Recensione in anteprima – Presentato come film d’apertura al 72esimo Festival di Cannes, il nuovo film di Jim Jarmusch è incentrato sul problema ecologico e sulla cecità dell’umanità riguardo ai problemi del nostro pianeta. Metafora riuscita solo in parte quella degli “zombie”. A mancare non è il messaggio, fin troppo chiaro ma una vicenda che possa destare l’interesse all’interno del problema più grande. Al cinema dal 13 giugno.

Un pianeta di “Morti viventi”

L’abuso spropositato delle risorse del pianeta ha provocato la frattura della calotta polare e lo spostamento dell’asse terrestre, scambiando il giorno con la notte e risvegliando i morti dal riposo eterno. A Centerville, da qualche parte in Ohio, il mondo chiede il conto agli uomini, divorati nei diner, dentro i motel ‘old school’ alla “Psyco”, nei centri di detenzione, nelle fattorie, nelle stazioni di servizio.

A difendere l’ordine e la cittadina ci sono soltanto Cliff Robertson (Bill Murray), capo della polizia di Centerville, Ronnie Peterson (Adam Driver), agente che sembra sapere tutto di zombie e di eradicazione dei morti-viventi, e Mindy Morrison (Cloe Sevigny), poliziotta fifona che vorrebbe tanto fuggire lontano. Attaccati alle loro fissazioni terrene (caffè, Chardonnay, telefonini, chitarre, antidepressivi…) e risoluti a divorare ogni essere vivente, gli zombie dovranno vedersela anche con Zelda Wiston (Tilda Swinton), impresaria di pompe funebri e virtuosa della katana. Spade o fucili, le cose volgono al peggio, a meno di non essere di un altro mondo…

Jim Jarmusch, il regista, crea un crescendo, sempre più chiaro, di convergenza tra coloro che sono Zombie nel film e gli zombie “reali” della vita quotidiana. E’ questa l’estrema sintesi del film: un pianeta pieno di morti viventi, gli umani, che, a gruppi o singolarmente continuano a rincorrere il possedimento delle proprie passioni, averi, ruoli e poteri.

Sono

“Gli affamati di roba”

come vengono chiamati nel film.

La musica e la luce

“The dead don’t die” (I morti non muoiono) prende spunto da una canzone country di Sturgill Simpson più volte citata nel film e vera colonna sonora dello stesso, tanto da essere indicata direttamente da Ronnie con le parole

“lasciala, è la colonna sonora”

Altro elemento presente costantemente nel film riguarda la luce e il buio. Una scansione del tempo tra giorno e notte che è dovuta a uno scompenso e squilibrio naturale che la stessa natura non riesce più a regolare.

“c’è ancora un sacco di luce”

“I morti non muoiono” è un film che non punta sull’azione ma sulla quasi impotenza dinanzi alla distruzione da parte degli zombie. Pieno di spunti interessanti, purtroppo, spesso, questi non vengono presentati in modo organico e coerente con l’economia della storia. E’ un susseguirsi di voglia di portare in primo piano il messaggio, facendo però finta di seguire un canovaccio minimo di narrazione.

Tra cinema e realtà (fuori e dentro la telecamera)

“Andrà a finire male”

Ronnie continua a pronunciare questa frase. Non è pessimismo il suo ma sfrontato realismo. Le sue azioni, che sembrano anche un po’ poetiche a tratti, si fanno concrete nel corso del film. E’ il personaggio che interagisce in modo chiaro e netto con lo spettatore quando oltrepassa la “quarta parete” rispondendo a Cliff e spiegando perché lui sa che andrà a finire male.

“… perché io ho letto l’intero copione”

Si tratta di metacinema. E Jim Jarmusch non risparmia nemmeno velate citazioni ad altri film che gli attori protagonisti hanno interpretato nel corso della loro carriera. Il portachiavi di Star Wars per la macchina di Ronnie, la “quasi” magia di Zelda alla “Doctor Strange”.

“I morti non muoiono” è un tentativo di sensibilizzare la popolazione sul cambiamento climatico che, se centra l’obiettivo del messaggio, sicuramente non presenta un film scorrevole o accattivante. Manca quella poesia o, al limite, quella violenza che si vuole cercare in un film che vuole dire qualcosa ma che si lascia trascinare come in un horror poco incisivo.

Voto: 5,5

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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