Recensione – Sala Energia Arcadia Melzo – Il nuovo film di Alejandro Gonzalez Inarritu ha tutte le carte in regola per bissare il successo artistico e di critica del suo precedente “Birdman”. Un film intenso, crudo, violento, primordiale con una fotografia impeccabile e una straordinaria interpretazione di Leonardo DiCaprio.

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Sono gli anni Venti del diciannovesimo secolo. Soldati, esploratori, cacciatori di pelli, mercenari solcano i territori ancora sconosciuti d’America per trarne profitto. Glass è l’uomo che meglio di tutti i suoi compagni di spedizione conosce la terra impervia in cui si sono inoltrati. Il suo compito è riportare la compagnia al forte e tutto ciò che lo preoccupa è proteggero suo figlio, un ragazzo indiano. Lo scontro con un grizzly lo lascia in condizioni prossime alla fine. Il più arrogante della compagnia, Fitzgerald, si offre di restare per dargli sepoltura, ma lo tradisce orribilmente. La volontà di vendicarsi rimetterà in piedi Glass e darà inizio ad un’odissea leggendaria.

Anno 1971, esce nei cinema il film inglese “Man in the Wilderness” (“Uomo bianco, va’ col tuo dio”) con alla regia Richard C. Sarafian, famoso per il suo “Punto Zero”, uno degli antesignani dei film con colonna sonora a ritmo rock. Sarafian riporta la storia vera di Hugh Glass cambiandone i nomi. Alejandro Gonzalez Inarritu mantiene il nome del protagonista e romanza, insieme a Mark L.Smith un’avventura epica allargandone i confini alla sopravvivenza in ambienti impervi e inserendo la vendetta come principale motivo e motore dell’intero film.

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Pensato già dal lontano 2001, acquisendo i diritti del libro “The Revenant” di Michael Punke il film ha avuto una ideazione e una lavorazione travagliatissima. Numerosi sono stati gli stop creativi e di produzione. Numerosi sono stati i cambi di idea alla regia e all’interpretazione del personaggio principale, citiamo per esempio Samuel L. Jackson e Christian Bale tra i più noti che avrebbero dovuto interpretare il ruolo di Leonardo DiCaprio. Il Leonardo internazionale è stato scelto da Inarritu stesso e la scelta, a film ormai visto per intero è stata più che azzeccata.

Per mesi si è stati informati della volontà del regista di filmare il film in ordine cronologico. La cosa però, a conti fatti non è stata proprio così, per problemi meteo che hanno anche allungato i tempi di registrazione e hanno messo a dura prova non solo gli attori e i tecnici ma anche i materiali. L’eccessivo freddo (anche oltre -30 gradi) ha creato blackout a schermi e attrezzature.

Inarritu però ha mantenuto due sue idee di lavorazioni iniziali: l’uso della sola luce naturale e l’esclusione di ogni sorta di CGI e green screen. La fotografia del film, curata dal premio Oscar per “Gravity” e “Birdman” Emmanuel Lubezki, è spettacolare, conferma l’uso della sola luce naturale e fotografa bellissimi paesaggi con colori naturali resi al meglio quasi fossimo sul set. Le inquadrature dal basso e i primissimi piani del regista esaltano una fotografia estremamente pulita, nitida e sporca allo stesso tempo quel tanto che basta nelle varie scene di lotta e battaglia. Una fotografia resa impressionante sullo schermo della sala Energia dell’Arcadia di Melzo appena rinnovato.

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Se la storia, a livello di sceneggiatura non è originalissima e solo gradualmente porta interesse per la vicenda di Hugh Glass, molti sono i pregi di questo film. Della fotografia abbiamo già parlato mentre per quanto riguarda la regia questa si destreggia con grande maestria tra piani-sequenza lunghi e spettacolari e un’attenzione al particolare anche sullo sfondo. Ne è esempio la lotta con l’orso per quanto riguarda un piano-sequenza di circa 5 minuti che, molti, me compreso, faticano a capire come possa essere stato realizzato. Mentre per quanto riguarda l’attenzione al particolare anche sullo sfondo è indicativa l’inquadratura di una campana che si muove al vento in una struttura diroccata ma che non suona.

La regia è anche impreziosita da inquadrature in primissimo piano del volto sofferente di Hugh Glass, di primissimi piani delle armi quasi rivolte allo spettatore per aumentare il coinvolgimento e l’attesa dello scontro che da lì a qualche secondo scoppierà.

Spostando l’attenzione sul cast e sull’ interpretazione spiccano due attori che son stati anche nominati ai prossimi Academy Awards: Leonardo DiCaprio per quanto riguarda la categoria miglior attore protagonista e Tom Hardy per la categoria miglior attore non protagonista. Nominations più che meritate. DiCaprio ha già vinto il Golden Globe per questa sua interpretazione e, probabilmente arriverà a conquistare l’ambita statuetta al sesto tentativo. Nonostante non sia un fan di DiCaprio bisogna ammettere che in questo film la sua bravura recitativa e la sua dedizione al lavoro di attore è esemplare, straordinaria, impeccabile, perfetta. Il suo Hugh Glass è vero, sentito, spietato, sofferente e la sua odissea incolla allo schermo lo spettatore. Anche Tom Hardy nella parte di John Fitzgerald se la cava magnificamente anche se la lotta nella sua categoria è molto più serrata.

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“Revenant” soffre forse di una eccessiva lunghezza e non sarà amato da coloro che non sopportano i silenzi. Silenzi che hanno una corretta giustificazione nel viaggiatore solitario Hugh Glass, nella particolare condizione in cui si trova ad affrontare il suo cammino. Sono silenzi carichi di immagini e di pensieri. Ogni tanto il film fa tornare alla mente altre epopee solitarie come per esempio il viaggio ne “Il Gladiatore” oppure il coraggio e la perseveranza di “Braveheart”. Vi è anche qualche riferimento a “Tree of life” di Terence Malick, oppure al “21 grammi” dello stesso Inarritu.

Il film ha un buon ritmo, ottima fotografia, un’intepretazione da Oscar di Leonardo DiCaprio e una regia, ancora una volta, tra le migliori dell’anno confermando quella bravura di Inarritu che è comune a pochi registi in circolazione. Il film emoziona, è crudo quanto basta per rappresentare la lotta con la natura e il freddo e, anche, la lotta tra le avidità e gli egoismi umani di quell’inizio di diciannovesimo secolo ben rappresentato dallo sfruttamento della natura, dal commercio di pelli, dalla lotta tra tribù e dalla corruzione di militari e commercianti.

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“La vendetta è nelle mani del creatore” viene detto in lingua indiana ad un certo punto,  quel “creatore” sta per colui che l’ha creata oppure è inteso come dio? Verrà specificato nel finale ma l’uso della parola non è casuale. Un film da vedere, uno dei migliori film della stagione e probabilmente uno dei migliori film di questo 2016 appena iniziato.

Voto: 8,4

Fom per chi? Giovani e adulti

Fom perché? Tecnicamente impeccabile, interessante anche a livello di storia e significativo per il rapporto padre-figlio e torto-perdono-odio-vendetta del protagonista.

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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