Recensione in anteprima – EL Club è un nuovo interessante film di Pablo Larrain, candidato del Cile alla selezione per il miglior film straniero alla prossima notte degli Oscar prende di petto la Chiesa, i preti pedofili, la violenza, l’ipocrisia di un gruppo di (ex) consacrati che, oltre ad aver chiaramente perso la fede, hanno perso la loro umanità.In sala a Novembre

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C’è una casa a La Boca dell’inferno e sulla costa cilena, dove vivono una suora e quattro preti sconsacrati. Perché ciascuno a suo modo ha profanato la sacralità della vita. La vita degli altri, dei bambini che hanno abusato, di quelli che hanno venduto, degli uomini e le donne che hanno tradito e di Sandokan, un infelice senza tetto e senza amore che accompagna gli spostamenti di padre Lazcano, prete pedofilo appena arrivato a destinazione. Traslocato a La Boca, Lazcano ha violato Sandokan da bambino, che adesso come un tarlo lo consuma dentro e lo aspetta fuori dalla porta. Sfinito dalla sua colpa, l’aguzzino si spara sotto gli occhi della vittima, avviando l’indagine di padre Garcia, gesuita e psicologo deciso a fare chiarezza sul suicidio e a interrompere presto il loro buen retiro.

“El Club”, altrimenti riconosciuto come “The Club” internazionalmente è il candidato per il Cile alla selezione per l’Oscar al miglior film straniero. Un film difficile, senza mezze misure. Larrain parte da una prima mezzora che si incentra principalmente sulla Chiesa che “se ne lava le mani e trova solo dei capri espiatori” per definire il problema della preti pedofili. Lo fa con una prima parte di inaudita proclamazione verbale esplicita degli abusi subiti da Sandokan quando era bambino. Abusi perpetrati, a suo dire, principalmente da Padre Lazcano e descritti con dovizia di particolari sessuali espliciti tanto che più chiaro e diretto di quanto viene detto non si può, si rischierebbe la gratuita volgarità.

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Questo pregio e questa misura può però risultare eccessiva ed eccessivamente lunga, ci si torna infatti almeno tre volte in mezzora innescando un pericoloso girare in tondo che, anche a causa del linguaggio ha fatto abbandonare la sala ad almeno un paio di persone. Chiaramente il film è disturbante per gli animi cattolici, complice anche la visione del regista del problema dei preti pedofili  ferma a qualche anno se non decennio fa, forse ad accusare più l’arretratezza del suo paese, il Cile anche in questo senso che a porre il dito inquisitorio alla Chiesa. Il tema manco a dirlo non è nuovo al cinema, ormai è quasi d’obbligo, se c’è un uomo o una donna di Chiesa, far in modo che quell’uomo o quella donna siano affetti da pedofilia, o da omofobia, o che semplicemente abbiano un aspetto del proprio animo da nascondere e subdolo. I preti alla “Don Matteo” che, nella realtà son il 99% dei preti ormai sarebbero la novità narrativa secondo gli ultimi dettami filmici. Quindi da questo punto di vista, tranne il linguaggio diretto ed esplicito, “El Club” non aggiunge nulla.

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Sta di fatto che la pedofilia è solo il coperchio di un vaso di pandora che pian piano e soprattutto nella seconda parte, viene scoperchiato e dalla quale escono tutti i difetti, le sofferenze, le verità nascoste e le inclinazioni violente e viziose di questo gruppo di (ex) religiosi. Ed è proprio qui che il film si accende. Si rivela per quello che poteva essere fin dall’inizio: una chiara rappresentazione dei religiosi come persone, come persone tentate e troppo spesso represse, come persone che, forse tutto potevano fare nella vita ma non certo il prete o la suora.

L’avidità, la lussuria (anche velatamente omosessuale), la cupidigia, il razzismo, l’egoismo, il delirio di onnipotenza, tutti aspetti e caratteristiche dei protagonisti della vicenda che Larrain mette ben a fuoco nel film in contrasto con delle immagini che molto spesso sono volutamente poco chiare, scure, in controluce, offuscate, sgranate. Una fotografia che non eccelle ma che, probabilmente si incastra meglio con l’intero film, come la musica e un cast che da il meglio di sé nella subdola figura della suora e in un’energica interpretazione di Sandokan.

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Questo film ha buone possibilità di entrare nella cinquina delle nominations per il miglior film straniero non fosse altro per l’argomento che è di moda o attualità a seconda dei punti di vista. Larrain non si ferma all’essere anticlericale, allarga il suo discorso all’animo e alle pulsioni umane. Un film da vedere fino in fondo resistendo alla volontà di andar via durante i primi 20 minuti.

Voto: 6,6

Fom per chi? Adulti o giovani preparati. Sconsigliato ad adolescenti, non tanto per l’argomento ma per il linguaggio che offrirebbe spunti involontariamente di scherno e comici con battute di dubbio gusto.

Fom perchè? Per avere un punto di vista differente e, per certi versi, estremo, dell’essere uomini e donne oltre che religiosi e religiose consacrati a Dio.

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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