Recensione – Dopo Nove lune e mezza e in attesa de Il premio, Vision Distribution è al cinema con un’altra commedia, l’opera prima di Augusto Fornari. Un debutto alla regia cinematografica che trova i suoi punti di forza in un cast affiatato e nel riuscire a raccontare con dolcezza le dinamiche familiari.

Quattro fratelli: Alex (Lino Guanciale), classico donnaiolo sfaccendato che gestisce un circolo sportivo, Fanny (Matilde Gioli), dolce, accomodante e sempre disponibile, soffre ancora per l’ex marito che l’ha lasciata per una più giovane di lei, Oreste (Stefano Fresi) un musicista che ha abbandonato l’orchestra per scrivere la propria opera, ma che per sopravvivere è costretto a dirigere ragazzini negati per la musica e, infine, Giacinto (Libero De Rienzo), uomo d’affari, razionale e privo di emozioni.

Alex versa in gravi difficoltà economiche e si rivolge ai suoi fratelli che, per aiutarlo, decidono di vendere la villa di famiglia, di proprietà del padre Sergio (Luigi Diliberti), ormai in coma da molti anni. Nessuno di loro immagina, però, che il padre possa svegliarsi dal coma esattamente il giorno dopo la firma del rogito. Così, ai quattro fratelli non resta che cercare di porre rimedio al danno e, per evitare emozioni troppo forti che comprometterebbero la delicata salute paterna, fingere che la villa non sia stata mai venduta. Si dà avvio, pertanto, a un meccanismo di sotterfugi e bugie – filo conduttore di tutto il film – per cercare di nascondere la verità.

È una commedia la prima opera cinematografica di Augusto Fornari. Il regista, noto autore (e attore) teatrale, indaga le dinamiche familiari con sensibilità e dolcezza, riuscendo ad alternare momenti di comicità a momenti di malinconia. Sullo schermo si intervallano gag a colpi di scena esilaranti – che ricordano “Good Bye, Lenin!” di Wolfgang Becker – in una struttura narrativa forse esile ma mai banale, il cui fulcro è proprio la famiglia.

Ciò che sembra interessare realmente il regista è scoperchiare il vaso di Pandora – la casa di famiglia – contenitore di bugie, malcontenti e questioni irrisolte ma, allo stesso tempo, anche di legami familiari intensi e viscerali, quelli in grado di far superare qualsiasi cosa.

La famiglia, unica base sicura da cui allontanarsi per poi tornare sempre, quella per la quale si è disposti a tutto in nome del sentimento di amore, contenitore del proprio senso di Sé, è tutto ciò che conta. Un precario ma perfetto equilibrio quello dell’amore familiare, che gli attori – sempre in sintonia, credibili e convincenti – riescono bene a trasmettere allo spettatore.

Il cast funziona: dalla improbabile coppia di gemelli, interpretati da Fresi e De Rienzo (avevano già lavorato insieme sul set di “Smetto quando voglio”), a Stefano Diliberti, perfettamente in parte nel ruolo di papà Sergio, passando per Lino Guanciale, a suo agio nel ruolo del bello e scapestrato e la bellissima Matilde Gioli (l’unica forse leggermente fuori dal coro per il suo lieve accento milanese), fino ad arrivare a una simpatica Nicoletta Romanoff nei panni della infermiera russa e al “cattivo” di turno, l’ex compagno di giochi dei quattro fratelli – da sempre innamorato di Fanny – Zaffarano (un bravissimo Toni Fornari, fratello del regista).

Un film probabilmente non perfetto, ma con una sua fluidità e piacevolezza. La casa di famiglia è una storia semplice che tocca le corde dell’animo, raccontata con sensibilità ed equilibrio. Il cast dà il meglio e risulta in perfetta sintonia, in un’intesa di teneri e sinceri sguardi tra padre e figli.

Voto: 6.2

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