Recensione in anteprima – Roma FF12 – Alice nella città – Dakota Fanning è la protagonista di questo road movie giovanile. Autistica e fagocitata dalla sua passione per Star Trek Wendy è il film e una delle più belle prove dell’attrice. 

Wendy ha 21 anni. Ama ballare sulla note del suo iPod e fare maglioni per oggetti inanimati. Lavora per la catena di forni e chioschi Cinnabon. È autistica. Ma per provare a sua sorella Audrey che è perfettamente in grado di badare a se stessa, decide di scappare di casa e dalla sua badante per prendere parte ad un concorso di scrittura per la televisione, presentando il suo progetto di 500 pagine su Star Trek. Ma dopotutto, l’unica cosa che desidera davvero è ritornare a casa.

La presentazione di “Please stand by” avviene a Roma in occasione di “Alice in città” 2017, concorso staccato e indipendente del Roma Film Fest numero 12. Prima della proiezione del film, il regista Ben Lewin, i produttori (gli stessi del pluripremiato “Juno”) e l’attrice Dakota Fanning intrattengono il giovane pubblico per quella che è la proiezione per le scuole.

Sala gremita e intervento del regista con chiusura con quel “Kaplà”, parola di lingua Klingon che la traduttrice non ha avuto il coraggio, e la conoscenza, di tradurre ma che è arrivato ai numerosi fan della serie “Star Trek” presenti in sala. Un vero boato ha poi accolto il saluto della bella e brava Dakota Fanning.

Vedere i film con la presenza, più o meno forzata di un pubblico giovane non è mai facile, l’esperienza del Giffoni Film Festival insegna e come molto spesso accade, si rimane sbalorditi dell’intelligenza emotiva e dell’attenzione che, comunque, gli adolescenti hanno dedicato al film.

“Please stand by” nasce come un film sull’autismo e lo fa senza banalizzarlo ma intraprendendo un viaggio all’interno delle sensazioni ed emozioni della protagonista. Il personaggio di Wendy è intimamente collegato al comandante Spock, un personaggio della sua serie tv preferita: Star Trek. Come lui, mezzo umano e mezzo vulcaniano anche Wendy ha poca dimestichezza con il contatto fisico, con le emozioni che, vengono espresse solo violentemente quando sotto pressione in perfetta simbiosi con il “pon’far” di vulcaniana menzione.

Wendy è logica, come Spock, perchè la sua situazione lo richiede. Una serie di azioni ripetute e che creano quella familiarità che da consolazione e tranquillità. Ma la mente di Wendy viaggia, e lei scrive, ipotizza, fantastica, crea. I viaggi e le avventure dell’Enterprise sono anche i suoi viaggi.

“Spazio, ultima frontiera, questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise la sua missione è quella di esplorare strani, nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima”

Se in “Star Trek” esiste un viaggio interplanetario nelle galassie sconosciute, per Wendy il nuovo mondo è quella parte di mondo che lei non conosce, che le è proibito come anche solo attraversare una strada che, le han detto, non è bene che attraversi. Il film ribalta la nostra concezione di stranezza nel vivere di un autistico perché per Wendy quelli strani, quelle nuove civiltà da esplorare siamo noi.

Ma Wendy è anche un po’ il comandante Data, che non viene citato, ma in comune i due hanno la volontà di rendersi più umani, umani come gli altri. Wendy, agli occhi degli umani, di quel gruppo di persone che incontra tra San Francisco e Los Angeles, appare ingenua proprio come Data, la genuinità delle persone che non si aspettano di essere raggirate, derubate.

“Please stand by” è una grandissima prova di recitazione di Dakota Fanning con una sceneggiatura impeccabile, condita di riferimenti a tutte le serie di Star Trek, un dialogo in una scena finale recitato totalmente in lingua Klingon e una concentrazione di rapporti famigliari difficili, complicati ed estremamente veri, sentiti, condivisi.

“Quando le cose non vanno per il verso giusto, l’unica cosa logica da fare è andare avanti”

In perfetta sintonia con la filosofia si Star Trek e con il pensare logico di Spock, Wendy va avanti, anche quando le cose volgono al peggio. La sua determinazione non è ottusità, è caparbietà, convinzione di poter superare sempre i suoi limiti, con coraggio, con la volontà di abbracciare, un giorno, sua nipote.

Non importa vincere o perdere un concorso, non importa la destinazione finale, l’importante è il viaggio che uno fa, le esperienze durante il viaggio reale o interiore che sia e chi si è diventati grazie a questo viaggio nonostante la propria malattia, la propria diversità. Un messaggio che le centinaia di ragazzi presenti in sala hanno accolto con grande partecipazione e condivisione delle emozioni che man man passavano sullo schermo fino alle sincere lacrime di commozione.

Menzione speciale per Pete, il cagnolino che fa compagnia a Wendy e qui si potrebbe aprire un discorso lungo sui nomi: Wendy, Peter, e quel “Peter Pan” che, in questo caso ha una sua versione femminile.

Voto: 8,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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