questa notte… mi sembrava di baciare Chiara. Di fare l’amore con lei.

 

ALBERTO

(sospirando)

Anche a me. Dopo quelle poche volte che è venuta a Milano non l’ho più sentita.

 

Sentendo quelle parole, Stefano si fa teso e nervoso.

 

STEFANO

Chiara è venuta da te, a Milano? Mi aveva detto che non vi eravate più visti dopo la tua partenza…

 

ALBERTO

(cercando di misurare le parole)

Non è vero… ci siamo visti qualche volta. Non te ne ha parlato perché pensava che non avresti capito, che non avresti rivolto più la parola né a me né a lei.
Stefano è furioso. Si alza di scatto, stringe i pugni, fa avanti e indietro per la stanza, respira rumorosamente.

 

ALBERTO

(tenendo lo sguardo basso, con aria colpevole)

Ti prego, calmati. Anzi…

(alzandosi e avvicinandosi a Stefano)

… restituiscimi il pugno che ti ho dato.

 

I volti di Alberto e Stefano sono a pochi centimetri l’uno dall’altro. Alberto se ne sta a braccia aperte, con atteggiamento inerme, pronto a ricevere il colpo. Il suo corpo appare ancora più magro e debilitato. Stefano fissa il suo amico, ma gli occhi iniettati di rabbia ora sono scomparsi. Trattiene a stento le lacrime. Anche Alberto è sull’orlo del pianto, trema.

I due si abbracciano. Si stringono con forza.

 

ALBERTO

La sceneggiatura che stai scrivendo… parla di noi tre, non è così?

 

STEFANO

Lo capirai quando vedrai il film.

(facendo finta di darsi delle arie)

Sappi che ti inviterò all’anteprima per la stampa.

Ma immagino tu abbia già letto tutto di nascosto…

 

I due si lasciano andare a una debole risata liberatoria.

 

 

INT, APPARTAMENTO STEFANO

(continuiamo a  sentire la musica)

Stefano rientra in casa dal lavoro. Si strofina le mani congelate.

Si guarda intorno, sorpreso dall’ordine dell’appartamento.

 

STEFANO

Alberto?

 

Di colpo nota la tavola di legno in fondo alla stanza. Ci sono dipinti due alberi, dai colori intensi e vivi. I loro tronchi sono vicini e i rami si intrecciano fra loro in un groviglio inestricabile.

Stefano nota un bigliettino vicino al dipinto. Lo legge.

 

ALBERTO (VFC)

Questi alberi siamo noi due.

Al di là di questo schifo che ci vuole imperfetti.

Torno a Milano a finire quello che avevo iniziato.

 

Stefano sfiora delicatamente il quadro con gli occhi lucidi.

 

STEFANO

(sussurrando)

Buona fortuna.

 

La musica  sfuma.

 

 

INT, MULTISALA – SERA

Il grande atrio del multisala è gremito di persone. C’è grande fermento, sentiamo un forte brusio di sottofondo e i flash che scattano. Alcune guardie del corpo cercano di farsi strada tra la folla,  e fanno passare un uomo dietro di loro. Piuttosto anziano e vagamente infastidito dalla confusione. Un cappello e una sciarpa attorno al collo.

 

 

Cammina con passo pesante e flemmatico. La mdp si alza e raggiunge la cima delle scale da cui Stefano e un suo collega stanno vedendo la scena.

 

COLLEGA

Cazzo, ti saresti mai immaginato di vedere Saverio Fucqa dal vivo?

 

STEFANO

E’ venuto perché doveva. Non sopporta i tour promozionali.

 

COLLEGA

(scettico)

Ah sì? Perché ora mi vuoi dire che conosci Saverio Fucqa?

 

STEFANO

No, non lo conosco. Ma ho visto tutti i suoi film e le poche interviste che rilascia. Ti assicuro che non è il tipo a cui piace la mondanità.

(strofinandosi le mani)

E adesso sfruttiamo a  dovere uno dei pochi vantaggi del lavorare in un multisala…

(il collega lo guarda perplesso)

Spariamoci l’anteprima del film senza sganciare un soldo!

 

COLLEGA

Sì, già. Mi raccomando Stefano, il capo ce lo ha ripetuto mille volte: che nessuno faccia domande strane al maestro durante la conferenza stampa. Siamo intesi?

 

STEFANO

Signor sì!

 

Stacco.

 

Siamo all’interno di una grande sala cinematografica. Hanno appena finito di proiettare il film e le luci si stanno riaccendendo. Sul palco salgono degli uomini che sistemano un tavolo con dei microfoni.

Saverio Fucqa, con la sua solita camminata stanca, si siede e si sistema il microfono.

Vediamo la scena da lontano, dal fondo della sala , dove, appoggiati al muro, se ne stanno alcuni dipendenti del multisala tra cui Stefano.

 

STEFANO

(bisbigliando)

Questo film è una cagata.

 

Un uomo in piedi vicino Saverio, cerca di imporre il silenzio ai giornalisti seduti alle prime file.

 

UOMO

Bene, possiamo iniziare con le domande.

 

Saverio Fucqa sembra destarsi dal suo torpore e la sua attenzione viene catturata da qualcosa in fondo alla sala.

 

UOMO

Prego, maestro.

 

SAVERIO FUCQA

(indicando Stefano, che se ne sta con la mano alzata)

Quel ragazzo là in fondo, con la maglietta blu.

 

Tutta la platea si volta verso Stefano. I colleghi, al suo fianco, lo guardano terrorizzati. Cala un silenzio tombale.

 

STEFANO

(deglutendo e schiarendosi la voce)

Ho amato tutti i suoi film, e Vite sulla riviera è stato uno dei miei punti di riferimento.

(dopo una piccola pausa)

Volevo solo dirle che questo, invece, mi pare un’offesa a chi l’ha seguita fino a qui e ha riguardato i suoi film decine di volte. E’ vuoto. Non c’è niente dentro che valga la pena di essere raccontato. E… e… be’ devo tornare al mio lavoro.

 

Nella sala esplode un assordante brusio. Saverio non ha il tempo di rispondere, che Stefano si è già dileguato ed è uscito dalla sala.

Stacco.

 

Siamo all’esterno del multisala. Davanti all’entrata c’è una ressa di giornalisti e curiosi. A trattenere la folla ci pensano i dipendenti del cinema, tra cui Stefano.

La porta scorrevole si apre e ne esce Saverio Fucqa preceduto dagli uomini della security che gli fanno strada.

Il regista, passando davanti  Stefano, lo riconosce e gli si avvicina.

 

SAVERIO FUCQA

(Stefano lo guarda vagamente intimidito)

E’ vero. E’ il mio film più brutto. Ci sono delle regole, ragazzo, e a volte non te ne puoi scampare nemmeno con due Oscar alle spalle. C’è qualcosa per cui posso aiutarti?

 

STEFANO

Le-leggere la mia sceneggiatura. L’ho inviata a tutti e anche alla sua casa di produzione ma non ho ricevuto risposta.

 

SAVERIO FUCQA

Terribili mondi, le case di produzione.

 

Saverio tira fuori dalla giacca un biglietto da visita stropicciato e sgualcito. Lo dà a Stefano.

 

SAVERIO FUCQA

Questo è il mio indirizzo di casa. Così non rischi che la tua sceneggiatura si perda nelle maglie di redazioni e addetti incompetenti.

