Recensione in anteprima – Venezia 74 – Orizzonti – Un dramma argentino che, raccontando la gravidanza indesiderata di un’adolescente, parla in realtà di vite ai margini, di esistenze segnate dall’anonimato e dall’invisibilità. Lento, a tratti frustrante, ma anche sincero e capace di trasmettere un senso di profonda autenticità.

Ely ha 17 anni. La mattina va scuola come tutti i ragazzi della sua età e nel pomeriggio ha trovato un lavoretto di un paio d’ore da un veterinario. Quando viene a sapere di essere incinta è come se le crollasse il mondo addosso, vorrebbe gridare al mondo la sua paura, ma riesce a trattenere per sé le sue angosce per mantenere invariata la sua routine, come se nulla fosse accaduto. Ely è però spaventata, sa che quella che prenderà sarà una decisiono per cui sarà impossibile tornare indietro.

Al suo secondo lungometraggio, il regista argentino Pablo Giorgelli ambienta la storia di Ely nel quartiere e addirittura nel complesso residenziale in cui lui stesso è cresciuto: come ha dichiarato in conferenza stampa, l’appartamento dove vive la protagonista si trova accanto a quello di sua madre. E’ evidente dunque che si tratta di un’opera molto personale, onesta e sincera, che Giorgelli ha deciso di raccontare per focalizzare l’attenzione su quelle persone anonime, sole, invisibili, che tirano avanti giorno per giorno verso un futuro che non offre nulla. Ely rappresenta questa categoria: ragazza solitaria e taciturna, convive con una madre depressa e non vede alcuna prospettiva davanti a sé. Frequenta la scuola con grande insofferenza e anche la relazione con il figlio del veterinario, un uomo molto più grande di lei, sposato e con prole, è caratterizzata solo da sporadici rapporti senza alcun vero coinvolgimento sentimentale. La scoperta di essere incinta cambia tutto ed Ely, priva di qualsiasi punto di riferimento, si ritrova schiacciata da qualcosa di più grande di lei.

La decisione di abortire porta Ely a vivere una vera e propria odissea, tra farmacie, ospedali e cliniche più o meno legali, perché in Argentina l’aborto è vietato. La denuncia sociale tuttavia a Giorgelli interessa solo fino a un certo punto: quella di Ely non è solo la storia di una gravidanza indesiderata, quanto piuttosto il racconto di una solitudine, di un’incapacità di esprimersi, di un’assuefazione all’invisibilità.

Il ritmo lento e la povertà di accadimenti rende a tratti frustrante e pesante la visione, ma il senso di autenticità che l’opera trasmette, sottolineato dall’assenza di colonna sonora, è davvero potente, al punto che, più che guardare un film, ci sembra proprio di spiare la vita di Ely. Un film imperfetto, dunque, ma anche vero e sincero.

Voto: 6,5

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