Recensione in anteprima – Venezia 74 – In concorsoSecondo lungometraggio per il regista italiano Andrea  Pallaoro che decide di girare il film in pellicola 35mm e tutta in lingua francese. Protagonista indiscussa é Charlotte Rampling molto brava a riempire la scelta di non elaborare la sceneggiatura ma l’animo del personaggio.

“Hannah” è il ritratto intimo di una donna che non riesce ad accettare la realtà che la circonda. Rimasta sola, alle prese con le conseguenze dell’arresto del marito, Hannah inizia a sgretolarsi. Attraverso l’esplorazione del suo graduale crollo emotivo e psicologico, il film indaga il confine delicato tra l’identità del singolo, le relazioni umane e le pressioni sociali.

Per una volta partiamo dalla fine del film. Alla fine della proiezione ci si rende conto che, nei 95 minuti della pellicola, in realtà, non avviene granché. La scelta é voluta dallo stesso regista. Andrea Pallaoro, al suo secondo lungometraggio, presenta un film che vuole seguire per tutto il tempo la protagonista e svilupparne appieno i dubbi, le emozioni, le paure, le poche convinzioni una volta che si trova ad essere sola dopo l’arresto del marito.

C’é un bel parallelo in tutta la durata del film tra l’interpretazione nel film di Charlotte Rampling e la finta interpretazione che il suo personaggio esegue nelle lezioni con il gruppo teatrale del quale fa parte. Un parallelo bello ma che non viene sfruttato con tutto il potenziale che potrebbe avere. Tutto il film, in realtà é un enorme sforzo per far giungere la situazione di Hannah al pubblico, e ci riesce, ma perdendo di vista lo spettatore stesso che ha costantemente nella testa le diverse domande alle quali una sceneggiatura deve rispondere.

Purtroppo anche la grande maestria nelle inquadrature ricercate del regista si perde dinanzi a una vicenda che resta troppo sotto traccia e taciuta. Da ammirare infatti il continuo gioco con gli specchi, i vetri, gli specchi d’acqua che Andrea Pallaoro inserisce nelle diverse scene. Ne deriva un bell’esercizio di stile che può essere solo ricondotto, in maniera estrema, in una metafora dello specchio dell’anima della protagonista che deve sempre fare i conti tra ciò che crede di essere, ciò che la società e i famigliari pensano di lei e del marito e ciò che invece é la realtà.

Una buona regia, ricercata, attenta e mai banale con quelle inquadrature che anticipano il cuore della scena rappresenta un buon biglietto da visita così come lo é l’ottima interpretazione di Charlotte Rampling, praticamente presente dalla prima all’ultima scena. Rimane il grosso coraggio del regista, dello sceneggiatore e della produzione nel limitare al minimo la storia e questo purtroppo non paga, non paga nei confronti del pubblico. Purtroppo.

Voto: 5,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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