 

Stefano, ancora incredulo, intasca il biglietto.

Gli uomini della security sollecitano Saverio a proseguire e la folla che lo segue, si allontana con lui.

Stefano, ormai lontano dalla confusione, fissa, con sguardo inebetito, Saverio Fucqa mentre sale in macchina.

 

 

EST/INT, CASA SAVERIO – GIORNO

La mdp riprende un grande casolare immerso nella campagna, tra campi di grano e uliveti.

Un’auto attraversa il viale alberato che porta alla casa.

Stacco.

 

Siamo all’interno di uno studio, arredato con mobili in legno massiccio e  dall’aspetto antico. Gli scaffali sono colmi di libri di ogni dimensione e in un angolo se ne stanno due Oscar impolverati. Intuiamo essere la casa di Saverio Fucqa.

Il regista se ne sta seduto dietro una grande scrivania. Dall’altra parte c’è Stefano, che lo ascolta con trepidante attenzione.

Saverio parla sfogliando la sceneggiatura.

 

SAVERIO

Questa tua sceneggiatura, Stefano, è del tutto imperfetta. Ho più di qualche idea sul perché nessuno ti abbia risposto. Però è anche maledettamente fresca e ha questo sottofondo continuo di sincerità. Se sei d’accordo, ci possiamo lavorare.

 

Stefano balza sulla sedia. Si alza in piedi e stringe fortemente la mano di Saverio.

 

STEFANO

Grazie! Grazie davvero!

 

SAVERIO

Lavorare alla sceneggiatura sarà un percorso lungo e impegnativo. Potresti trasferirti qua per un po’. Non c’è mai un cane di nessuno e ci si annoia da morire.

 

Saverio si lascia andare a una risata lunga e rallentata, interrotta bruscamente da violenti colpi di tosse.

 

STEFANO

Ne… ne sarei onorato, maestro!

 

SAVERIO

E smettila di chiamarmi in quel modo! Mi fai sentire ancora più vecchio!

 

 

EST, CASA SAVERIO – GIORNO

La mdp riprende il grande casolare illuminato dal sole cocente dell’estate che fa risplendere i rigogliosi campi di grano attorno alla tenuta.

La mdp si avvicina al portico. Saverio e Stefano sono seduti all’aperto, a fianco di un piccolo tavolino traballante di legno sopra cui ci sono due boccali di birra e un mucchio di fogli. Saverio indossa una lunga tunica bianca; la barba è di molti giorni e l’aspetto è stanco e trasandato. I due fissano la collina davanti a loro, il grande campo di grano accarezzato dalla lieve brezza del vento estivo.

Stefano sorseggia la birra. Un piccolo televisore malandato è collegato con dei cavi all’interno del casolare e trasmette, seppur in bianco e nero, le immagini del telegiornale.

 

STEFANO

(indicando il televisore)

Parlano di Poche luci in cielo aperto. Il tuo unico film che ho liquidato in due battute. Cazzo Saverio, dicono che è stato il più grande incasso della stagione!

 

SAVERIO

(insofferente)

Quel film fa schifo, punto. Se porti tanta gente al cinema diventi perfetto e intoccabile a prescindere da quello che hai proiettato sullo schermo. Viviamo in un Paese malato, Stefano.

 

STEFANO

Lo so bene, ma che si può fare. Cioè, quali alternative ho?

 

SAVERIO

Devi startene in disparte da questo tutto delirante. Credere nell’invisibile, nell’erba, nella poesia…

 

STEFANO

Starmene in disparte…  . No Saverio, non puoi startene fuori da tutto e guardarlo da qualche spioncino dorato. Bisogna mettere le mani nel fango per conoscere la sua consistenza e poi raccontarlo. Bisogna starci, con le persone.

 

SAVERIO

(sospirando)

Sarà come dici tu. Io adesso mi faccio un riposino, poi ci rimettiamo a lavoro.

 

STEFANO

(alzandosi dalla sedia)

No, prima prendi le medicine. Poi fai il riposino.

 

SAVERIO

Sei proprio un gran rompiballe Stefano.

 

STEFANO

(sorridendo)

Vado a prenderti le medicine.

 

 

EST/INT, CASA SAVERIO – GIORNO

Il casolare si staglia in cima alla collina, mentre sullo sfondo incombono nubi scure e minacciose.

Una Bentley nera percorre il viale alberato e si ferma davanti l’entra. Ne scende un uomo in giacca e cravatta con dei vistosi occhiali da sole.

 

 

Stacco.

 

Siamo nello studio di Saverio.

 

SAVERIO

(rivolgendosi a Stefano)

Lui è Gualtiero Brighi, il nostro produttore. Ovvero colui da cui dipende l’effettiva realizzazione del film.

 

GUALTIERO

(sorridente, stringendo la mano a Stefano)

Il famoso nuovo talento. Bene, bene, bene.

 

Gualtiero e Stefano si siedono su delle poltroncine, davanti alla grande scrivania di Saverio.

 

GUALTIERO

(gesticolando in maniera eccessiva, e con grande entusiasmo)

Andiamo subito al sodo. La vostra sceneggiatura è una grande sceneggiatura!

Ho parlato con quelli della Polipo e si può fare. Hanno già diversi partner interessati.

 

Stefano si illumina in viso, non riesce a contenere la soddisfazione.

 

GUALTIERO

C’è solo una piccola questione.

(Stefano torna bruscamente in sé)

Ambientarlo in una città universitaria come Padova è una buona idea, ma quelli della Polipo pensano che con qualche modifica alla sceneggiatura si potrebbe spostare tutto in qualche posto di maggior richiamo. Come la Grecia, che ne so… Mykonos.

 

Stefano riamane senza parole.

 

SAVERIO

Gualtiero, come credi. Ma non facciamo stronzate come l’altra volta.

(girandosi verso Stefano)

Funziona così. Ci vogliono compromessi altrimenti va a finire che non ti fanno fare il film.

 

GUALTIERO

(guardando Stefano, che è sempre più teso e  sembra sull’orlo di scoppiare)

Quelli vogliono che gli garantisci un ritorno. Altrimenti ci tocca fare tutto con la società di Saverio, e con i pochi fondi che ha a disposizione, ciò significa essere tagliati fuori fin da subito.

 

STEFANO

(visibilmente contrariato)

Mi dica la verità. Ha letto tutta la sceneggiatura  o si è limitato solo alle prime 30 pagine? Perché dovrebbe sapere che il film non può essere assolutamente ambientato in Grecia. Oltretutto in una meta vacanziera e commerciale come Mykonos! Non possiamo girare un film del genere in un posto da cartolina. Una realtà così distaccata dalla realtà sa di fregatura!

(voltandosi verso Saverio)

Saverio, io credevo nei tuoi film perché erano film necessari. Ci credevo perché ne facevi uno ogni migliaia di anni e si sentiva che c’era dentro tutta la rabbia che portavi addosso e che non li avresti nemmeno girati se non fossero stati esattamente così! Facciamo qualcosa che serva a qualcuno! Proviamoci almeno!

 

SAVERIO

(dopo alcuni colpi di tosse)

E lo vorresti portare avanti lo stesso anche se venisse fuori un completo disastro? Se tutte le belle idee che hai adesso si rivelassero un fallimento e io dovessi tirare le cuoia troppo in fretta?

