Recensione in anteprima – Il viaggio di Fatah e della sua mucca dall’Algeria a Parigi è una giocosa avventura volutamente superficiale nei toni ma densa di coinvolgimenti profondi e attuali. Altra commedia francese che coglie nel segno col sorriso. Al cinema dal 23 marzo.

Fatah è un contadino che vive con la moglie e due figlie in un piccolo villaggio dell’Algeria. La sua passione è l’unica mucca che ha: Jacqueline. Da anni chiede di poter concorrere con lei al Salone dell’Agricoltura di Parigi e finalmente la sua costanza viene premiata: riceve l’invito. Messi insieme, con l’aiuto dei compaesani, i soldi necessari per la traversata e la sussistenza Fatah e Jacqueline partono. L’idea è quella, una volta sbarcati a Marsiglia, di raggiungere Parigi a piedi. Il viaggio ha inizio.

C’era una volta “La vacca e il prigioniero”, film di Verneuil del 1959 con protagonista Fernandel e la sua mucca in un viaggio attraverso la Germania della seconda guerra mondiale. In questo suo secondo lungometraggio Mohamed Hamidi cita il film del 1959 in maniera diretta rifacendo anche vedere in tv una delle scene più famose. Lo stile della commedia francese che fa sorridere prendendo in esame, in sottofondo grandi temi d’attualità.

Il Fatah che, dall’Algeria arriva in Francia è quel semplice immigrato dalle coste africane che molti si affannano ad etichettare frettolosamente. Quel migrante di cui molti han paura e che vuole solo, a modo suo e senza far del male, inseguire il proprio sogno.

Nell’attraversare la Francia, la nota politica c’è, è evidente ma si viene catturati dalla vicenda personale di Fatah e dalle sue peripezie per arrivare finalmente alla Fiera. E’ un mondo nuovo quello che Fatah si trova ad affrontare e, molto spesso ingenuamente, viene coinvolto in diverse situazioni equivoche a causa della sua semplicità d’animo e della sua non conoscenza delle usanze e dei costumi, ma soprattutto dei problemi della terra che sta solcando in compagnia della sua mucca.

Esiste il lato umano e famigliare della vicenda. Ben incarnato da Fatah stesso ma soprattutto dagli affetti lasciati oltre il mar Mediterraneo, quella moglie gioco forza legata alle tradizioni che tanto ama e da cui è tanto amato pur senza l’espansività tipica degli occidentali in questo genere di argomenti. C’è la Francia accogliente, che, coincide, e questo è un grande messaggio, con la parte più segnata dalla crisi senza badare al ceto sociale.

Una mano non si riesce a negare a Fatah, un aiuto nemmeno. Il crescente entusiasmo attorno a questa vicenda viene ripreso e portato in tv, sulla rete, come fosse un nuovo reality, un nuovo beniamino mediatico del quale innamorarsi, di quell’amore futile e passeggero. Quanto possa essere sincero l’interessamento per il Fatah persona che va oltre la figura nei video non lo possiamo sapere, il film non ce lo dice e non è compito di questo genere di film farlo.

La commedia di Mohamed Hamidi vuole divertire e lo fa con garbo, persino l’inizio gioca scherzosamente con il suo stesso nome quando il postino chiama gli abitanti del piccolo villaggio per la posta e capiamo che molti si chiamano appunto “Mohamed”. Mantenendosi sulla superficie dei problemi ci fa conoscere solo una piccola parte del problema stesso ma è già tempo di proseguire il viaggio. Come nel film di Verneuil, anche qui la mucca ha un nome di donna, non è motivo d’offesa, anzi Fatah ama la sua “vache” molto più dell’amore per un animale, è parte della sua vita da contadino e sognatore. L’ennesima commedia di stampo francese che è piacevole vedere.

Voto: 6,4

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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