Recensione – Spin-off del celebre Rocky, il film si serve di Rocky come elemento indispensabile e collante per 40 anni di storia. Una saga trattata con rispetto e reinterpretata dal figlio di Apollo, quel figlio che è semplicemente un’estensione della famiglia di Rocky. Più sequel che costola, è capace di colpire duro, in modo diverso e a tratti nel profondo.

Creed

Adonis Creed, figlio illegittimo di Apollo, non ha mai conosciuto suo padre, morto sul ring prima che Adonis nascesse. Educato nell’agio dalla moglie di Apollo dopo un’infanzia difficile, Adonis ha un lavoro sicuro ma sceglie comunque la boxe e la strada, non può opporre resistenza al richiamo del destino. Per diventare un pugile professionista si rivolge all’unico uomo che può aiutarlo e insieme avvicinarlo a quel padre che non conoscerà mai: l’amico-rivale di Apollo, Rocky Balboa.

Era il 1976 quando Rocky, lo stallone italiano calcava per la prima volta il ring che lo avrebbe visto conquistare non solo tanti titoli ma soprattutto il cuore di milioni di spettatori in tutto il mondo. Un film sorprendente costruito con passione e incastonato nella vita quotidiana di un italo-americano emarginato, pronto a tutto per emergere nel suo sport con cattiveria, nella sua vita con quel tatto sbadato ma carico di affetto che lo porterà a crearsi una famiglia con la sua amata Adriana.

40 anni e una saga che conta sei capitoli. Una lunga e non sempre riuscita serie di film. L’ultimo, “Rocky Balboa” risollevava i giudizi della critica e ci consegnava, nove anni fa, uno stallone vecchio e inadatto a salire sul ring. Questo “Creed” ci regala un Sylvester Stallone in grandissimo spolvero. Nel suo personaggio, creato da lui a sua immagine giovanile, ora è ancor più immagine di una vecchiaia segnata nel volto, nei capelli, nei gesti lenti, nella cinicità tipica di chi ha già vissuto abbastanza da poter dare dei giudizi sulla vita sferzanti e irrecuperabili.

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“Creed” non è ovviamente solo uno dei  sequel di Rocky ma è soprattutto l’introduzione di un nuovo combattente che possa avere una stoffa simile a quella dello stallone italiano. L’idea non troppo originale, di pensare al figlio del primo rivale, poi diventato grande amico Apollo è magistralmente spiegata e giustificata a piccoli passi nel film. Adonis Creed viene inglobato in una famiglia che, per diversi motivi Rocky non ha più. E il tema della famiglia è centrale in tutto il film pur non essendo mai vissuta ma, piuttosto, subita nei ricordi, nell’assenza di legami che, invece si vorrebbe avere. Non è un caso che lo sceneggiatore (non ci ha messo mano Stallone ma il regista sì) abbia deciso che il modo di Adonis nel riferirsi a Rocky diventi chiamarlo naturalmente “zio” fin dal secondo incontro più o meno casuale.

Ryan Coogler, il regista e cosceneggiatore costruisce un film sul pugilato e sullo sport in generale in modo classico, con un percorso narrativo più volte usato e ripetuto e lo fa con profondo rispetto per la saga di Rocky. Non è certo un film bilanciato e alcune volte Coogler non riesce a distogliere l’attenzione da Rocky. Concentrandosi però sui rapporti tra Rocky e Adonis, lasciando sullo sfondo gli altri rapporti importanti della vita di Adonis Creed, il regista espande quel sentimento che li lega non soffermandosi solo sui ricordi e le immagini recuperate da internet sul passato di Apollo ma andando oltre, con un Rocky che si umanizza e mostra il fianco agli acciacchi e mali della vita e con un Adonis che cresce non solo sportivamente ma anche, e soprattutto, diventando adulto affrontando finalmente quel suo passato di cui si sente talmente indegno da occultare il suo vero cognome.

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L’operazione nostalgia, che più volte è stata foriera di brutti sequel, reboot, spin-off, prequel, remake, ecc.. (il protagonista Michael B. Jordan è reduce dal flop catastrofico de “I fantastici quattro”). qui è abilmente dosata. A piccole dosi Coogler ci regala immagini e citazioni che furono il successo del primo capitolo di Rocky, persino le perle di saggezza di Rocky Balboa sono attese e non mancano perché molti spettatori, se non tutti, sogniamo di percorrere quella famosa scalinata in Philadelphia, e per amore della saga siamo anche destinati a esaltarci anche per un finale non scontato ma prevedibile e per uno scontro finale che non sarà mai epico come lo scontro memorabile tra Apollo e Rocky.

“Creed” è un bel film, più di quanto la gente possa aver il giusto dubbio possa non essere ma non è “Rocky”, non lo vuole essere ma vorrebbe tanto far parte di quel mondo, di quella famiglia e Coogler crea un film che ci riesce benissimo.

Voto: 7,9

Fom per chi? Adolescenti, giovani e adulti

Fom perché? Per i legami famigliari e le avversità della vita da affrontare rialzandosi sempre e lottando fino all’ultima ripresa

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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