 

STEFANO

Ci proverei! E tu non tirerai le cuoia così in fretta!

 

Saverio ci pensa su qualche istante, con un respiro pesante e rumoroso, poi sembra arrendersi all’idea.

 

SAVERIO

E va bene. Faremo come dici tu.  D’altronde sarà il mio ultimo film e non mi va di lasciare questo mondo con quella porcata di qualche mese fa.

 

GUALTIERO

(seriamente preoccupato)

State scherzando?! Questa è la strada buona per non fare un bel niente. Per farci mandare a quel paese da quelli della Polipo!

 

SAVERIO

(cercando di riprendere fiato dopo gli ennesimi colpi di tosse)

Maledizione Gualtiero! Abbiamo preso una decisione e si farà così! Vai a Roma, parla con quelli della Polipo e cerca di convincerli. Portami buone notizie!

(alzandosi lentamente dalla sedia)

Ora vado a farmi uno spuntino, che i vostri discorsi mi hanno messo fame.

 

 

INT, SEDE POLIPO – GIORNO

Siamo all’interno di una grande sala, in fondo alla quale, dietro un avveniristico bancone, se ne stanno due segretarie a ricevere le telefonate.

La sala è tappezzata di schermi al plasma che mandano trailer di film a ripetizione.

Stefano e Gualtiero sono seduti su delle poltroncine di pelle. Il ragazzo sembra molto nervoso e batte ripetutamente il piede a terra. Il produttore invece riesce a mascherare la sua agitazione.

 

GUALTIERO

(guardando fisso davanti a sé)

Mi sto suicidando.

 

STEFANO

Ma è un suicidarsi fantastico, Gualtiero!

 

GUALTIERO

Questo è tutto da vedere.

(dopo aver brontolato qualcosa fra sé e sé)

Non pensare di avere in mano chissà quale visione pulita perché hai trent’anni e io quindici in più. Non sono come Fucqa che vede la magia anche nella merda, ma prima di entrare in questa girandola di film mai-sbagliati e mai-problematici volevo fare un altro cinema. Facevo un  altro cinema.

 

STEFANO

(incuriosito)

E…?

 

GUALTIERO

Poi Fucqa è passato di moda. Gli ultimi film sono stati un disastro, ci ha rimesso un mucchio di soldi. Non c’era nessuno che volesse ridargli in mano una macchina da presa.

 

STEFANO

Ma se ne hanno parlato in tutto il mondo!

 

GUALTIERO

Parlato, dici bene. Tutti parlano dei film di Fucqa. La maggior parte di loro senza averli mai visti. E’ per questo che, con Poche luci in cielo aperto, si è dovuto abbassare alle leggi del mercato e fare un film rassicurante e consolatorio.

(sospirando)

Non sarei andato a fare l’impiegato in fabbrica nemmeno se mi avessero legato a una sedia. E se fare qualche film di cassetta voleva dire rientrare nel giro, dovevo mandare tutto a quel paese? Rifiutare quelle poche proposte che mi restavano voleva dire essere tagliato fuori per sempre. E poi ‘fanculo! Non sarà certo qualche film scemo a far crollare il mondo!

 

STEFANO

(annuendo, seppur poco convinto)

Cerchiamo di fare questo, per ora.

 

GUALTIERO

Va’ a farti un giro, Stefano. Tanto non riusciremo a portare a casa niente.

 

 

EST, PIAZZA – GIORNO

Siamo nella piazza Campo dei Fiori. La mdp la riprende dall’alto poi si immerge nel via vai di persone. E’ gremita di gente che sfila tra i venditori ambulanti. La mdp si avvicina a Stefano, che cammina lentamente assorto nei suoi pensieri, nonostante la confusione dei venditori e il brusio di sottofondo.

Improvvisamente vede qualcosa in lontananza; il suo sguardo è rapito. In fondo alla piazza, la facciata di un palazzo è ricoperta da un manifesto gigante che ritrae Chiara Valentini in una posa ammiccante, mentre pubblicizza un completo intimo. Sembra ancora più bella di quando l’abbiamo vista l’ultima volta: i lunghi capelli biondi le incorniciano il corpo dalle forme sensuali ed eleganti.

Stefano rimane a fissare il manifesto, come ipnotizzato dal corpo di Chiara.

 

STEFANO

(sottovoce)

Alla fine ce l’hai fatta…

 

Squilla il cellulare.

Stefano risponde.

 

STEFANO

(in apprensione)

Gualtiero? Cosa hanno detto?

 

Stacco.

 

Stefano e Gualtiero camminano per le strade di Roma. Il produttore tiene un passo spedito e ha l’aria infuriata. Stefano riesce a malapena a tenere il passo.

 

GUALTIERO

‘Fanculo! Vent’anni di carriera mandati a puttane. In nome di quale arte, poi?

 

STEFANO

Sei sicuro che non si possa fere niente? Cazzo, è un film di Fucqa! Possibile che non siano interessati?

 

GUALTIERO

Te l’ho detto Stefano, a loro non frega più un cazzo di Fucqa! Hanno in programma un film sulla Grecia e se non sarà Saverio a darglielo, troveranno qualcun altro!

 

STEFANO

Cazzo, non è possibile… finisce tutto così?!

 

GUALTIERO

Stammi a sentire. Se ci va di lusso riusciamo a salvare qualche sponsor, ma dobbiamo trovare un attore di richiamo. Almeno quello.

 

I due rimangono in silenzio, avanzando spediti per la strada. Stefano è assorto nei suoi pensieri. Nota l’ennesimo cartellone che ritrae Chiara. Roma ne è completamente tappezzata.

Gualtiero nota lo sguardo di Stefano che si posa sul manifesto.

 

GUALTIERO

(riferendosi al cartellone)

Un bel tocco di figliola, eh?

 

STEFANO

Già… come non ce ne sono.

 

GUALTIERO

(sarcastico)

Puoi chiedere a Liberio Carli se te la presta.

 

STEFANO

Che?

 

GUALTIERO

Chiara Valentini se la scopa Liberio Carli, l’attore. Sono mesi che ne parlano tutti i giornali.

 

STEFANO

Liberio Carli? Ma quello ha cinquant’anni! Una come Chiara non può andare a letto con uno così!

 

GUALTIERO

E con chi deve andare a letto, con te?

 

STEFANO

(dopo averci pensato qualche istante)

Devi procurarmi il numero di Chiara Valentini.

 

GUALTIERO

Eh?

 

STEFANO

Siamo vecchi amici. Se riesco a convincerla potrebbe metterci una buona parola con Liberio Carli.

 

 

INT, BAR – SERA

Siamo all’interno di un elegante bar, illuminato da luci soffuse. Ci avviciniamo a un tavolo dove sono seduti Chiara e Stefano.

 

CHIARA

(sorseggiando il caffè)

Non avrei mai immaginato che fossi a tanto così dal fare un film. Sono davvero contenta, Stefano.  Hai trovato la tua strada.

 

STEFANO

(girando il cucchiaino nel caffè)

Già…

 

Tra i due si insinua un silenzio imbarazzante. Si scambiano sorrisi nervosi.

 

STEFANO

E’ da un’eternità che non sento più Alberto. Ho chiamato persino Ljegerbach ma nemmeno lui ha avuto più notizie. Chissà dov’è finito…

 

CHIARA

Da quando mi sono trasferita non l’ho sentito più nemmeno io.

