Recensione – Pan è l’ennesima trasposizione della storia del Peter più famoso delle favole. Un film che si presenta al pubblico con grandi ambizioni ma che stravolge con un prequel quanto di buono c’è nelle attese e delude parecchio le aspettative. 

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Nei pressi dei giardini di Kensington, una donna abbandona il suo neonato sulla soglia di un orfanotrofio. Al collo gli mette una catenina che ha per ciondolo un flauto di Pan e nella cestina una lettera in cui promette che si rivedranno “in questo mondo e in un altro”. Per dodici anni, però, il piccolo Peter non vede altro che la brutta faccia della suora superiore che gestisce la casa degli orfani come una prigione, finché una notte, nel bel mezzo dei bombardamenti aerei, non viene rapito dai Pirati di Barbanera e costretto ad un’altra prigionia nelle sue miniere di polvere di fata, sull’Isola Che Non C’è. Sarà grazie al suo compagno di sventura James Uncino e poi alla guerriera ribelle Giglio Tigrato che Peter troverà il coraggio di combattere Barbanera e di accettare il suo speciale destino.

“Seconda stella a destra poi dritto fino al mattino” questa famosa frase degli scritti di J.M. Barnie e che ormai è entrata nella cultura popolare è uno dei pochi aspetti di Peter Pan riconoscibili nel film. E’ difficile pensare che il regista di film come “Espiazione”, “Orgoglio e pregiudizio”, “Anna Karenina” e il bel thriller “Hanna” sia caduto nel più classico degli errori: strafare, e strafare nel peggior modo possibile.

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L’aspettativa, da spettatore che guarda un trailer pirotecnico e incalzante era quella di un film epico, con fantasia, compatto e ben strutturato. Gli elementi, fin troppi, c’erano ma gli ingredienti se mal mescolati e soprattutto se cotti troppo alla fine generano un piatto bruciato, insapore, insipido, quasi pericoloso al palato.

Per creare un prequel di quella che è la vicenda di Peter Pan si è andati a pescare in moltissime delle storie che già conosciamo, facendo assomigliare il povero Peter ora a un bambino di Dickensiana memoria, ora un funambolo da circo, ora un effetto speciale alla Mèliere e poi ancora un supereroe, un cupido involontario, un partecipante all’hunger game, ecc ecc. In pratica Peter Pan non ha un’identità e non gli viene nemmeno creata nel corso del film. Stessa cosa per il resto dei personaggi a noi famigliari, tutti stravolti, rieducati funzionalmente al film che vuole ricondursi a un taglio da teen movie con storia d’amore annessa.

Si finisce nell’aver creato un cattivo, Barbanera profondamente impalpabile e sicuramente non il miglior personaggio interpretato da Hugh Jackman. Un villain che si carica con le canzoni dei Nirvana che non si capisce bene quale sia il suo obiettivo e che ha il solito difetto dei villain che tutto sanno e tutto prevedono (male): parla troppo.

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Una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti e contraddice persino l’elemento fondante della pirateria: gli oceani, il mare, le acque sulle quali raramente le navi dei pirati viaggiano, perché in questo film le navi, i galeoni, volano. Si rimane terribilmente disorientati da tanto frastuono e azione, da tante battaglie interminabili sul ponte della nave tra le nuvole, e se nei film è benvenuta la fantasia qui, in questo film, era meglio risparmiarne un bel po’ e ritornare un po’ con i piedi per terra. La storia di Peter Pan è una cosa seria, più seria di quanto ci vuol far credere Joe Wright in questo film che sembra solo puro divertimento e nemmeno di quello dei migliori visto che spesso si ha la tendenza all’abbiocco, alla noia e alla impossibilità di dare un senso quantomeno coerente alle situazioni.

“Pan: viaggio sull’isola che non c’è” è un film che non affascina nessuno, che annoierà molti, che deluderà troppi. I produttori avevano intenzione di creare un nuovo filone possibilmente dalle uova d’oro ma questa intenzione crollerà di fronte alla realtà dei fatti, e al poco apprezzamento del pubblico. Gli unici punti interessanti del film sono la tenerezza della scena iniziale che vede Amanda Seyfried e la genuina interpretazione della bella Rooney Mara. Un film anni luce dalla bellezza di “Hook Capitan Uncino” ma lì c’erano anche Robin Williams, Dustin Hoffman, Bob Hoskins, Julia Roberts, tutta un’altra storia appunto.

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Voto: 4,6

Fom per chi? Per i bambini dai 10 anni in su, avendo cura di non farli annoiare

Fom perché? Almeno per la prima parte sulla condizione dei bambini in orfanotrofio, qualche spunto di fantasia spinta all’eccesso.

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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