Recensione in anteprima – 48esimo lungometraggio del regista Woody Allen che, ci ha abituati a un suo film all’anno. “La ruota delle meraviglie” non è il film più riuscito dell’artista e soffre un po’ di consistenza. Dal 14 dicembre al cinema.

1950, le vite di quattro personaggi si intrecciano ai piedi della celebre ruota panoramica costruita negli anni venti: quella dell’imbronciata e malinconica Ginny (Kate Winslet), ex attrice emotivamente instabile, ora cameriera presso un modesto ristorante di pesce; di suo marito Humpty (Jim Belushi), rozzo manovratore di giostre; del giovane Mickey (Justin Timberlake), un bagnino di bell’aspetto che coltiva aspirazioni da commediografo; e della ribelle Carolina (Juno Temple), la figlia che Humpty non ha visto per molto tempo e che ora è costretta a nascondersi nell’appartamento del padre per sfuggire a un gruppo di spietati gangster che le dà la caccia.

Dopo “Cafè Society”  Woody Allen rimane in America, ritorna a fare un viaggio nel passato degli USA e, come ci ha spesso abituato, cambia il cast del suo film conservando quel direttore della fotografia, Vittorio Storaro, italiano, già vincitore di 3 premi Oscar.

Titoli di testa classici, come di consueto per un film scritto e diretto da Woody Allen e, subito dopo, lo spettatore viene catapultato in una Coney Island soleggiata e con la Wonder Wheel che domina lo skyline. Quell’inizio degli anni 50 vede una Coney Island già provata dagli incendi che hanno distrutto parte del luna park storico e da un repentino abbandono dei turisti.

E’ in questo ambiente frequentato e ormai storico, colorato, caloroso ma ormai svuotato del divertimento di un tempo che si innesta la storia scritta da Woody Allen e che parla di 4 personaggi in particolare. La voce narrante è affidata fin dalle prime battute, a Mickey, il giovane bagnino interpretato da Justin Timberlake.

Una storia non originalissima ma semplice. Ben interpretata soprattutto da Kate Winslet nella parte di Ginny. Fornita di dialoghi molto fitti e, in un perfetto stile Alleniano, di battute ironiche e pungenti. Si respira però un’aria abbastanza stanca nello scorrere della vicenda. Una vicenda che parte come una commedia sentimentale si presta poi a diventare velocemente un dramma e un gangster movie soft e senza pallottole.

Woody Allen dimostra, ancora una volta, la sua maestria ed esperienza nella regia. “La ruota delle meraviglie” presenta diversi piani-sequenza ognuno di qualche minuto. Questa affascinante tecnica permette di rendere dinamiche le scene di dialogo tra le mura di casa di Ginny e Humpty. Scene che richiamano molto un’atmosfera teatrale con l’inserimento di una recitazione degnamente e volutamente drammatica e sopra le righe.

Notevole segno distintivo di questa pellicola è costituto dalla luce e dai colori usati per una fotografia molto ben curata. Molte volte, soprattutto per le scene in interni, i volti vengono illuminati di taglio caricando molto i colori caldi. Si tratta di una riproposizione di quanto era stato fatto in“Cafè Society”  con, in quel caso, i colori freddi.

“La ruota delle meraviglie” in realtà non tratta mai la ruota del titolo come è assai forzato ridurre la ruota del parco a una ruota simbolica della vita. La pellicola si concentra sulla figura delusa e disincantata di Ginny ma coinvolge anche gli altri personaggi in una escalation del gioco al massacro dei sentimenti e dei rimpianti.

Il nuovo film di Woody Allen non è sicuramente uno dei suoi film migliori, però costituisce anche un buon intrattenimento almeno a livello visivo e tecnico e con una buona prova di tutto il cast dove svetta una Kate Winslet dal fascino incredibile anche senza trucco e funzionalmente imbruttita dallo stress e dal lavoro del suo personaggio. Poco, purtroppo, per coprire una storia abbastanza inconsistente e prevedibile.

Da segnalare anche che questo risulta il primo film non solo prodotto da Amazon Studios ma anche distribuito dal colosso delle vendite online.

Voto: 5,7

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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