(Chiara dà un’occhiata all’orologio)

Cavolo, si sta facendo tardi. Ho una cena…

 

STEFANO

Certo capisco.

(prendendo un lungo respiro)

Chiara, per il film, avrei bisogno di un favore. Vedi, non siamo in buone acque. Ci mancano i fondi, ma se troviamo un attore di richiamo sicuramente attireremo molti sponsor… e…beh…

 

CHIARA

(sorridendo, sembra aver capito tutto)

Non ti preoccupare Stefano. Ne parlerò con Liberio e credo che accetterà.

 

Stefano è fortemente imbarazzato, ma al tempo stesso colmo di riconoscenza.

 

CHIARA

Ora devo andare.

 

I due si avvicinano per salutarsi; si scambiano i due consueti baci sulla guancia. Rimangono un istante senza dirsi nulla, poi Chiara gli sorride per l’ultima volta e se ne va.

 

 

INT, CASA SAVERIO – SERA

Stefano e Gualtiero entrano in casa. Le luci sono spente e solo un debole bagliore proviene da una stanza in fondo al corridoio. I due parlano animatamente.

 

STEFANO

Se Liberio accetterà e le cose andranno bene, potremo girare gran parte del film qui. Il casolare è molto grande e non ci saranno problemi. Ovviamente alcuni esterni dovremo girarli per forza a Padova.

 

GUALTIERO

E’ una buona idea per ridurre i costi. Ho parlato con alcuni sponsor della possibilità che Liberio partecipi al film e cazzo se erano interessati! Spero tu sia rimasto in buoni rapporti con quella Chiara!

 

Stefano non risponde. Si limita ad annuire, seppur con poca convinzione.

Una donna esce dalla stanza in fondo al corridoio. Dagli indumenti che indossa deduciamo essere un’infermiera.

 

INFERMIERA

Fate silenzio, vi prego. Saverio è piuttosto affaticato.

 

Sentiamo la voce di Saverio provenire dalla sua stanza.

 

SAVERIO VFC

(tossendo)

Per dinci Lidia, non sono ancora morto! Non trattarmi come un vecchio decrepito!

 

Gualtiero e Stefano si scambiano sguardi divertiti.

 

LIDIA

(avvicinandosi ai due e parlando sottovoce)

Non so se sia una buona idea che diriga il film. Comporterebbe troppo stress per un uomo malato.

 

GUALTIERO

Lei è molto premurosa con Saverio e gliene siamo grati. Ma credo che lui abbia bisogno più di tutti di fare questo film.  Sa perché si è così debilitato in questi giorni? Perché la casa era tornata vuota e silenziosa.

(dando una pacca sulle spalle a Stefano)

Perché non c’era più questo rompiballe a riempirgli le giornate con tutte le sue idee e la sua voglia malata di fare un film.

 

Lidia comprende il discorso di Gualtiero.

 

SAVERIO VFC

(urlando dalla sua stanza)

Allora, che state confabulando?! Volete dirmi che hanno detto quegli stronzi della Polipo??

 

Gualtiero e Stefano si dirigono verso la stanza di Saverio trattenendo a stento le risate.

 

Stacco.

 

Siamo all’interno di una camera da letto. Su una scrivania c’è una videocamera e un blocco di fogli scritti in maniera fitta. Stefano è disteso sul letto con le mani incrociate dietro la testa e fissa il soffitto.

Suona il cellulare.

Stefano risponde prontamente.

 

STEFANO

Sì?

 

CHIARA (telefono)

(entusiasta)

Ho la notizia che aspettavi! Liberio ha letto la sceneggiatura e ha detto che gli piace. Parteciperà al film!

 

Stefano scatta in piedi e lancia un urlo liberatorio.

 

STEFANO

(euforico)

Ti adoro Chiara Valentini!! Dio, vorrei abbracciarti da quanto sono felice!

 

Stacco.

 

Chiara è seduta su un letto matrimoniale in una grande camera. Lenzuola di seta e arredamento lussuoso arricchiscono la stanza. C’è un gran silenzio.

Chiara è in jeans e maglietta. Ascolta la gioia straripante di Stefano provenire dalla cornetta. Sorride soddisfatta, ma con un sottile velo di malinconia.

 

STEFANO (telefono)

Vorrei… vorrei baciarti per mille ore!!

 

Chiara

Da farci l’amore signor Stefano Bersani!

 

Stacco.

(si alternano le inquadrature dei due interlocutori)

 

STEFANO

(dopo essersi calmato e aver sfogato la soddisfazione)

E’ strano.

 

CHIARA

Cosa?

 

STEFANO

Che quando ci siamo visti a Roma sembravamo distanti anni luce e ora siamo vicini come al solito.

 

CHAIRA

Già, è strano. Ma meglio così, no?

(alzandosi e guardando dalla grande portafinestra che dà sul giardino immerso nella notte)

Anche se siamo lontani, ti porto sempre con me. Vi porto sempre con me.

 

La mdp si allontana riprendendo la grande villa in cui abita Chiara; le luci sono tutte spente e l’unico bagliore proviene dalla sua camera. La sagoma della ragazza appoggiata alla finestra si fa sempre più piccola, immersa nella mastodontica villa, buia e silenziosa.

 

 

EST/INT, CASA SAVERIO – GIORNO

Sentiamo una musica.

Diverse auto e furgoni percorrono il viale alberato e parcheggiano nel grande cortile del casale. Ne scendono diversi operatori che trasportano in casa le attrezzature per girare il film. C’è un gran via vai di persone  e mezzi. Stefano e Gualtiero dirigono le operazioni indicando la strada agli operai.

 

ALBERTO (VFC)

Non ce la facevo più. Dovevo decongestionarmi da questo schifo di Italia. Ora vivo a Londra, dalle parti di Hackney. Convivo con Giulia; anche lei ha lasciato l’Italia dopo gli studi. Ora lavoro in un pub, ho smesso di dipingere ma mi sono appassionato alla fotografia. Non voglio semplicemente descrivere la realtà, ma raccontare il mondo di fuori da come lo vedo io, dal di dentro. Ecco perché le mie foto sono tutte sgranate e sfocate, sembrano tutto tranne che stralci di realtà.

 

Stacco.

 

Stanno girando una scena in una stanza. Saverio dirige le operazioni e incoraggia due giovani attori. Sono due ragazzi e ascoltano attentamente le parole di Saverio. Stefano ripassa le battute della sceneggiatura con una ragazza, probabilmente un’attrice.

 

Lo vediamo mentre le spiega le parti più importanti, con grande energia e trasporto. Lei annuisce, piena di curiosità e per nulla intimorita. Gli operatori intanto sistemano le luci del set.

 

ALBERTO (VFC)

Come vanno le cose dalle tue parti? Hai combinato qualcosa con la sceneggiatura? Fammi sapere dove sei finito. E’ la seconda lettera che ti scrivo, dato che la prima mi era tornata indietro. Questa l’ho spedita all’indirizzo dei tuoi genitori. Spero ti sia arrivata. Un abbraccio.

 

Stefano e la giovane attrice si sorridono; la ragazza ritorna sul set, con rinnovato entusiasmo. Si mettono tutti in posa, aspettano il via di Saverio, ma lui ha l’aria assente. Fissa il vuoto.

