Recensione in anteprima – Venezia 74 – Orizzonti – Un’indagine storica su un massacro avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale diventa una riflessione sulla memoria, la verità e l’identità. Amichai Greenberg esordisce con un’opera secca, intensa e convincente. 

Yoel, un ricercatore che studia l’Olocausto, è nel mezzo di una battaglia legale, ampiamente ripresa dai media, contro interessi potenti in Austria. La questione riguarda un brutale massacro di ebrei che ebbe luogo verso la fine della Seconda guerra mondiale nel villaggio di Lendsdorf. Un’influente famiglia di industriali, sulle cui terre avvenne la strage, sta progettando di costruire un complesso immobiliare proprio in quel luogo. Yoel sospetta che il loro scopo sia quello di insabbiare il caso per sempre, ma ha difficoltà a trovare le prove definitive per fermare il progetto. Mentre svolge le sue ricerche sull’incidente, Yoel esamina testimonianze secretate di sopravvissuti all’Olocausto e, scioccato e sorpreso, ritrova una testimonianza resa dalla madre, di cui non sospettava l’esistenza. In essa, la donna confessa un fondamentale segreto del proprio passato. Yoel, che sta svolgendo una doppia ricerca, personale e scientifica, è intrappolato tra muri di silenzio. Da storico incrollabilmente dedito alla verità, decide di continuare le ricerche anche a costo di rovinare la propria vita personale e professionale.

Comincia quasi come un thriller, l’opera d’esordio di Amichai Greenberg: un brutale massacro risalente alla Seconda Guerra Mondiale, poteri forti che tentano di insabbiarlo, un protagonista coraggioso e indomito deciso a portare a galla la verità. Ben presto ci si rende conto però che l’indagine è solo una scusa per parlare di altro: nel corso delle sue ricerche, infatti, Yoel (un ottimo Ori Pfeffer, in un’interpretazione misurata ed efficace) si imbatte in una testimonianza che lo riguarda molto da vicino e che lo spinge a mettere in discussione tutte le certezze che aveva su sé stesso e sulla sua famiglia. La sua ossessiva ricerca della verità diviene dunque una ricerca su di sé, sul suo passato e le sue radici, nel disperato tentativo di capire chi lui stesso è. L’opera diviene quindi una riflessione sulla memoria e sull’identità, sul legame tra le nostre origini e quello che siamo, e su quanto labile e ingannevole possa essere questo legame. Con una regia secca, austera e senza fronzoli, che ci catapulta subito all’interno della vicenda e pedina poi il protagonista in tutte le sue ricerche e i suoi travagli, evitando inutili didascalismi, Greenberg realizza un film intenso e convincente, tra i migliori di Orizzonti.

Voto: 7

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