Recensione in anteprima – Torino 36 – In concorso – Miglior attore a Jakob Cedergren e miglior sceneggiatura all’ultimo festival del cinema di Torino (2018) per l’esordio alla regia di Gustav Moller. Un Thriller tutto in una stanza che descrive un dramma al telefono con forte coinvolgente ed appassionante. Al cinema dal 7 marzo.

Asger Holm (Jakob Cedergren) è un agente di polizia che si è messo nei guai e per questo è stato confinato a rispondere al numero d’emergenza insieme a più anziani colleghi. Vive questo lavoro con insofferenza e agitazione, anche perché l’indomani lo aspetta il processo che deciderà della sua carriera. Quando riceve la telefonata disperata di una donna che dice di essere stata rapita, Asger decide di mettersi in gioco e fare il possibile, fino a scavalcare le regole, per non tralasciare alcuna possibilità. Il suo desiderio di redenzione si incaglia però in un caso che è molto più complesso di quello che sembra e le sue buone intenzioni rischiano di avere effetti controproducenti per sé e per gli altri.

Thriller e dramma in una stanza

L’opera prima di un regista è sempre un salto nel vuoto consapevole dei propri mezzi. Il danese Gustav Moller decide di portare sul grande schermo un thriller atipico. Un dramma che si consuma in un luogo molto ristretto. Per la precisione una stanza iniziale e poi una stanza attigua.

85 minuti che raccontano la storia di chi è al telefono e che vediamo e di chi è al telefono ma non vediamo. Una storia, quella del poliziotto Asger, che viene chiarita battuta dopo battuta con i brevi colloqui con i suoi colleghi, i suoi superiori, il suo migliore amico, il suo partner.

Una storia, quella di Iben (Jessica Dinnage), la donna al telefono, che viene raccontata grido dopo grido, pianto dopo pianto, tra urla e momenti di agitata paura. Conosciamo così la famiglia di Iben, suo marito Michael (Johan Olsen), la loro figlia Mathilde (Katinka Evers-Jahnsen). Tutti passano attraverso la voce al telefono e la scena è totalmente  occupata dalla presenza del volto di Asger quasi sempre in primo piano e al telefono.

Il film oltre le mura

“The Guilty” (il colpevole), nella sua semplicità e con un budget praticamente di poco conto rispetto a tanti altri film di respiro mondiale rappresenta un concentrato di sceneggiatura. Una quintessenza scrittoria che dimostra tutta l’efficacia di un’attenta e calibrata scelta di parole, pause, dialoghi, espressioni facciali di Asger e tempi.

Lo spettatore viene rapito dalla concitazione degli eventi, dalla riflessione veloce di Asger, dal precipitare della situazione, dal risollevarsi quando si trova un minimo di speranza. Chi assiste al film è totalmente interessato grazie al ritmo incalzante e alle vere espressioni che regista e attore riescono a trasmettere.

Senza mai lasciare quelle quattro mura rappresentate da una stanza, “The Guilty” descrive tantissimo degli ambienti presenti oltre quelle mura e descritti attraverso le parole di Asger al telefono o grazie alle poche notizie dall’altra parte della cornetta telefonica.

Un complesso equilibrio

Il film può apparire semplice se rapportato alla storia che racconta. Ma la storia non è banale e l’equilibrio è complesso. Il confine tra interesse e noia quando si tratta di scene abbastanza statiche è abbastanza labile e diversi sono gli esempi più o meno riusciti di questo atipico filone.

La narrazione in tempo reale, oltre a dare sincerità e concretezza all’intero film, carica ancora di più l’esasperante situazione gestita al meglio dal poliziotto. La regia non può che affidarsi al suo unico e visibile interprete e il danese Jakob Cedergren merita tutti i premi e gli elogi raccolti con la sua interpretazione.

“The Guilty” è un film da vedere. Un film da rivedere anche alla luce di un finale per nulla scontato. Il film rappresenta uno dei migliori film presentati all’edizione numero 36 del Festival del Cinema di Torino.

Voto: 8,6

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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