Recensione in anteprima – Venezia 72 (2015) – In concorso – L’Australia vasta, desertica e desolata fotografata ottimamente. Lo spazio vuoto che si riempie delle dinamiche quotidiane con gli imprevisti e gli intrecci del caso. I diversi punti di vista, spiazzanti presentati e incastrati dalla regista colgono l’essenza dei tempi morti in maniera ironica e fatale nel costruire i rapporti famigliari. Ottimo film.

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La sedicenne Grace scappa di casa con un’amica. Lascerà la compagna ad una stazione del bus, nella sconfinata regione australe del Wheatbelt per proseguire da sola verso non sa bene cosa. Nel frattempo i genitori, Dan e Denise, si mettono in viaggio per cercarla, con il vecchio detective Tom Norris. La loro risposta alla scomparsa della figlia appare ipercontrollata, ma il caos che dirige l’esistenza umana li attende ad ogni tappa del viaggio.

E’ il primo film in concorso che vediamo e il primo colpo di fulmine tra i film visti finora. Avvicinatomi con una certa sufficienza all’opera di Sue Brooks, ne rimango colpito dopo aver resistito i primi 20 minuti in cui si ha la sensazione di un film lento e scollato. Tutto pian piano prende senso e una narrazione con la divisione in punti di vista dei diversi personaggi crea una serie di capitoli di un libro che lo spettatore via via sfoglia aggiungendo sempre un particolare in più che si incastra con il capitolo precedente e il precedente ancora.

Se la bellezza e l’originalità di questo film si fermasse solo al ripresentare la vicenda più e più volte attraverso i diversi punti di vista allora il film non meriterebbe la mia attenzione. In “Looking for Grace” c’è molto molto di più. L’espediente a capitoli é solo funzionale e viene ben orchestrata. Molti sono i dettagli e le chiavi di lettura del film che affiorano dopo la visione dell’intero quadro creato dalla regista australiana.

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La vastità dell’Australia annunciata sin dalle primissime scene è simbolo di tanto vuoto da colmare, vuoto che viene percorso in lungo e in largo da tutti i personaggi che, pian piano si scoprirà essere loro stessi in fuga ognuno dal proprio vuoto interiore. E’ quindi una rincorsa di vuoti esterni ed interni e di pieni nell’animo, nelle parole, negli sguardi. Una fotografia dinamica dei tempi morti che vengono riempiti con la normalità delle azioni quotidiane che sono lente, ripetitive, banali  e prive di qualsivoglia spessore. Al tempo stesso sono utili a dare sicurezza, a portare avanti un viaggio lungo una strada ben delineata. Ma quando ciò deraglia perché una figlia fugge di casa senza motivo? Alla lì tutto si mette in gioco.

Il film però ironizza, gioca con lo spettatore nel creare un thriller sulla scomparsa di Grace e cerca sempre di coinvolgere emotivamente il pubblico. Entrato in punta di piedi deflagra nella realtà dei fatti contrapposta alla surreale reazione dei personaggi alla vicenda. Il vuoto e il silenzio di uno spazio immenso come il deserto australiano si contrappongono al vociare senza senso e petulante di uno spazio ristretto quale la cucina di Dan e Denise. Altri sono gli spunti di questo tipo  ma è bello scoprirli da soli, facendosi prendere con fiducia da “Looking for Grace”.

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Attori nella parte, con buone interpretazioni di tutti, ben diretti nel difficile compito di avere una reazione misurata il giusto senza sfociare nel prevedibile dramma. Una colonna sonora e una fotografia perfetti, “Looking for Grace” stupisce come stupisce il suo finale, vero colpo di scena a freddo e imprevedibili come fosse regolato dal fato, quel fato (o volontà divina per i credenti) che è inconcepibile ai nostri occhi ma che è possibile nella vita quotidiana.

“Looking for Grace” è un film da vedere, dategli il giusto tempo di farvi disorientare e poi sarà un susseguirsi di divertimento. Di una comicità asciutta, stilosa, leggera ma devastante, che fa ridere ma non ride. Ci si diverte insomma fino al momento  in cui…. Da non perdere.

Voto: 7,7

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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