Recensione in anteprima – Torino 35 – Festa Mobile – Francesca Comencini presenta sul grande schermo un suo romanzo che ha lo stesso titolo. La fine di un amore visto dagli occhi dell’ossessionata donna che cerca di ritrovare la sua strada. Dal 29 novembre al cinema.

Claudia (Lucia Mascino) e Flavio (Thomas Trabacchi) si sono contrastati come docenti universitari ma anche amati intensamente. Ora la storia è finita anche se Claudia non vorrebbe che fosse così conservando con determinazione la speranza che si possa ricominciare. Intanto lui viene attratto da una donna più giovane, Giorgia (Camilla Semino Favro) e lei prova interesse per una sua ex studentessa Nina (Valentina Bellè).

“Il film che tutte le donne dovrebbero vedere”

Questa una delle frasi di lancio del nuovo film di Francesca Comencini che è tratto da un suo stesso romanzo. Frase che, secondo me, andrebbe ridimensionata per allargarla anche al sesso maschile. Insomma il film può essere visto da tutti e, per una volta, non è l’uomo la parte che non accetta la fine di un rapporto e se ne fa una malattia pericolosa.

In realtà Claudia non arriva a livelli di ossessione tali da sfociare nell’illegale. La sua logorroica voglia di esaminare ogni singolo momento del rapporto ormai finito si proietta in una irrefrenabile iperattività. La sua ferma volontà di trovare il momento in cui tutto è finito coinvolge, nell’analisi, amiche, passanti, malcapitati conoscenti.

E’ la prima parte del film. La parte in cui la regista, attraverso la visuale predefinita di Claudia, rende noto allo spettatore la storia di Claudia e Flavio. Come si sono conosciuti. Scena memorabile. Come hanno costruito il loro rapporto. E’ un rapporto che arriva in età ormai matura, oltre i 40 per entrambi e che ha una dinamica squilibrata verso la parte femminile, euforica, sognante e dominante.

Francesca Comencini da’ ampio respiro alla fragilità e insicurezza di Claudia. Una convinta Lucia Mascino le da’ anima e corpo esprimendo tutti i dubbi e le domande di una donna che si sente irrealizzata, persa, tradita da se stessa. Thomas Trabacchi è un Flavio che subisce l’esuberanza della compagna e appare come privo della volontà di prendersi responsabilità e impegni. Una figura, quella dell’uomo celibe di 50 anni circa perfettamente fotografata dal film.

Un’ottima prova di tutto il cast. Una buona sceneggiatura. Un discreto ritmo. Tutto questo non salva l’ultima parte del film che risulta molto allungata nei tempi, ripetuta nelle scene di nudo gratuito. Una parte che sottolinea e fa coincidere l’insicurezza di Claudia nei rapporti amorosi con la sua sbandata insicurezza sessuale. Un legame abbastanza semplicistico benché non si possa escludere a priori.

La regista inserisce, ogni tanto, delle immagini di matrimoni e di rapporti amorosi dei primi decenni del secolo scorso. In bianco e nero sembrano voler indicare una purezza e semplicità dei rapporti alle quali la protagonista anela. L’amore sembra essere una cosa semplice un po’ come la vita ma noi siamo dei maestri, anzi, in questo caso dei professori universitari a mettercela tutta nel complicarla.

“Amori che non sanno stare al mondo”, oltre al bel titolo rappresenta una buona prova di Francesca Comencini. Una interessante capacità di narrare attraverso le immagini le difficoltà di comunicazione tra uomo e donna e tra donne di questo nuovo millennio. Peccato per la non perfetta riuscita dell’ultima parte del film che, a tutti gli effetti diverte molto nella parte iniziale e soffre notevolmente l’eccessiva durata.

Voto: 6,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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