Recensione in anteprima – “Elle” non è solo il titolo del film è il film stesso. Fortemente reso reale e surreale allo stesso tempo da una magnifica Isabelle Huppert, l’unico elemento attraversa drammi e successi di una vita ferita. Al cinema dal 23 marzo.

Michelle è la proprietaria di una società che produce videogiochi ed è una donna capace di giudizi taglienti sia in ambito lavorativo che nella vita privata. Vittima di un stupro nella sua abitazione non denuncia l’accaduto e continua la sua vita come se nulla fosse accaduto. Fino a quando lo stupratore non torna a manifestarsi e la donna inizia con lui un gioco pericoloso.

Quasi un anno dopo l’uscita in Francia arriva anche in Italia “Elle”, ultimo film dell’olandese Paul Verhoeven. Alle soglie degli 80 anni, il regista si avvale del talento della francese Isabelle Huppert e di una collaborazione internazionale che va oltre la produzione statunitense. Questo film frutterà a Isabelle Huppert una meritatissima nomination agli Oscar per la miglior attrice protagonista, un Cèsar vinto per la stessa ragione così come un Golden Globe e diversi altri riconoscimenti.

“Elle” prende origine dal romanzo “Oh…” di Philippe Djian e rappresenta l’incontro dirompente tra commedia francese dallo spiccato tono ironico e il doppio dramma di una vita spezzata psicologicamente in tenera età e violentata carnalmente all’interno della propria vita di donna di successo.

Il film inizia con uno stupro, nel salotto di casa. Lo stupro di uno sconosciuto che inizia durante i titoli di apertura, tra il buio e le scritte, per poi farsi presente nella prima scena solo come epilogo di quanto capiamo essere successo. Con una calma irreale Michelle si riprende da quanto subito e continua la sua vita. Capiamo già da questo quanto possa essere straniante un film che scardina la normale elaborazione degli accadimenti e dei sentimenti della protagonista.

C’è una ragione che la pellicola non spiega ma presenta. Quanto successo a Michelle a 10 anni è definito dalla stessa

“…di me, di quel giorno, rimane una foto di una bambina mezza nuda con lo sguardo perso nel vuoto, uno sguardo terrificante” 

ed è la sua visione della tragedia che l’ha segnata e l’ha resa indifferente al mondo esterno, chiusa nella sua individualità tanto proficua per il lavoro quanto deleteria per i rapporti umani incostanti e superficiali.

Michelle a capo di una software house che crea giochi di fantasia violenti

“… bisogna che si abbia la sensazione del sangue mentre si gioca”

dirà in una riunione con i programmatori, è vittima di un gioco perverso ma reale, violento ma stranamente intrigante e, ad un certo punto, irrinunciabile.

Si intrecciano molte vite attorno alla “falsa” e concreta vita di Michelle. I parenti, gli amici, i conoscenti, i vicini di casa, i dipendenti della sua azienda, i colleghi, e soprattutto l’ex marito, sua madre e suo figlio, oltre al costante ricordo del padre per quanto lei continui a discostarsene.

Paul Verhoeven è anche regista di film di fantascienza e questi personaggi alla Michelle sembrano avere l’armatura, la corazza esteriore di “Robocop”. Dura e integerrima, ligia al dovere e al suo tornaconto personale Michelle è fredda come un robot, caustica, ficcante nella battuta ne ha per tutti. Con una sceneggiatura che guarda al teatro e, a tratti, al thriller e con un’attrice che esprime ironia anche solo con il corpo e i suoi movimenti il film è estremamente godibile nelle parti divertenti e interessante per tutti gli intrecci emotivi e non che si presentano.

Esiste anche un profondo accento che si fa sovente critica alla società moderna nei suoi aspetti più famigliari. Un bamboccione come figlio, un ex marito che perde la testa per una ventenne, una dicotomica realtà tra il sentire (anche in tv) il bene e il realizzarlo concretamente invece di chiudersi nell’ignavia del più classico disinteressamento, la figura dell’uomo che non ha spina dorsale e la donna che diventa carnefice e cannibale per reazione.

Un film profondamente originale nello svolgimento partendo da un dramma che si confonde in una commedia e sfocia nel thriller. Un’ottima interpretazione di Isabelle Huppert coraggiosa, a 63 anni, diverse volte mezza nuda in un ruolo difficilissimo e con una regia misurata su una sceneggiatura particolarmente straniante e conturbante.

Voto: 7,6

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Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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