Recensione in anteprima – Approdo alla regia per Aaron Sorkin, celebre sceneggiatore di “The Social Network” e “Steve Jobs”, con la storia vera di Molly Bloom. Un’intensa Jessica Chastain interpreta la giovane campionessa di freestyle che, in seguito a un incidente in pista, diventa l’organizzatrice di uno dei più fruttuosi ed esclusivi giri di poker clandestino di Hollywood. Con dialoghi incalzanti e inarrestabili e con un montaggio serrato, “Molly’s Game” è un film dalla confezione fin troppo elaborata per una storia e una protagonista già di per sé fuori dell’ordinario. In sala dal 19 aprile.

Molly e il “suo” freestyle

Un rametto di pino ghiacciatosi tra le gobbe del percorso della gara di freestyle: così finisce la carriera da sciatrice professionista di Molly Bloom (Jessica Chastain), promettente atleta in lizza per le Olimpiadi. Determinata e brillante, decide di trasferirsi dal Colorado a Los Angeles per iscriversi alla facoltà di legge. Nel frattempo, per guadagnare qualcosa, inizia a lavorare come segretaria di un imprenditore edile in difficoltà finanziarie, che organizza lucrose partite di poker clandestino con star di Hollywood, sportivi e uomini d’affari. Molly inizia così un’ascesa che la porterà a gestire il più esclusivo giro di poker della città per poi approdare a New York, assottigliando pericolosamente il confine tra lecito e illecito finché, una notte, l’FBI farà irruzione nella sua casa arrestandola con l’accusa di aver finanziato la mafia russa con il gioco illegale.

La prima volta che organizza una partita (concretamente, portando le tartine al formaggio e uno scatolone, pesante, con tutto il necessario) per il giro di poker del suo capo, Molly ha messo il suo vestito migliore da 88 dollari, nero a pois bianchi, che il suo capo criticherà giudicandolo inadatto. Alla fine del film la stessa Molly si disferà di un paio di guanti Chanel da 800 dollari

“che tengono caldo come un paio di guanti da 10 dollari”

perché non ha altri soldi per affittare i pattini sulla pista del Rockefeller Center mentre aspetta che il suo avvocato Charlie Jaffey (Idris Elba), in riunione con la pubblica accusa, le dica che ne sarà di lei.

La parabola di Molly

La parabola di Molly Bloom è tutta qui: una donna dotata di uno straordinario intelletto che pur di affermarsi in un mondo dominato dagli uomini, è in grado di adattarsi e reinventarsi ogni volta ripartendo da zero, imparando da loro, restando nell’ombra, muovendosi strategicamente attraverso movimenti impercettibili, con una sua personalissima poker face.

Infatti non vediamo mai Molly prendere parte alle partite, ma è sempre seduta a un tavolo, sola, distante e sensualissima in abiti sempre più sofisticati ed eleganti, mentre registra al computer su un foglio Excel le perdite e le vincite a sei zeri dei suoi giocatori e li osserva. Conosce perfettamente il gioco e lei stessa si rende conto di chi gioca a poker e di chi invece “sta giocando d’azzardo”, ma non è lì che vuole rischiare. Non è un caso che uno scambio di battute con l’avvocato Jaffey/Elba riguardi il termine ‘verticalità’: lui non crede che la parola esista, lei gli manda prontamente un’email con la definizione tratta da un dizionario online.

All-in per Molly

Molly punta più in alto e cerca l’all-in nella vita: ambiziosa e determinata ad avere successo e fare soldi senza scendere a compromessi (e senza scambiare favori sessuali, come tiene a far mettere a verbale durante un interrogatorio), mantenendo un’integrità morale che stride con l’ambiente che frequenta e i mezzi che lei adopera.  Per questo le sarà difficile trovare un avvocato e far credere che non sapeva di aver fatto entrare, nel suo giro di poker newyorchese, la mafia russa.

È la sua integrità che farà “saltare il giro” di Los Angeles e contribuirà a distruggere quello di New York, e che la porterà a prendere una decisione estrema pur di non rivelare le personalità che si erano sedute al suo tavolo verde.  Ma sarà soprattutto per tenere alto il proprio nome perché, braccata dalla polizia, senza amici e senza un soldo, è tutto quello che le rimane: “Molly’s Name.”   Durante uno scambio di battute con uno dei giocatori di New York che le chiede se sia irlandese, Molly precisa di non esserlo e che portare lo stesso nome della Molly Bloom nell’Ulisse di James Joyce è semplicemente un caso: nessuna eco letteraria nella sua vita, solo una self made woman che insegue il proprio sogno americano.

Aaron Sorkin e la regia

Lo sceneggiatore Aaron Sorkin (“Molly’s Game” è stato candidato all’Oscar 2018 per la miglior sceneggiatura non originale) porta sullo schermo l’autobiografia omonima pubblicata nel 2014 da Molly Bloom. Una storia che ha dell’incredibile, con il suo stile di scrittura già apprezzato in altri film e fatto di dialoghi incalzanti e inarrestabili, a tratti molto complessi, che si arricchiscono della voce fuori campo di Molly Bloom/Chastain che racconta in flashback la sua storia (quasi come fosse un flusso di coscienza, in realtà).

La regia di Sorkin stesso si avvale di un montaggio serrato che segue questi scambi e il rapido susseguirsi del racconto, ma il tutto finisce per sovraccaricare – anche visivamente, nel caso delle partite di poker con combinazioni e schemi mostrati a video- una vicenda e la sua protagonista che già di per sé sono fuori dell’ordinario.  Dopo un avvio in tensione, il ritmo cala appesantito da qualche lungaggine ripetitiva e qualche concessione al patetismo: il rapporto conflittuale con il padre (Kevin Costner), psicologo che la mette costantemente alla prova fin da bambina, e risulta evidentemente essere alla base dell’insicurezza e dell’insoddisfazione di Molly, della sua necessità costante di affermazione e riuscita, si risolve in modo forse un po’ troppo banale e sbrigativo.

Jessica Chastain in MOLLY’S GAME

…non solo Molly

Nel cast, composto anche da giocatori professionisti per volere dello stesso regista e sceneggiatore che ha cercato così di rendere più realistiche le dinamiche, la mimica e i movimenti dei giocatori, gli attori si sono trovati a interpretare colleghi che nella vita reale facevano parte del giro della Bloom.  Tra questi Michael Cera nei panni del Giocatore X (ovvero, molto probabilmente lo Spider-Man Tobey Maguire) con un intrigante aplomb a metà tra l’ingenuo e il  furbo, che si rivelerà essere un personaggio chiave nello svolgersi degli eventi.

Su tutti resta notevole l’intensa interpretazione in sottrazione di Jessica Chastain.  Non nuova a ruoli di donne forti, rende alla perfezione una personalità complessa, sfruttando il linguaggio del corpo e soprattutto degli occhi, marcati dal trucco vistoso: profondi e inquieti, sempre alla ricerca di qualcosa. Come quando, alla fine del film, Molly si chiede:

“e adesso che cosa faccio?”.

Voto: 6,8

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