Stefano gli si avvicina. Saverio perde i sensi e si accascia al suolo. Sul set scoppia il caos, tutti si precipitano a soccorrere il regista.

 

Stacco.

 

Siamo in una stanza d’ospedale. Saverio è a letto, intubato e collegato a diversi macchinari. Il volto stanco e pallido. Respira a fatica. Stefano veglia su di lui con apprensione. Saverio si toglie la mascherina.

 

SAVERIO

(con un filo di voce)

Il film è nelle tue mani. Fallo tuo. Ricordati di raccontare una storia… la tua storia. E credi sempre nell’invisibile… nell’erba… nella poesia. Non… non finire come me…

 

Saverio si lascia andare a un sorriso amaro. Stefano gli stringe al mano, non riesce a dire nulla. Soffoca le lacrime.
SAVERIO

Ora lasciami fare il mio riposino… lo sai che mi stanco facilmente.

 

Stefano annuisce con le lacrime agli occhi. Saverio si rimette la mascherina e chiude gli occhi, serenamente e facendo un ultimo lungo respiro.

La musica sfuma.

 

E’ notte. Siamo all’esterno dell’ospedale. Stefano è seduto su un piccolo prato vicino al parcheggio. Alle sue spalle svetta il grande edificio con le finestre illuminate.

La giovane attrice vista nella scena precedente si avvicina al ragazzo e si siede al suo fianco. Stefano si asciuga velocemente le lacrime, cercando di far finta di nulla, ma non può nascondere gli occhi arrossati.

 

STEFANO

Lo sapevamo che non avrebbe completato le riprese. Ci eravamo preparati all’idea…

 

ATTRICE

Già… ma per quanto ti possa preparare all’idea, non puoi evitare quel vuoto che ti scava l’anima.

 

STEFANO

Ho una responsabilità troppo grande. Non ce la posso fare. Non ho mai diretto un film!

 

ATTRICE

Ti dico una cosa e giuro che non me la sto inventando. Una sera, finite le riprese, ho parlato un po’ con Saverio e beh… mi ha detto che era davvero fiero di te. Eri come una spugna, pronto ad assorbire ogni minimo consiglio. Si fidava di te. Sapeva che prima o poi avrebbe lasciato il film nelle tue mani. E non ne era affatto preoccupato.

 

STEFANO

(sorridendo timidamente)

Grazie Elena.

 

I due rimangono in silenzio. Guardano davanti a loro, il parcheggio colmo di auto, illuminate dai grandi lampioni. Stefano fissa un piccolo albero ai bordi della strada.

 

STEFANO

Albero.

 

ELENA

Sei.

 

STEFANO

Sei cosa?

 

ELENA

Albero. E’ fatto di sei lettere.

 

STEFANO

Ci devi trovare un sinonimo.

 

ELENA

Sinonimo… otto lettere!

 

STEFANO

E va bene.

(pensandoci un attimo)

Trebbiatrice.

 

ELENA

Dodici.

 

STEFANO

Ma come diavolo fai? E’ impossibile!

 

ELENA

Non so come faccio. Me le vedo lì, come un disegno.

 

STEFANO

E’ fantastico. Ti dicono le parole e ci vedi dei numeri.

 

ELENA

Non è tanto fantastico. Succede fin da quando sono bambina. Non è il massimo quando ti danno da leggere Alice nel Paese delle Meraviglie e tu ci vedi scritto cinque più tre più cinque piùdieci…

 

STEFANO

(con una smorfia divertita)

Sei proprio strana, lo sai?

 

ELENA

Già, lo so!

 

I due si sorridono a vicenda, vagamente imbarazzati.

 

 

INT, CASA CHIARA – NOTTE

Sentiamo una musica.

Siamo all’interno della camera da letto di Chiara. Un uomo di circa cinquant’anni, probabilmente Liberio Carli, è con lei.

 

 

Le parla gesticolando in maniera esagerata, stringe in mano un bicchiere di scotch. E’ evidentemente ubriaco. Le si avvicina e le palpeggia i seni. Lei lo lascia fare, cercando di nascondere un certo fastidio. I due si distendono sul letto. Liberio si muove sopra di lei, schiacciandola quasi con il suo peso. Chiara abbraccia l’uomo in maniera meccanica e fissa, inespressiva, il soffitto.

 

 

INT/EST, CASA SAVERIO – GIORNO

(continuiamo a sentire la musica)

La troupe sta girando una scena del film all’interno di un piccolo soggiorno. Stefano dirige la scena e , seppur con qualche insicurezza, guida gli attori, tra cui riconosciamo anche LiberioCarli. L’uomo guarda Stefano con aria di sufficienza e sembra mal digerire i consigli del ragazzo. In un angolo della stanza, lontano dalle riprese, se ne sta Chiara, che legge una rivista con sguardo assorto.

Stacco.

 

Siamo nel cortile del casale. La troupe sta sistemando le attrezzature. Alcuni attori pranzano con un panino, altri fumano o bevono un caffè. Chiara e Liberio se ne stanno in disparte, lontano da tutti.  Stefano, poco distante, sorseggia il suo caffè e lancia qualche occhiata alla coppia. Liberio sembra fortemente agitato, urla in faccia a Chiara, che è in evidente difficoltà. Stefano fa qualche passo verso i due per dare una mano alla sua amica, ma appena Chiara lo vede arrivare fa finta che non sia successo nulla. Sfoggia un sorriso di plastica e anche Liberiosi calma magicamente.

La musica sfuma.

 

 

INT, CASA SAVERIO – NOTTE

Stefano cammina lungo un corridoio su cui si affacciano diverse stanze. Vediamo fare avanti e dietro anche degli operatori, che salutano amichevolmente il ragazzo con un cenno del capo. Bussa all’ultima porta in fondo al corridoio.

 

STEFANO

Sono Stefano… posso entrare?

 

CHIARA (dall’interno)

Entra pure.

 

Stefano entra. Chiara si sta truccando davanti a un piccolo specchietto portatile. Si volta verso l’amico e gli sorride.

 

CHAIRA

(in tono ironico)

Bisogna sempre essere al top della forma per il proprio uomo. Anche quando è fuori. Non sai mai a che ora potrebbe rientrare.

(Stefano abbozza un sorriso)

Grazie per averci ospitato.

 

STEFANO

E’ l’unico modo per ottimizzare i costi. Troupe e attori tutti sotto lo stesso tetto.

 

CHIARA

(con un velo di tristezza)

Già… dieci anni fa, una situazione del genere, avrebbe dato vita a una notte che avremmo ricordato per secoli!

Ripenso tantissimo a quando eravamo tutti e tre in quell’appartamento.

 

STEFANO

Già, un milione di anni fa.

 

CHIARA

Adesso mi guardo e ti guardo e sembriamo così diversi. E non ha niente a che fare con l’invecchiare o stronzate del genere.

 

STEFANO

E’ una vita che cerchiamo. E non è mai contento fino in fondo chi cerca sempre qualcosa.

 

CHIARA

Già.

(dopo averci pensato un istante)

Stai un po’ con me?

 

Chiara si siede sul letto appoggiandosi ai cuscini e fa segno a Stefano di avvicinarsi. Lui le si siede accanto. L’abbraccia da dietro e rimangono in silenzio.

Sentiamo una musica.

