Recensione in anteprima – David Yates propone Tarzan sul grande schermo e lo fa con quello che potrebbe essere definito un sequel per come parta dalla nuova vita di Tarzan in Inghilterra per tornare alle origini del suo essere re della giungla. Un film che emoziona ma che non convince. Al cinema dal 14 luglio.

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Sono trascorsi molti anni da quando l’uomo, una volta conosciuto come Tarzan (Alexander Skarsgård) ha lasciato la giungla africana per tornare ad una vita imborghesita come John Clayton III, Lord Greystoke, con al suo fianco l’amata moglie Jane (Margot Robbie). Invitato a tornare in Congo per servire da emissario commerciale del Parlamento, ignora di essere una pedina in una convergenza mortale di avidità e vendetta ordita dal capitano belga Leon Rom (Christoph Waltz). Ma coloro che sono dietro il complotto omicida non hanno idea di cosa stanno per scatenare.

Fin dalla sua comparsa del 1912 nel romanzo di Edgar Rice Burroughs, Tarzan vanta numerosi film e riproduzioni anche attraverso telefilm, cartoni animati e fumetti. Tarzan ha sempre destato un certo interesse tra il pubblico e ha spinto i produttori a presentarlo attraverso i più svariati media con sceneggiature e interpretazioni non sempre autorizzate.

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Esiste anche un sottogenere fumettistico più o meno conosciuto che viene identificato col nome “tarzanide”, ossia tutti quei personaggi dotati di grande forza fisica che si adattano a vivere da selvaggi nella giungla. Genere che ha sconfinato poi anche nel cinema e in tv. Ricordiamo anche un film del 1950 italiano, più una parodia che altro: “TotòTarzan” con Totò e l’allora Sofia Lazzaro, conosciuta meglio poi come Sofia Loren.

Insomma, Tarzan non è nuovo al cinema e questo David Yates, il regista lo sa, se ne rende conto e la Warner Bros. alla produzione e distribuzione creano qualcosa di diverso almeno dalla storia lineare e dalle origini che ci si aspetta. Già dal trailer questo “The Legend of Tarzan” prende spunto anche dal film del 1998 “Tarzan – il mistero della città perduta” di Carl Schenkel con protagonista Casper Van Dien. Ritornano infatti in primo piano la coppia Tarzan e Jane già formata, il ritorno di Tarzan in Africa dopo un periodo in Inghilterra, i diamanti di Opar, ecc…

Non vi è traccia nelle informazioni di produzione riguardo alla volontà di aver cercato un aggancio a quel precedente film, sicuramente, dalle dichiarazioni di David Yates, la volontà di interpretare la storia in modo nuovo avendo rispetto per quella leggenda che è costituita dal personaggio dei romanzi che ha più di 100 anni.

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Fatte queste premesse, la storia di Tarzan precedente all’avvio del film viene raccontata con una serie di flashback più o meno riusciti, interessanti e carichi di emozione. C’è un però molto evidente e gigantesco. Questo stratagemma viene centellinato con grande enfasi, calcando fin troppo nel sentimentalismo e nel didascalico. Certo, lo spettatore viene coinvolto ma non viene rapito. Almeno non avviene in modo omogeneo e costante con una solida sceneggiatura.

Se la storia, il soggetto, seppur non originalissimo, risulta interessante, lo sviluppo lascia un po’ a desiderare con scivoloni stilistici abbastanza evidenti. Uno su tutti, giusto per non rovinare la visione: il primo incontro Jane e Tarzan. Ora, in nessuna delle rappresentazioni precedenti di Tarzan, il figlio della giungla viene presentato come una scimmia, peloso e quant’altro ma, in “The Legend of Tarzan” si rasenta il ridicolo. Tarzan appare a Jane per la prima volta come se fosse uscito da una Spa: perfettamente pettinato, con pettorali ben in vista e oliati, sopracciglie perfette, assenza totale di barba e peli corporei. Abbastanza inverosimile per un bambino cresciuto fin dai primi mesi di vita nella giungla dove ha passato più di vent’anni con le scimmie.

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Da questo esempio si può capire come il film viri su una sorta di Tarzan che evolve a supereroe dei film ai quali siamo abituati e ricorda quell’indistruttibilità tipica dei cartoni animati. Le movenze, le azioni, i salti oltre quei “6 metri” del romanzo si spiegano solo abbandonando quel live-action che invece ci ricorda il film e si entra nell’ottica di un cartone evoluto. Il risultato finale ne risulta forzato, artefatto. A nulla valgono degli ottimi effetti speciali che puntano alla spettacolarizzazione più che alla concretezza e all’utilità.

A livello interpretativo, fermo restando un Christopher Waltz ancorato (bene) al solito personaggio cattivo, cinico, spietato e una Jane (Margot Robbie) assolutamente affascinante in ogni scena e ricondotta a una novella Katniss del diciannovesimo secolo, il 22esimo interprete di Tarzan, Alexander Skarsgård non può che interpretare quello che la sceneggiatura prevede: un modello di Abercrombie svedese che fa scene d’azione.

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Manca di anima questo “The Legend of Tarzan” e nemmeno il risvolto politico soddisfa. I giusti spunti di condanna al razzismo, alla tratta degli schiavi e alle politiche imperialistiche adottate in Africa nel diciannovesimo secolo si perdono nella ricorsa al salvataggio dell’affetto più caro per Tarzan: Jane.

In fin dei conti “The Legend of Tarzan” non è un cattivissimo film, anzi, è un film godibile ma che ha molti difetti, delude in diversi punti e lascia il tempo che trova risultando solo un buon intrattenimento ma nulla più. 3D totalmente inutile se non in un paio di scene che non giustificano il prezzo del biglietto.

Voto: 5,7

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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