Recensione in anteprima – Federico Moccia porta nuovamente al cinema un suo libro e si pone anche alla regia del film. Niente di nuovo nello stile, spunto e soggetto interessante sviluppato in modo abbastanza banale e con un taglio televisivo. Al cinema dall’1 novembre.

Laura ha deciso di organizzare per i suoi studenti del liceo, nell’anno della maturità, una gita insolita: un laboratorio artistico a Scorrano, in Salento, con l’artista Gualtiero Martelli. Ad accompagnare i ragazzi verrà suo malgrado anche l’insegnante di lettere, che nel mentre cerca disperatamente di completare un progetto di ricerca da proporre all’Università di Boston (su cosa precisamente non ci viene spiegato, ché sono cose che non interessano al pubblico del film). Tanto lei, quanto i ragazzi perennemente connessi ai social, avranno però una brutta sorpresa una volta giunti sul posto: a Scorrano i cellulari non prendono, non ci sono “tacche” né wi-fi e tutti si sentono improvvisamente tagliati fuori dal mondo.

Nel panorama cinematografico italiano esistono, se non degli appuntamenti fissi, almeno degli appuntamenti ricorrenti. Uno di questi è il film diretto da Federico Moccia con sceneggiatura tratta da un suo libro. Questa volta però alla base di “Non c’è campo” non vi è un libro del sindaco uscente di Rosello ma un soggetto tutto originale e che chiede al mondo degli utilizzatori dei cellulari cosa accadrebbe se un giorno fossimo tutti offline con i nostri social di riferimento.

Da un soggetto così interessante e attuale non decolla mai un film altrettanto ben curato. La pellicola si incanala nel solito solco segnato dalle precedenti opere del regista scrittore. Una convenzionalità nel racconto che oscilla tra il macchiettistico e il didascalico offrendoci uno spettacolo degno più a una serie tv rispetto a un film al cinema che ci si aspetta.

Molti degli attori che costituiscono la classe delle superiori che va in gita a Scorrano sono già volti noti delle serie tv delle nostre reti e non vengono diretti per poter effettuare quel salto necessario per recitare in uno schermo più ampio. I ruoli degli adulti sono i tipici ruoli da commedia: la moglie tradita, l’eterna nerd, il distinto seduttore e l’artista filosofeggiante. Sceneggiatura, in pratica, che si culla tra amori d’adolescenti e problemi d’adulti.

Sin dalla presentazione di Scorrano nelle prime immagini si intuisce che la situazione non è stata estremizzata ma, purtroppo, non valutata bene. Un paese del sud con una piazza deserta non ha senso, non si è mai vista. Così come la festa patronale ridotta a un accozzaglia di poche decine di comparse, ampi spazi vuoti, la porta della Chiesa chiusa e le luci presenti, sì, ma per il paese citato, giustamente, come la capitale delle “luminarie”, è veramente poco, molto poco.

Il film ha il pregio di creare un punto di riflessione sui social e sull’invadenza nelle nostre vite, tanto che se un giorno ci svegliassimo senza rete, le reazioni potrebbero essere le più disparate, anche abbastanza violente e drammatiche. Questo singolare esperimento è stato messo in pratica da una quinta delle scuole superiori di Brescia che, grazie alla supervisione di Scuola Zoo, ha deciso di privarsi del cellulare per una settimana intera. Un’astinenza forzata ben lungi dall’essere involontaria e dovuta a una serie di circostanze di mancanza di segnale.

Durante tutto lo svolgersi della vicenda, sono parecchie le scene che vengono concluse con i ragazzi che si mandano a quel paese, spesso vicendevolmente. Una situazione quantomeno non totalmente rispondente al vero ma che ha suscitato qualche reazione in sala.

Un film molto deludente sotto diversi punti di vista. La maggior delusione è rappresentata dallo svolgimento del film che, invece, rappresenta un ottimo punto di partenza per tutte le discussioni che si vogliono fare sull’argomento. Emblematica la scena iniziale dove la famiglia è riunita a cena ma i tre componenti guardano tutti il cellulare invece di parlare o confrontarsi.

Voto: 4,4

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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