 

CHIARA

(guardando la finestra, senza voltarsi verso Stefano)

Se ti stai chiedendo come faccio a sopportare uno come Liberio, sappi che la risposta è quella che pensi e che non hai il coraggio di dire perché sarebbe “sconveniente” nei confronti di una donna. E’ un uomo burbero, pieno di sé, a volta volgare, ma mi ha sempre rispettato. Quindi penso che qualche sacrificio sia necessario se voglio sperare di andare oltre la semplice campagna pubblicitaria. E poi ho il terrore di voltarmi indietro e scoprire che in tutti questi anni ho cercato le cose sbagliate. Vado avanti per la mia strada e mi sta bene così.

 

Stefano le accarezza i capelli. Chiara si volta verso di lui e  i due si guardano intensamente. Si scambiano un bacio a stampo pieno di malinconia.

Sentiamo il rombo di un auto provenire da fuori.

I due si alzano e Chiara va alla finestra.

 

STEFANO

E’ Liberio?

 

CHIARA

(guardando l’auto parcheggiare malamente)

Non… non è l’auto di Liberio…

 

Stacco.

 

Stefano attraversa velocemente il corridoio, seguito da Chiara. Escono in cortile. Dall’auto vediamo scendere Alberto assieme a una ragazza.

Chiara e Stefano non credono ai loro occhi, ma i loro volti si illuminano di una gioia incontenibile.

Alberto va loro incontro e senza dirsi nulla, i tre amici si abbracciano stringendosi forte l’uno all’altro.

 

STEFANO

Allora ti è arrivata la mia risposta!

 

ALBERTO

(scapigliandolo)

Sì Stefanaccio, mi è arrivata!

 

La mdp stringe su Alberto.

 

 

E’ vestito in maniera trasandata, indossa una giacca sgualcita e un paio di jeans strappati che finiscono sotto le scarpe. Anche la ragazza indossa abiti simili. Lui è visibilmente dimagrito rispetto all’ultima volta. Il volto è scavato e riempito solo da una folta barba.

Stefano nota solo ora l’aspetto trascurato di Alberto, ma cerca di nascondere la preoccupazione.

 

ALBERTO

(indicando la ragazza al suo fianco)

Questa è Giulia. La mia fidanzata.

 

STEFANO

Chiara, hai sentito anche tu quello che ho sentito io?

 

CHIARA

(divertita)

Direi di sì e… beh, devo ancora riprendermi!

 

STEFANO

Alberto Lari, è la prima volta che ti sento pronunciare la parola “fidanzata”! Non eri tu quello che odiava le definizioni e le strade obbligate?

 

ALBERTO

(stringendo Giulia a sé)

Sì, ero io. Ma sai che sono uno che svolta facilmente!

 

Stacco.

 

Stefano, Chiara Alberto e Giulia sono in un piccolo salotto. Tutti seduti a terra davanti a qualche bicchiere di birra. Chiacchierano tra loro, ridono a vicenda, si scambiano pacche sulle spalle e occhiate complici. Con un morphing  rivediamo il vecchio appartamento universitario. Seduti sul pavimento ci sono gli Alberto, Stefano e Chiara di dieci anni fa. Giovani, pieni di entusiasmo, inconsapevolmente ammiccanti, sereni.

La musica sfuma.

Stacco.

 

Siamo nel cortile del casale. E’ notte fonda. I pochi lampioncini che illuminano lo spiazzale sono avvolta da uno sciame di zanzare che gli ronzano attorno.

In sottofondo l’assordante frinire dei grilli.

Stefano e Alberto sono seduti sotto al portico. Fumano una sigaretta e guardano le colline davanti a loro, immerse nella notte.

 

STEFANO

Ho provato a chiamarti un sacco di volte, ma non eri mai raggiungibile.

 

ALBERTO

Quel cellulare aveva bisogno di un bagno. Così una sera è finito nella vasca. Molte delle cose che ci stanno intorno hanno bisogno di un bagno.

(mettendosi a ridere)

Io ho bisogno di un bagno!

 

STEFANO

Già, avresti bisogno di un gran bagno. Hai un odore da schifo e fosse solo quello.

 

ALBERTO

(tornando serio)

Sì, è vero non sto molto bene. Quando stai dentro a merde più grandi di te bisogna calcolare la dimensione per rimettersi del tutto in carreggiata. Ma adesso sto meglio, ti giuro. Mi sto rimettendo in carreggiata.

 

Stefano lo guarda con evidente preoccupazione, ma non dice nulla.

 

ALBERTO

Così lunedì iniziate l’ultima settimana di riprese…

 

STEFANO

Già. Gli ultimi sette giorni di delirio. Dopodiché ciò che è fatto è fatto.

 

ALBERTO

Io e Giulia ripartiamo domani.

 

STEFANO

Così presto?!

 

ALBERTO

Lei deve tornare a Londra per il lavoro. E poi, con tutto quello che hai da fare, ti sarei solo di intralcio.

(appoggiandogli amichevolmente una mano sulla spalla)

Però promettimi che quando avrai finito il film mi verrai a trovare. Voglio sapere tutto.

 

Stefano annuisce sorridendo e appoggia la sua mano sopra quella di Alberto.

 

Stacco.

 

Siamo nella cucina del casale. C’è un gran silenzio. Le stanze sono tutte avvolte dal buio. L’unica luce proviene dal piccolo lampadario sopra il tavolo da pranzo. Stefano apre il frigorifero e beve del latte dalla confezione. E’ assorto nei suoi pensieri, non si accorge che alle sue spalle è sopraggiunta Elena, scapigliata e con addosso un buffo pigiama colorato.

 

ELENA

Non riesci a dormire?

 

STEFANO

(colto di sorpresa, si volta di scatto)

Cristo Elena, mi hai fatto prendere un colpo.

(Elena, lievemente divertita, sfila la confezione di latte dalle mani di Stefano e ne beve un sorso)

Comunque sì, diciamo che non ho proprio voglia di andare a dormire. Troppi pensieri…

 

Sentiamo una musica.

 

ELENA

E’ colpa del film o… dei vecchi amici?

 

STEFANO

Da quando se n’è andato a Milano, gli incontri con Alberto sono stati sempre così. C’è una voglia tremenda di raccontarsi come arrancano le nostre vite, le gioie, le delusioni. Ma poi finiamo sempre per non dirci quasi nulla. Con la fastidiosa sensazione che avremmo dovuto parlare molto di più. E ora… ora ho questa tremenda paura che non ci saranno altre occasioni…

 

Elena comprende perfettamente ciò che dice Stefano. Gli si avvicina e gli sfiora i capelli, guardandolo con trasporto.

 

ELENA

Quando ci si conosce così bene non c’è bisogno di dirsi tante cose. I vecchi amici ci ricordano una parte di noi, che magari avevamo dimenticato o tenevamo sotto chiave. E’ confortante ritrovarli, ma poi si deve sempre tornare alla realtà e tu… tu devi finire questo dannato film.

 

Il volto di Elena è a pochi centimetri da quello di Stefano. Le loro labbra si sfiorano. Elena chiude gli occhi e lo bacia. Stefano la stringe a sé, accarezzandoli i capelli.

