L’ultimo film da protagonista di Philip Seymour Hoffman è una spy story un po’ atipica. L’attore si esalta nel personaggio da lui interpretato e risulta essere uno dei pochi ma importanti motivi per vedere questo film.
All’indomani degli attentati terroristici dell’undici settembre, Issa Karpov, di origine russo-cecena, approda ad Amburgo per recuperare il denaro che suo padre, uno spietato criminale di guerra, ha accumulato e depositato in una banca della città. Il suo arrivo desta i sospetti dei servizi segreti tedeschi e americani, a capo di questi vi è Günther Bachmann (Seymour Hoffman) che crede Karpov un terrorista pronto a far esplodere Amburgo. L’agente dei servizi segreti tedeschi è costretto a interfacciarsi con i colleghi americani e soprattutto con una collega con cui nasce un’intesa professionale. Braccato dai servizi segreti e convinto a far luce sul patrimonio di suo padre Karpov chiede aiuto all’avvocato Annabel Richter (McAdams) che si erge a difesa del suo assistito aiutandolo nel colloquio con il banchiere Tommy Brue (Dafoe).
L’ultimo film che vede protagonista Philip Seymour Hoffman è tratto dal libro di Le Carrè: “Yssa il buono”(A most wanted man) e l’attore ne interpreta l’agente segreto perfetto. Almeno perfetto per quel tipo di film e di libro, lontano dall’agente segreto tutto azione che i film di Hollywood ci regalano ogni anno. Hoffman è straordinario come già altre volte e in altri film e solo lui regge l’intero film, al resto del cast infatti rimane poco da fare. L’attore quindi rende il film interessante grazie alla sua caratterizzazione, rende efficaci dialoghi introspettivi e situazioni al limite che altrimenti risulterebbero delle macchinazioni tediose, lente e prive di contenuto. In generale il film è lento, più vicino ai telefilm polizieschi tedeschi anni 80 rispetto agli ultimi 007. Per chi non è amante degli scritti e delle trasposizioni al cinema di Le Carrè il tutto risulterà noioso e cerebrale con il solo spunto di Hoffman di cui abbiam parlato.
La vicenda seppur ingarbugliata più o meno volontariamente e senza grossi scossoni dona allo spettatore un minimo di tensione emotiva che tiene svegli solo per capire come andrà a finire. Regia scolastica, sceneggiatura che rende poco rispetto al libro dal quale è tratta.
Voto: 6, nonostante un Hoffman da 8
Fortunatamente non mi spaventano i film lenti e quelli tratti da Le Carrè lo sono quasi sempre, quindi me lo guarderò.