Recensione in anteprima – Terrence Malick propone una nuova, non innovativa, opera che racconta le relazioni intricate e passionali di un triangolo amoroso. Il film vanta, ancora una volta, un  cast stellare e fortemente iconico. Al cinema dal 10 maggio.

BV (Ryan Gosling) è un musicista in cerca di successo con la sua compagna e cantautrice Faye (Rooney Mara). I due incontrano Cook (Micheal Fassbender), noto produttore che permetterà il successo del giovane BV. Il legame tra i tre, però, va oltre il semplice rapporto professionale oscillando continuamente tra amore e tradimento, passione e ossessione. In questi complicati legami presto sarà coinvolta anche la giovane cameriera Rhonda (Natalie Portman), ragazza con un passato difficile, in cerca di sicurezze personali ed economiche.

I personaggi maschili sono abbastanza fissi, quasi manichei: BV in cerca dell’amore vero e profondo, Cook invece è l’incarnazione di un male fatto di ossessione, adescamento e infedeltà, in cui emerge a tratti il Fassbender di “Shame”. Le protagoniste femminili invece sono alla ricerca di libertà e felicità, di se stesse, anche se questa disperata ricerca le porta spesso tra le braccia sbagliate: questi ruoli sono ben interpretati con diverse sfumature da Rooney Mara, Natalie Portman e in piccola parte Cate Blanchett. L’intero cast di attori e attrici fortemente attraenti è di alta qualità (e non ne avevamo dubbi).

L’intera vicenda si svolge ad Austin, capitale del Texas e della musica live nel mondo. Famosa per i suoi festival e club, è la meta ambita per gli aspiranti musicisti che cercano una vita di libertà creativa e Malick l’ha scelta come sfondo perfetto per i suoi personaggi in cerca di se stessi. Proprio la musica, infatti, è la compagna costante dei sentimenti e dell’intimità dei protagonisti, una musica che talvolta assume le fattezze di grandi artisti come Iggy Pop e Patti Smith, nel ruolo di se stessi.

Commentare un film di Malick non è mai facile. Dall’essere considerato il regista meno produttivo, è arrivato a sfornare in sei anni 4 lungometraggi e un documentario, “Voyage of Time: Life’s Journey”, presentato a Venezia lo scorso anno. Questo turbinio di film è iniziato con l’emozionante e visionario “The Tree of Life” ma da lì in poi è iniziato un processo in declino, che ha diviso il pubblico e di cui non è esente quest’ultima opera, in cui personalmente riponevo speranza.

Si assiste a due ore troppo abbondanti riempite di corpi che si intrecciano, danzando, attratti morbosamente l’uno dall’altro; di incessanti sussurri fuori campo dei protagonisti, i quali scandiscono frasi ripetitive e spesso retoriche, frasi che dovrebbero riempire il vuoto dei dialoghi nella scena; due ore di scene ambientate in ampi spazi, in ville dalle grandi finestre e vetrate che i personaggi continuamente sfiorano, come se desiderassero volare via; di potenti e stupefacenti immagini; di scene che dipingono la storia a macchie in modo impressionistico. Insomma, un film pienamente malickiano che porta con sé poche novità, se non uno snodo narrativo più lineare rispetto ai precedenti e un tono più intimistico.

Malick lo si può amare od odiare, oppure, come chi scrive, si è attratti fortemente dalla sua poetica ricca di immagini e parole, ma allo stesso tempo irritati per il fatto che quello che rimane è un puro formalismo estetico, un film ridondante e vacuo, quasi estenuante, che purtroppo alla fine rimane vuoto. Insomma non si può negare che uscirete dalla sala un po’ provati, nonostante ciò va visto.

Voto: 6

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