Recensione – Memento è il secondo lungometraggio di Christopher Nolan, segue l’opera prima Following (1998) e si basa su un racconto del fratello sceneggiatore del regista, Jonathan. Così come il film precedente, Memento (imperativo del verbo latino meminisse, tradotto: ricordati!) è per lo spettatore una sfida sia intellettuale che logica.

“Il fatto che io dimentichi le cose non toglie niente al senso delle mie azioni. Il mondo continua ad esserci anche se chiudi gli occhi, no? “

                                                                                                                   Leonard Shelby

“Memento” è il secondo lungometraggio di Christopher Nolan, segue l’opera prima “Following”(1998) e si basa su un racconto del fratello sceneggiatore del regista, Jonathan. Così come il film precedente, “Memento” (imperativo del verbo latino meminisse, tradotto: ricordati!) è per lo spettatore una sfida sia intellettuale che logica.

Memento e la “sua” storia

La storia di Leonard Shelby (Guy Pearce) viene raccontata in maniera apparentemente caotica, il montaggio adottato da Nolan infatti non rispetta le sequenze temporali della vicenda, bensì le spezza e le trasmette rimescolate come le tessere di un puzzle. Chi osserva le scene di “Memento” per la prima volta si arrende alla confusione, all’accozzaglia di immagini senza una normale consequenzialità temporale, così come il protagonista si arrende al proprio disturbo: amnesia anterograda.

L’amnesia anterograda è un reale disturbo che non permette al soggetto che ne soffre di assimilare nuovi ricordi: Leonard inizia a soffrire di questa patologia in seguito ad un forte colpo subito durante una colluttazione con un ladro che entrò in casa sua, con lo scopo di derubare, stuprare e infine ucciderne l’amata moglie. Leonard è un uomo determinato a vendicare quell’evento, ma vincolato dalla malattia a non fidarsi di nessuno, per farlo è costretto a tatuarsi sulle varie parti del corpo gli indizi e le scoperte che man mano compie circa John G, il presunto assassino.

Il cast e i personaggi

Un amico di nome Teddy (Joe Pantoliano), un portinaio, una ragazza e un uomo di nome Sammy Jankis (Stephen Tobolowsky) con la sua stessa infermità sono i principali personaggi che lo affiancano negli ambigui scorci di realtà. Alcuni con il sano desiderio di aiutare un uomo in difficoltà e altri con il solo immorale fine di manovrare le debolezze del nostro smemorato per i propri interessi. Il problema è ovviamente quello di distinguere quali gli uni e quali gli altri. Nolan dirige un’opera coraggiosa ma non arrogante, sperimentando a livello narrativo, è stato in grado di offrire nuovi spunti e possibilità alla settima arte.

[SPOILER]

Analizziamo ora il finale. La scena finale ci mostra Leonard riflettere mentre guida, dopo aver parlato con Teddy, e fermarsi davanti ad un negozio di tatuaggi, pronto a farsi tatuare la targa della macchina di Teddy stesso (dopo averlo condannato a essere la sua prossima vittima, il suo prossimo John G.). Cosa è reale e cosa no? Il film si sviluppa su tre linee temporali differenti: le scene in bianco e nero in cui Leonard si trova nel motel e parla al telefono fanno parte della linea temporale di mezzo che inizia quando il film finisce, dopo il tatuaggio della targa, per intenderci. La sequenza che temporalmente segue le scene in bianco e nero è quella nella quale è presente l’uccisione di un tale John G. da parte di Leonard e le vicende con Teddy e Natalie (Carrie-Anne Moss).

Vi ricordate di Sammy Jankis? Verso la fine Teddy sembra rivelare al protagonista e al pubblico la realtà. Sammy Jankis non esiste, oppure è solo uno con lo stesso disturbo di Leonard chiuso in un ospedale psichiatrico, dunque chi ha ucciso la moglie con ripetute iniezioni è proprio lui: Shelby.

Chi ha ucciso…

Allora il protagonista ha ucciso in questo modo la moglie che non accettava la sua malattia e in seguito ha creato la complessa storia dello stupro e dell’uccisione dell’amata poiché non in grado di accettare le proprie azioni, per avere uno scopo? Forse. Questa è sicuramente una delle ipotesi e delle soluzioni che più sembra fai combaciare i frammenti montati animatamente durante tutto il film.

Ci sono però alcune discrepanze e tranelli. Durante il monologo finale, se si presta attenzione si possono notare dei fugaci frammenti video che inquadrano Leonard a letto abbracciato alla moglie, sereno e spensierato, ma sul suo petto si distingue perfettamente un tatuaggio: John G. raped and murdered my wife. Com’è possibile se ella si trova viva e vegeta di fianco a lui? Oltretutto il pezzo forte è un altro, sotto al citato tatuaggio è infatti presente una seconda scritta tatuata sotto pelle, I’VE DONE IT. Il luogo del tatuaggio è quello che egli stesso indica in una fotografia antecedente, il posto che tutto fiero indica nell’istantanea scattata dopo l’uccisione di un John G.

=ê™e

Un potente mix finale

La realtà si mescola ai ricordi. Per chi ha visto “Strade Perdute” l’analogia/contrapposizione tra i personaggi principali colpisce, ricordate la frase nel film di Lynch?

‘Non mi piacciono le telecamere, a me piace ricordare le cose come le ricordo io.’

Mentre un iniziale Leonard dedito ai fatti e caparbio nel perseguire la verità oggettiva del mondo esterno, finisce per decidere di costruire la propria realtà, nella quale egli non è vittima dei giochi altrui, bensì giustiziere. L’ingannatore di sé stesso.

“La memoria può cambiare la forma di una stanza, il colore di una macchina. I ricordi possono essere distorti; sono una nostra interpretazione, non sono la realtà; sono irrilevanti rispetto ai fatti.”                                                                                                              

                                                                                                                       Leonard Shelby

È molto probabile che non esista una soluzione finale alle nostre domande, però i fratelli Nolan ci hanno regalato emozioni con questo film, hanno offerto spunti di riflessione non scontati narrando la vicenda destrutturandone le sequenze di causa-effetto per immergere lo spettatore nella malattia che affligge il protagonista. Guardate “Memento” ancora e ancora, sempre con occhi nuovi, alla continua scoperta di un particolare fino ad ora sempre sfuggito; chissà, magari riuscirete a svelarne i misteri.

Voto: 7,8 

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