 

 

EST/INT, CASA SEVERIO – GIORNO

(la musica continua)

Stefano, Chiara e Alberto sono in cortile. Si salutano stringendosi in un forte e sentito abbraccio. Nessuno di loro dice nulla. Alberto e Giulia salgono in macchina. L’auto si mette in moto e si allontana lungo il viale alberato.

Stacco.

 

Stefano, seguito da Gualtiero, dirige le ultime scene del film. Tutta la troupe è nella sala da pranzo. Gli attori, tra cui Liberio, recitano intorno al tavolo. Chiara osserva le riprese, lanciando sguardi ammirati a Stefano. Sembra soddisfatta e orgogliosa del film.

Stacco.

 

Stefano e Chiara sono in cortile. Si salutano stringendosi in un lungo abbraccio. Lei è commossa, lui trattiene le lacrime. Liberio saluta Stefano con una stretta di mano, poi cinge la vita di Chiara e la invita a salire in macchina.

Stacco.

 

Stefano e Gualtiero sono nel grande cortile. Gli operatori stanno caricando le attrezzature sui furgoni. Gualtiero infila delle valigie nel bagagliaio di un auto. Stefano osserva, emozionato ma fiero, il grande casolare mentre si svuota di persone e mezzi. Gualtiero lo incoraggia con un’amichevole pacca sulle spalle.

La musica sfuma.

 

 

INT, APPARTAMENTO STEFANO – GIORNO

La mdp riprende un piccolo appartamento, dai colori vivaci e dall’arredamento umile ma moderno. Stefano entra in casa richiudendo la porta. Ha i capelli più lunghi e indossa degli occhiali da vista.

Va in cucina. Sopra il tavolo c’è un piatto coperto con della stagnola e un bigliettino. Stefano lo legge e gli scappa una risata. Prende il piatto e lo infila nel microonde.

Squilla il cellulare.

Stefano fruga nelle tasche e lo estrae. Risponde.

 

STEFANO

Pronto?

 

Dall’altra parte sentiamo delle parole incomprensibili, sovrastate da rumori. E’ la voce di una ragazza che sta piangendo e riesce a malapena ad articolare le parole.

 

STEFANO

Chi è…?

 

VOCE RAGAZZA TELEFONO

(singhiozzando)

Alberto… Alberto sta male. E’ in ospedale.

 

STEFANO

(agitato)

Giulia?! Sei tu?

 

GIULIA

Si è infilato in vena una poltiglia di pastiglie per l’ansia. Ti prego Stefano, è importante che tu sia qua.

 

Sul volto di Stefano si disegna l’angoscia.

 

 

INT, OSPEDALE – GIORNO

Sentiamo una musica.

In soggettiva attraversiamo il corridoio di un ospedale.

Entriamo in una camera. Alberto è disteso sul letto, collegato alle flebo. Ci vede. Alza la testa con fatica e ci saluta con un sorriso sincero. Il suo volto è pallido ed emaciato. Due occhiaie scure gli circondano gli occhi. La pelle disidratata. Il viso scavato e spigoloso.

Ora la mdp inquadra anche Stefano.

 

STEFANO

(sedendosi vicino ad Alberto)

Il mio amico gran coglione!

 

ALBERTO

Senti, è stato uno sbaglio. Ho preso una roba per un’altra. Questi medici riescono a farmi smettere. Me l’hanno promesso.

(guardando meglio Stefano)

E poi senti chi parla! Sei ingrassato e quegli occhiali ti fanno sembrare un cinquantenne!

 

I due si lasciano andare a una risata liberatoria.

 

ALBERTO

Ti avevo detto di farti sentire una volta finito il film. Perché non ti sei fatto vivo?

 

STEFANO

Beh, ecco… le cose non sono andate come speravamo. Dopo aver finito il montaggio, Gualtiero ha organizzato una proiezione per la stampa, ma il film non ha fatto una buona impressione. Dicevano che era troppo frammentario, che non c’era la storia. Abbiamo anche dovuto vendere il casolare di Saverio per fare fronte alle spese. Gualtiero si è fatto in quattro per trovare un distributore, ma non c’è stato nulla da fare. Troppo poco commerciale. E’ dalla fine dell’estate che ho perso i contatti con lui. Ma non lo biasimo. Ce l’ha messa tutta.

 

ALBERTO

Mi dispiace. E ora cosa fai?

 

STEFANO

Beh ora sono tornato a Padova. Vivo con Elena. Una donna davvero speciale.

 

ALBERTO

(alludendo a ben altro)

Già, ricordo che me la presentasti quando ero venuto a trovarti. Concordo, una gran bella…

 

STEFANO

Alberto Lari, contegno! Anche se stai per tiare le cuoia posso ancora prenderti a pugni!

 

I due scoppiano a ridere.

 

STEFANO

Lavoro in un negozio di musica. Almeno posso ascoltare qualche bel disco a scrocco!

 

ALBERTO

Accasato, con un lavoro rassicurante. A letto sempre prima di mezzanotte… che vita eccitante!

(dopo una piccola pausa)

Pazzo, pazzo, pazzo! Un giorno tutta questa immobilità ti andrà a genio. Rimettiti in marcia prima che sia troppo tardi! Piuttosto che fermarsi meglio essere morti.

 

STEFANO

(sorridendo)

Sei sempre il solito.

 

Stacco.

 

Una serie di sequenze che si dissolvono l’una nell’altra:

Stefano e Alberto che chiacchierano serenamente fra loro,

Alberto che guarda inorridito il cibo dell’ospedale e Stefano che gli passa di nascosto un hamburger,

Alberto che cerca di accendersi una sigaretta e Stefano che lo prende scherzosamente a pugni,

Alberto che dorme, esausto e Stefano che se ne sta raggomitolato su una poltrona, vicino al letto.

La musica sfuma.

 

Stacco.

 

Dalla finestra filtra la luce del mattino. Stefano si infila la giacca, cercando di non far rumore.

 

ALBERTO

Te ne vai?

 

STEFANO

Credevo che stessi dormendo. No, vado solo a fumarmi una sigaretta. Lo sai gli ospedali mi mettono agitazione.

 

ALBERTO

Non devi vegliare un morto. Io mi sto riprendendo e ti assicuro che non ci casco più in quella merda.

 

Alberto si mette a sedere con fatica e prende dal comodino una scatola di cartone.

 

ALBERTO

(aprendo la scatola)

Me la sono fatta portare da Giulia.

 

STEFANO

Cosa c’è?

 

Alberto estrae dalla scatola un mucchio di foto. Ritraggono i due amici al tempo dell’università, nel loro appartamento, spesso insieme a Chiara.

 

STEFANO

Credevo non le avessi mai sviluppate. Ma quante cavolo ne hai fatte? Sono un’infinità!

 

ALBERTO

(sorridendo)

Molte più di quante credi.

 

Stefano prende una foto che ritrae lui e Alberto in mutande mentre fanno una linguaccia verso l’obiettivo stringendo due bottiglie di birra.

 

STEFANO

(ridendo)

Qui eravamo ubriachi fradici!

 

ALBERTO

Ci sto lavorando al computer. Ne modifico la luce, le sgrano, le distorco. Te l’ho detto, è la mia nuova passione.

(porgendo la scatola a Stefano)

Queste le puoi tenere. Le ho sviluppate per te.

 

STEFANO

No tienile tu. Verrò a prenderle la prossima volta che ci incontriamo, quando sarai fuori dall’ospedale.

