Recensione in anteprima – Terzo adattamento cinematografico in pochi anni per “La cena”, bestseller dello scrittore olandese Herman Koch. Una vicenda presentata con intensità ma con troppa verbosità. Buona la prova degli attori ma il film sembra mancare nella decisione finale. Dal 18 maggio al cinema.

Steve Coogan as Paul Lohman, Richard Gere as Stan Lohman, Rebecca Hallas Katelyn Lohman, and Laura Linney as Claire Lohnman in THE DINNER. Photo courtesy of The Orchard.

Incontrandosi a cena con le rispettive mogli (Laura Linney e Rebecca Hall), i fratelli Paul (Steve Coogan) e Stan (Richard Gere) si trovano a discutere di un grave crimine di cui sono colpevoli i loro figli adolescenti. La serata volge in dramma famigliare quando le due coppie devono decidere come gestire la delicata questione sortendo il male minore. In ballo, infatti, non solo c’è il futuro dei ragazzi ma anche quello di Stan, un famoso politico in carriera e già in campagna elettorale.

Sono passati solo 8 anni dalla pubblicazione del romanzo di Herman Koch e il suo “La cena” vanta già la terza trasposizione in pellicola. Dopo l’omonimo film di Menno Meyjes e il nostrano “I nostri ragazzi” di Ivano De Matteo. Oren Moverman, il regista di questo nuovo adattamento, ripercorre il best seller e si affida ad un cast di attori ben collaudato compreso quel Richard Gere col quale ha girato “Invisibili” nel 2014. Il regista israeliano è qui anche sceneggiatore e, come nel bellissimo “Love & Mercy”, cerca di spingere il testo e la vicenda all’interno del personaggio, o dei personaggi principali.

La prima forte caratteristica è proprio questa. Un film in cui i personaggi son ben delineati, estremizzati in alcune situazioni soprattutto se sotto pressione. Voluta o meno la sensazione rimane quella di un coro, un quartetto, in questo caso per la precisione formato da voci singole, belle, molto ben curate ma che non riescono ad esprimere una sinfonia convincente.

Gli attori, e i loro personaggi, sembrano tutti “piatti forte”, per rimanere nel tema del titolo e, in pratica lo spettatore riesce vagamente a farsi un’idea del menù preoccupato piuttosto a non far indigestione di situazioni da salotto, da soap opera melodrammatica e nelle quali la parola e il discorso abbondano. La verbosità dei personaggi fa a pugni, e bene, con un bel contrasto, con l’incredibile incapacità di comunicare tra le persone, che siano esse adolescenti annoiati oppure adulti affermati.

Se il ritmo non può che essere lento e pieno di riflessioni sulla situazione tragica che si viene pian piano a rivelare anche grazie a flashback particolarmente studiati, non si può dire che l’interesse generale si indirizzi sempre nel migliore dei modi. Preoccupato di far apparire ben definite le diverse posizioni e idee su come risolvere la situazione dei giovani, la pellicola non prende mai posizione anche quando è abbastanza chiaro quale sia la soluzione più corretta, o, almeno, la più condivisibile.

Certamente, il tema della noia adolescenziale e dell’altrettanto inadeguatezza educativa dei genitori sono temi che toccano nel vivo la realtà sociale di questi ultimi anni e, visti in questa maniera possono dare spunti di riflessione anche abbastanza approfonditi. Non è certo il film il luogo adatto ad approfondimenti esaustivi di questo tipo ma la pellicola ha il merito di mettere a nudo le reazioni degli adulti a questa emergenza educativa con la quale la società sta cercando di fare i conti.

L’equilibrio instabile della propria vita da salvare anche mascherandola dietro le apparenze, mescolata con la voglia del genitore di tutelare a tutti i costi il proprio figlio, preservarlo così dalle sconfitte e dalle responsabilità che non si tramutano mai in esperienza di crescita. Questa l’idea resa magnificamente dal film ma che rimane fine a se stessa e solo funzionale alla narrazione interna abbastanza piatta e, a tratti noiosa.

Voto: 5,4

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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