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Recensione in anteprima – Torino 2017 – In concorso – Con un cast d’eccezione Armando Iannucci gioca con la politica, la storia, l’ironia composta in una dark comedy molto surreale ma nemmeno tanto lontana dai giochi di potere di un certo sistema politico. Dal 4 gennaio al cinema.

La sera del 28 febbraio del 1953, Radio Mosca diffonde in diretta il “Concerto per pianoforte e orchestra n.23” di Mozart. Toccato dall’esecuzione che ascolta nella sua dacia di Kountsevo, Joseph Stalin domanda una registrazione. Ma nessuna registrazione era prevista per quella sera. Paralizzati dalla paura, direttore e orchestra decidono di ripetere il concerto. Tutti tranne Maria Yudina, la pianista che ha perso famiglia e amici per mano del tiranno. Convinta a suon di rubli, cede, suona e accompagna il disco con un biglietto insurrezionale. L’orchestra si vede già condannata al gulag. Ma l’indomani Stalin è moribondo. Colpito da ictus, muore il 2 marzo scatenando un conflitto feroce per la successione tra i membri del Comitato Centrale del PCUS.

“Morto Stalin se ne fa un altro” è il titolo italiano di “The death of Stalin”. Titolo, per una volta, estremamente calzante nella “traduzione” italiana, rende bene l’idea di quale sia il clima che si respira per tutta la durata del film. E’ una commedia nera molto bizzarra quella diretta da Armando Iannucci. Con il tocco lieve e spensierato della battuta si tratteggia una situazione politica russa estremamente complessa e che si può riassumere con l’infinita sete di potere dei diversi subalterni di Stalin.

Steve Buscemi è Nikita Kruscev, perennemente in contraddizione tra la sua volontà di emergere e la sua fedeltà al sistema. Simon Russell Beale è uno spietato e cinico Lavrentij Berijia, pronto a sfruttare l’occasione e a prevaricare sui suoi “compagni”. Jeffrey Tambor interpreta Georgij Malenkov, Michael Palin da il volto a Vjaceslav Molotov e Jason Isaacs è il generalissimo Georgy Zukov. Un cast ben assortito impreziosito dalle presenze femminili di Olga Kurylenko che interpreta la musicista Maria Yudina e Andrea Riseborough nella parte della figlia di Stalin, Svetlana.

Il film si apre subito magnificamente con quella che può sembrare un’improbabile gag surreale: la ripetizione del concerto per poterlo registrare. E’ immediato lo smarrimento dello spettatore che capisce con un sorriso a mezza bocca la particolarità di un regime. La paura di tutta una serie di ufficiali, dipendenti pubblici che si manifesta ad ogni bizzarra richiesta di Joseph Stalin.

Con una sceneggiatura molto abile a presentare situazioni anche drammatiche sotto la lente d’ingrandimento di uno spirito di arrivismo e di sete di potere senza pari si succedono tutte le fasi della malattia di Stalin, della sua morte, dell’organizzazione del suo funerale.

Emblematica, per la voglia di dimostrare il proprio potere, la diatriba sull’arrivo dei treni in Mosca per il funerale. Prima vengono permessi, poi fermati, poi nuovamente organizzati e poi nuovamente contrastati a seconda di chi, tra il potente di turno nel vuoto di potere statale, decide di voler far valere la propria posizione per innalzarsi sugli altri.

Questo continuo oscillare tra commedia e tragedia, tra dramma e parodia, tra una storia verosimile e una fantasia non troppo lontana dalla realtà rappresenta il punto di forza di un film su cui si installa una cura dei costumi impeccabile e una recitazione scintillante con ognuno degli interpreti in perfetta forma e splendidamente nella parte assegnata.

“Morto Stalin se ne fa un altro” è una pellicola divertente da vedere. Fa sorridere per quanto accade rispetto alle dinamiche che vengono coinvolte ma che faanche pensare a come, in realtà, la storia di quel periodo, di quei giorni potrebbe anche rivelarsi non troppo lontana nei toni delle incredibili corse al potere.

Voto: 8,1

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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