 

I due amici si stringono in un abbraccio insolitamente lungo e sentito.

 

STEFANO

Ricordati di svoltare, Alberto. Ne hai davvero bisogno. Lo hai fatto tante volte nella vita. Fallo ancora!

 

ALBERTO

(annuendo)

Lo farò.

 

 

INT, NEGOZIO – GIORNO

Siamo all’interno di un negozio di dischi. Stefano è dietro il bancone e sta sistemando dei quarantacinque giri su di uno scaffale.

 

VOCE UOMO (VFC)

Finalmente ti ho trovato, fantacazzone!

 

Stefano si volta di scatto. Oltre il bancone c’è Gualtiero che lo guarda sorridendo. Il ragazzo, colto di sorpresa, fa cadere a terra tutti i dischi.

 

STEFANO

Cristo, Gualtiero! Che… che ci fai qui?

 

GUALTIERO

(guardandosi attorno)

Un bel negozietto di dischi. Gran vita…

 

STEFANO

Non è il mio. Sono solo un dipendente.

 

GUALTIERO

Bando alle ciance, Stefano. Infilati nella prima chiesa e accendi una cero alla Madonna e a tutti i santi. Il nostro stracavolo di film va al cinema!

 

Stefano sgrana gli occhi, non crede alle sue orecchie.

 

STEFANO

(allibito)

Che… che hai detto? Non può essere…

 

GUALTIERO

Credevi che avessi gettato la spugna? Naaa… non è da me! Ho lasciato il mondo delle superproduzioni e ho aperto una casa di distribuzione indipendente. Non aspettarti grandi numeri. E’ una grazia se riusciamo a mandare in giro dieci copie di ogni film, ma è comunque un inizio.

 

Stefano sembra realizzare solo ora. Salta sopra il bancone e abbraccia Gualtiero con tale irruenza da farlo quasi cadere.

 

STEFANO

Non ci speravo più, cazzo! Sei un grande!

 

GUALTIERO

E’ questo il tuo guaio, Stefano. Smetti di sperare troppo presto. Ora molla qualsiasi cosa tu stia facendo e vieni subito a Roma. C’è da mettere in piedi una bella baracca.

 

 

INT, CINEMA – NOTTE

Siamo all’interno di un piccolo cinema. La sala, con qualche centinaio di posti, è gremita di persone. C’è un gran vociare. Notiamo che le perone sedute alle prime file estraggono dei block notes e dei registratori. Sono quindi dei giornalisti.

Notiamo anche che ci sono due posti vuoti in prima fila. La mdp si infila dietro le quinte.

Stefano cerca di scaricare la tensione camminando avanti e indietro in modo ossessivo. Elena lo fissa, anche lei lievemente in ansia. Gualtiero sbircia attraverso le tende.

 

ELENA

(rivolgendosi a Stefano)

Cerca di calmarti, agitarsi non serve a niente.

 

Stefano sembra non aver sentito. Cammina con lo sguardo fisso a terra.

Gualtiero lo afferra per le spalle e lo blocca bruscamente.

 

GUALTIERO

Ora fai un bel respiro, ti prendi un bicchiere d’acqua e vai sul palco a rispondere a qualche stupida domanda. Fidati non è morto mai nessuno. Ho visto registi molto più giovani di te parlare davanti a una folla di giornalisti senza neanche rendersene conto.

 

STEFANO

(allucinato, come in trance)

Giornalisti… domande… folla…

 

Stefano inizia a sudare. Respira con affanno. Cerca di allargarsi il colletto della camicia.

 

ELENA

Stefano… che hai?

 

Stefano si libera dalla presa di Gualtiero e fugge verso l’uscita di sicurezza.

 

GUALTIERO

(urlando)

Stefano, no!

 

 

EST, CINEMA – NOTTE

Sentiamo una canzone.

Siamo in un piccolo vicolo laterale, fuori dal cinema. Stefano se ne sta appoggiato al muro. Fissa , con sguardo preoccupato e insicuro, il cielo.

Dalla porta di sicurezza vediamo uscire Gualtiero che, mani in tasca, si sistema vicino a Stefano e fissare il cielo notturno.

 

STEFANO

Non sono venuti.

 

GUALTIERO

Chi?

 

STEFANO

Alberto e Chiara. Avevo riservato due posti per loro.

 

GUALTIERO

Ognuno ha la propria vita, Stefano. Devi capire che…

 

STEFANO

(interrompendolo)

Non ho avuto più notizie di Alberto, dopo che sono andato a trovarlo in ospedale. Ho provato a contattarlo per telefono, gli ho spedito delle lettere, ma non mi ha mai risposto.

(una lacrima gli solca il viso)

Mi tornano sempre in mente quei cinque anni di università, quando ogni cosa era così indefinita e tutte le possibilità ci sembravano a portata di mano.

(asciugandosi velocemente le lacrime)

In tutto questo tempo ho cercato di vedere se da qualche cartellone spuntava la faccia di Chiara, ma non l’ho più vista. Ho comprato anche i settimanali di gossip, ma non c’era più traccia né di lei né di Liberio Carli. Scomparsi.

 

GUALTIERO

(con tono severo)

Stefano, queste sono solo scuse. Chiara e Alberto probabilmente stanno vivendo serenamente la loro vita. Tu invece ti trascini ancora in questo cazzo di limbo. Devi svoltare una volta per tutte, proprio come faceva quello schizzato di Alberto.

(Stefano lo ascolta con attenzione, stringe i pugni e si fa forza)

Non ci saranno altre possibilità. Questa è la tua ultima occasione. Entra in quella cazzo di sala e dai il tuo film in pasto a quei giornalisti! Ci sono occasioni che se perse ti portano a scavarti una fossa da vivo!

 

Stefano sembra acquisire sicurezza. Dà un’ultima occhiata al cielo, come se salutasse qualcuno, poi prende un lungo respiro e rientra nel cinema attraverso la porta di sicurezza.

La mdp lo segue da dietro: lo vediamo percorrere un piccolo corridoio, salire degli scricchiolanti scalini in legno e scostare le tende pesanti e scure. Davanti a lui c’è la folla di giornalisti in prima fila. Alcuni scattano dei flash. Stefano esita per un istante, ma poi percorre il palcoscenico e si piazza di fronte al microfono.

C’è una gran confusione.

Primo piano degli occhi di Stefano. Non hanno più paura.

Schermo nero.

 

 

Compare una scritta.

 

Dedicato a tutti quelli che hanno puntato la loro strada, dritta in faccia.

E hanno svoltato.

 

 

 

LONTANO DA OGNI COSA

 

 

diretto da

Luca Guadagnino

 

 

 

tratto dal romanzo

“Lontano da ogni cosa”

di Mattia Signorini

 

 

 

con

Flavio Parenti …………………..………….…… Alberto Lari

Lorenzo Balducci …………………………… Stefano Bersani

Carolina Crescentini ……………..…………. Chiara Valentini

Isabella Ragonese …………………………….….. Elena Fiori

Paolo Graziosi …………………………….….. Saverio Fucqa

Andrea Renzi …………………………….… Gualtiero Brighi

Ana Caterina Morariu …………….………………….. Marta

Raffaella Lebboroni ………………………… Madre Stefano

Gigio Alberti …………………………………… Liberio Carli

Alberto Gimignani ……………………………. Padre Stefano

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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