RecensioneA distanza di trent’anni dal terzo capitolo della prima saga, Mad Max torna al cinema con un quarto capitolo. Nuovi interpreti per ragioni anagrafiche ma vecchio e tradizionale stile, complice anche il ritorno del regista George Miller, ideatore della serie e che riattualizza ed espande all’ennesima potenza le caratteristiche del suo personaggio.

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In un futuro imprecisato post-apocalittico la Terra è in mano ai predoni. Tra questi Immortan Joe, che controlla la Cittadella con il pugno di ferro, imponendo il culto della personalità. Finché la sua compagna e “Imperatrice”, Furiosa, lo tradisce, portando con sé le schiave e concubine di Immortan.

Con “Interceptor” del 1979 George Miller creava una trilogia quasi per caso. Il film infatti era stato girato con un budget bassissimo, in Australia, terra natia del regista e con attori alle prime esperienze o poco conosciuti come l’allora 23enne Mel Gibson. Il film varcò i confini australiani e incassò più di 100 milioni di dollari stabilendo il record per un film australiano. Non solo, presto “Mad Max”, questo il titolo originale, diventò un film cult. A trent’anni dal terzo film, questo quarto capitolo ci regala un nuovo cast ma una tradizionale atmosfera alla “Mad Max” con un George Miller alla regia che rispetta in pieno la filosofia tutto muscoli, botte, sangue, motori, chitarra elettrica, e tanto caos che è tipico di un action a tutto tondo.

Se la sceneggiatura è scevra di dialoghi memorabili o di dialoghi in generale e ci presenta situazioni anche ripetitive e ripetute, non si può dire la stessa cosa dell’impatto visivo del film. Gli effetti speciali, le lotte tra auto, i continui inseguimenti, le carambole ai limiti e oltre i limiti della fisica e della logica denotano una vocazione del film all’azione pura, all’intrattenimento solo per il gusto di intrattenere. Il tanto bistrattato action da blockbuster commerciale qui non ha vergogna a definirsi tale e mostrarsi per quello che è in tutta la sua spettacolarità un po’ cafona, un po’ punk, un po’ irrealistica.

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Non c’è solo azione in “Mad Max: fury road” tanto che nel “fury” c’è un indizio non da poco su che cosa vuole dire in più della sola azione questo film: la parte femminile. Si inizia con la vera protagonista: l’imperatrice furiosa alias Charlize Theron che in qualsiasi salsa i registi la mettano risulta di una bellezza splendente anche quando è calva, sporca e annerita per metà della faccia dal grasso da motore. Si prosegue con la missione che regge l’intero film in questa sorta di “desert movie road”: salvare le “generatrici”, che pian piano diventano la speranza di un mondo migliore o almeno diverso e nuovo da difendere.

Scorrono fiumi di sangue, fiumi di benzina, violenza. Le tonnellate di sabbia sono ovunque come ovunque lo schermo è invaso da auto superelaborate con iperboliche e ipertrofiche carene che le fanno assomigliare molto ai mostri del “monster jam” con accelerazioni da dragster. “Mad Max Fury Road” sembra anche gridare a suon di carburatori al massimo tutta la propria originalità dei film tutto motori e inseguimento, come a dichiarare che i vari “Fast & Furious” siano solo dei figli più o meno riusciti che dell’action han preso solo l’apparente superficie.

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“Mad Max: fury road” è un film non per tutti, sicuramente piacerà agli amanti di Mad Max ma piacerà soprattutto agli amanti dell’action nudo, crudo e puro. Con una fotografia incredibile, effetti speciali e visivi mozzafiato, una Theron incantevole il film risulta un intrattenimento gradevole, interessante e mai noioso, anche perché non c’è un minuto da perdere.

Voto: 7,4

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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