Recensione in anteprima (senza spoiler) – Arriva nelle sale italiane (e di tutto il mondo) l’atteso, diciannovesimo film del Marvel Cinematic Universe. Il nuovo capitolo che chiama in causa gli Avengers ha un cast numeroso e vario frutto di (quasi) tutti i film precedenti. Con un ottimo intreccio condito di azione “Avengers infinity War” non fa pesare i suoi 149 minuti. Al cinema dal 25 aprile.

Avengers e le ferite di guerra

Gli Avengers si sono divisi in due fazioni durante la Guerra Civile (“Captain America Civil War”). Hulk (Mark Ruffalo) e Thor (Chris Hemsworth) impegnati tra lo spazio e Asgard. Un nuova spaventosa minaccia  sta per unire di nuovo I loro destini, intrecciandoli anche con quelli dei Guardiani della Galassia. Thanos (Josh Broslin) è infatti deciso a entrare in possesso delle sei gemme dell’infinito. Il combinato potere gli può permettere di riscrivere la realtà a suo piacere, mettendo in pericolo non solo la Terra, ma le fondamenta stesse dell’universo.

E’ un gruppo diviso quello che si presenta con il passare dei minuti del film. Coloro che hanno vissuto insieme e dalla stessa parte, la battaglia di New York non si sentono da anni dopo aver scelto strade diverse nella guerra civile tra i due gruppi narrata in“Captain America Civil War”. Le ferite emotive si fanno sentire. I supereroi, quegli Avengers ci appaiono molto più umani. La sola possibilità dell’arrivo di Thanos, che viene subito collegato ai fatti di New York, fa tentennare le certezze nei propri mezzi non solo dei più inesperti (Spiderman) ma anche tra il gruppo dei veterani e dei “colossi”. 

Questo rimane l’incipit di un film che incarna quel “war” del titolo e lo declina all’infinito. Guerre passate che si fanno sentire, guerre annunciate e presenti che si manifestano in tutta la loro dinamica. Niente però di noioso. Grazie alla varietà degli elementi in competizione, ai diversi interessi in gioco le battaglie rimangono godibili e, a tratti esaltanti.

Chiamateci Avengers

Gli Avengers di questo film non sono totalmente quelli descritti dai fumetti. Sono gli Avengers che abbiamo imparato a conoscere, come gruppo, nei due precedenti capitoli a loro dedicati. Dopo tutto quello che è successo non è banale il riordino delle idee e la squadra che si forma nei diversi passaggi.

(Ri)creare un gruppo vuol dire anche farsi conoscere e qui entrano in gioco, come sappiamo anche dai trailers altri personaggi. L’inserimento delle altre realtà Marvel, di altri film è effettuato calibrando perfettamente i tempi, le occasioni nell’economia della vicenda e, soprattutto con una buona dose di divertente ironia.

Quando poi vengono a contatto dei personaggi dei fumetti che fanno del proprio ego una caratteristica principale sebbene declinata in modo diverso allora siamo di fronte a gag spassose. E’ il caso del confronto tra Iron Man (Robert Downey Jr) e Doctor Strange (Benedict Cumberbatch) o al testosteronico duello verbale tra Thor (Chris Hemsworth) e Star-Lord (Chris Pratt).

Ovviamente non ci sono solo i supereroi maschili, anzi, sono importanti anche le supereroine creando un buon equilibrio tra la visione maschile e femminile della storia.

Avengers quanto basta (con qualcosa in più)

I recenti lavori Marvel, “Thor Ragnarok” su tutti, hanno evidenziato una buona virata degli Studios verso scene con un contenuto umoristico, spesso oltremodo invadente, ai limiti della parodia. Apprezzata o meno questa tendenza non è riscontrabile in “Avengers infinity war”. Ci sono momenti fortemente comici e, forse qualche scena è anche tirata per le lunghe ma il bilanciamento tra dramma, sentimentalismo, azione e comicità è più che buono.

Oltre alle ferite psichiche che gli Avengers e tutti i personaggi dimostrano di patire o di non aver ancora superato, ogni eroe deve affrontare anche le ferite fisiche. La sofferenza dei pugni incassati, le torture che alcuni subiscono, il sangue che macchia le armature e i costumi, tutti segni di una sofferenza vera trasmessa agli altri e al pubblico.

“Tutto questo sforzo per solo una goccia di sangue”

Queste le parole di Thanos quando subisce la sua prima vera ferita dopo diversi minuti di lotta. Nel frattempo i nostri eroi sanguinano, e lo fanno dalla prima scena. I nostri eroi sono Avengers ma anche persone che sono all’interno di un mondo, che vogliono vivere una vita normale con la speranza di avere un figlio o di formare una solida coppia. 

Avengers vs Thanos

“…Eccolo, eccomi”

Se degli Avengers e dei supereroi Marvel in generale sappiamo molto dai precedenti film, sappiamo poco invece di Thanos. A lungo inserito nelle scene post credit, quasi sempre annunciato con teaser poster o similar, qui Thanos è l’antagonista. Un “cattivo” così potente come non se ne ricordano a memoria di cinecomic.

Potente però non vuol dire spietato. Si tratta di un Thanos cinico, egoista, prepotente e possente ma che dimostra, nel corso del film di essere anche qualcosa d’altro. Fortemente collegato alla sua idea di equilibrio dell’universo e di unico possibile interprete, non nega i suoi legami famigliari. Perché la famiglia, gli affetti, anche in questo film, contano, dall’una e dall’altra parte della barricata. 

La paura, di una sceneggiatura che non riuscisse a dare spazio sufficiente a tutti i personaggi è fugata. Con pesi diversi, con presenze diverse il nutritissimo cast ha lo spazio adeguato. Christopher Markus e Stephen McFeely, i due sceneggiatori hanno anche lo spazio per sviluppare quei due tre personaggi con un qualcosa in più che ci fa capire meglio le condizioni in cui i protagonisti affrontano la battaglia.

L’universo Marvel all’infinito

Non è un mistero che la Marvel Studios sia riuscita a creare, nel corso degli anni un Universo ben congegnato e che funziona come se fosse un orologio svizzero.  Con 149 minuti, la dimensione “monstre” della pellicola doveva essere giustificata da un cast ipertrofico ma necessario e da un contenuto almeno degno di non sfigurare con produzioni più indirizzate a un singolo supereroe. 

La particolare sfida sembra essere vinta, rischiando dove era opportuno rischiare per non banalizzare e ripetere un meccanismo che, col passare del tempo è sempre meno originale. Attraverso battute simpatiche ed efficaci, con l’inserimento di siparietti che non appaiono quasi mai forzati il film riafferma il legame affettivo tra lo spettatore e l’eroe di turno.

La regia dei fratelli Russo accompagna questa affettuosità, asseconda la vicenda e, senza farsi notare, indirizza molto bene battute, inquadrature, effetti speciali. Il ritmo, incalzante nelle scene d’azione, si fa calmo e riflessivo negli appuntamenti più intimi. Si destreggia poi in modo agile nei battibecchi tra i personaggi.

La Marvel, dimostra, ancora una volta, di aver trovato una formula, che, se non riesce sempre a mantenere il livello altissimo, almeno rimane comunque medio alto. Una formula che, senza scivolare nel già visto viene ripresentata all’infinito.

“Dimmi che Footloose è ancora il film più bello di sempre”
“Non lo è mai stato”

Riguardo al finale, molto bello e che farà discutere. Per ora si può dire soltanto che ci starebbe bene una battuta della serie tv X-Files (non la citazione più famosa). 

Voto: 7,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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