Recensione – Con un cast di attrici stellare, la regista Sarah Gavron porta al cinema la battaglia delle donne per il riconoscimento dei propri diritti e in particolare  il diritto di voto nella Gran Bretagna degli anni ’20.

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Per non trasformare la festa della donna nella sagra della z…(ci siamo intesi!) non c’è niente di meglio che vedersi un buon film per rispolverare la storia di alcune donne che hanno combattuto, con grandi sacrifici,  per i loro diritti.

Il fatto di essere solo tre donne in sala e un uomo ( dovevo pur trascinare qualche povera vittima con cui confrontarmi) non prometteva nulla di buono o comunque faceva intuire che questa tematica non stia poi a cuore a moltE, almeno interiormente parlando.

Spesso si parla di femminismo, di emancipazione e di libertà senza nemmeno conoscere a fondo queste parole; in questo film si mette proprio in luce una certa prepotenza dell’uomo nei confronti della donna che porta loro a sfruttarle e a considerarle in certi casi alla pari di merce. Ergo, io tacerei. Tacerei nel rispetto di donne che lavoravano ore per un pezzo di pane, di fanciulle silenziose e timide costrette non per gioco, ma per coraggio a ribellarsi, nel rispetto delle madri che avevano davvero a cuore il futuro delle loro figlie, delle donne che subivano violenze fisiche, ma che non fiatavano per non perdere il loro posto di lavoro. Rimembro quelle donne vere e le affianco alla viziate e annoiate femen dei giorni d’oggi…brrr.

Con queste premesse, potrebbe sembrare che questo film dia una perfetta panoramica del periodo storico, ma purtroppo non è totalmente così. Iniziamo a dire che, con la tematica trattata, le mie aspettative erano molto alte, considerando anche il fatto che il cast va da Meryl Streep a Carey Mulligan.

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Il film parla della giovane 24enne Maud (Careey Mulligan) la quale viene coinvolta nella lotta politica delle suffragette per rivendicare il diritto di voto e ribellarsi all’oppressione di un mondo maschilista.

Guidate dalla loro leader Emmelie Pankhurst, fondatrice carismatica delle Women’s Social and Political Union (non a caso interpretata dalla magnifica Meryl Streep), le suffragette combatto per i loro diritti, principalmente quello al voto, ma queste devono confrontarsi con le bugie del governo, con i giornali che le ignorano e con il rischio di essere emarginate e considerate come delle donnacce.

Il film si apre con pietre contro le vetrine e continua nel corso della storia con il boicottaggio delle linee telefoniche; tutto in nome di un’ideale (e qui non ci si può esimere dal citare V per Vendetta “ho visto gente uccidere per conto e per nome delle idee, li ho visti morire per difenderle..”).

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La figura della protagonista è molto interessante poiché non si tratta di una femminista o di una donna dal carattere indomito e, inizialmente, per non rischiare la separazione dal marito e dal figlio, Maud spesso afferma: “Io non sono una suffragetta”, volendolo nascondere prima di tutto a se stessa. Essere una di loro avrebbe significato per lei rinunciare ad ogni cosa e andare incontro a un destino nefasto.

Avviene poi la sua trasformazione in una militante appassionata e decisa a vendicare le violenze in fabbrica, pur mantenendo un carattere mite e docile. Quando si presenta a testimoniare riguardo lo sfruttamento lavorativo davanti ai rapprensentanti politici non usa toni altisonanti o combatte per una qualche idea trascendente, ma racconta nella sua semplicità la sua vita e, nella sua storia, si racchiude una verità scomoda: un mondo dove le donne vengono viste come inferiori all’uomo.

Importante è anche il personaggio di Edith Ellytin ( Helena Bonham Carter) una farmacista colta la cui madre ha lavorato sodo per i suoi studi, ma a causa del padre non potrà mai ambire a diventare medico. Nonostante la Carter sia un’attrice che mi affascini molto, in questo ruolo non mi ha totalmente convinto così un po’ come il film in generale.

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“Suffragette” è un film più scritto che messo in scena, non brilla per la sua forma! E’ un film godibile, ma è troppo lineare, troppo ‘raccontato’ e molte scene sui tumulti sono solo abbozzati.

Così come è abbozzato il marito di Edith, senza tralasciare che è l’unico uomo che il film sembra salvare, perché ogni altro personaggio maschile risulta una specie di antagonista. Sicuramente il merito più grande del film è quello di rendere in carne, ossa e dolore la terribile situazione quotidiana delle giovani operaie. Va ricordata, la rapida ma divina apparizione di Meryl Streep, icona fuori e dentro lo schermo. Quando si esce dalla sala non si può far altro che guardarsi negli occhi e dirsi: “Dai, abbastanza carino!”; nulla di straordinario insomma.

Voto: 7

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