Recensione – Un insolito Tim Burton ci racconta le vicende dei coniugi Keane, pittori per passione, professione, fama. L’intreccio d’amore e affari che ha stupito l’america ci viene presentato in una pellicola luminosa, dai colori pastello e intrisa di tanta commedia e di tanta bravura da parte di Christopher Waltz e Amy Adams
Quando carica la figlioletta sull’automobile e lascia il primo marito, Margaret Ulbrich è una giovane donna senza soldi, che dipinge per passione e per necessità quadretti semicaricaturali di bambini dagli occhi smodatamente grandi. Opere intrise di sentimentalismo e di un gusto kitsch, che raggiungeranno però un enorme e inaspettato successo quando a commercializzarle sarà Water Keane, secondo marito di Margaret e “wannabe artist” a tutti i costi. Spacciando i quadri della moglie per propri, per quasi un decennio, Walter costruisce un impero su un’enorme bugia, riuscendo ad abbindolare l’America intera. Finché Margaret non si ribella. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, dicono. Eppure sotto gli occhioni dei milioni di “figli” dei Keane, si cela una delle più grandi frodi dell’arte contemporanea.
Tim Burton ci presenta la storia dei Keane e non si fa vedere per tutto il film. Il regista ci ha abituato per anni ai suoi voli pindarici e a una regia molto spesso dark, gotica e votata a storie intime, ricercate, punk e kitsch allo stesso tempo e con sempre presente quell’incontro-scontro tra mostro e uomo. In questo film Burton abbandona questo suo modo di interpretare la regia e ne abbraccia uno più anonimo e molto più dietro le quinte. “Big Eyes” lascia molto spazio a una scenografia fatta tutta di colori pastello come se tutta la scena fosse ogni volta sia un immenso quadro dove i suoi due principali artisti debbono dipingere le vicende.
Dando sfogo a una San Francisco fine anni 50 inizio anni 60, la storia dei Keane è sorretta da una grande prova d’attore. Si tratta di Christopher Waltz, ancora una volta chiamato da Tim in un suo film e al quale viene dato tutto lo spazio possibile per creare quel personaggio sopra le righe, istrionico e camaleontico che via via si dimostrerà nel corso del film. Amy Adams segue a ruota il collega e offre una performance solida e più che soddisfacente soprattutto nelle scene in cui la sua integrità psico-fisica è minacciata.
Seppur il film sia atipico per il mondo burtoniano, si possono scorgere qua e là degli indizi, delle caratteristiche, dei flebili sospiri degli schemi della regia di Burtono: vi è quindi un vago ripetersi dell’incontro e scontro tra il mostro (Walter Keane) e l’uomo, la creatura umana (Margaret e la figlia Jane). Alcune pennellate Burton comunque le da’ anche lui nel quadro generale del film. Lo troviamo nelle scene buie delle fughe di Margaret e soprattutto nell’esaltazione spasmodica, claustrofobica e angosciante dei “Grandi occhi” nella scena del supermercato.
Se il film fosse stato diretto da un altro regista probabilmente staremmo parlando di una regia tutto sommato discreta, il fatto di sapere che Burton sia dietro la macchina da presa allora lascia perplesso una buona fetta di pubblico e soprattutto i suoi fan che non lo riconoscono. Resta comunque un film che con ritmo, colori e soprattutto un’ottima recitazione dei protagonisti si lascia vedere, non annoia e ci fa conoscere meglio quella storia vera dei coniugi Keane che era rimasta celata per troppo tempo tra le mura domestiche.
Voto: 6+